Categorie: Design

design_resoconti | La forza del Made in Italy | Milano, Teatro Litta

di - 3 Luglio 2008
Chi ha paura del drago cinese? Il secondo seminario del ciclo 2008 del Future Concept Lab di Milano, dedicato a BRIC e Made in Italy, ha messo a confronto la specificità creativa italiana con il grande mercato (e la grande antropologia) cinese. Exibart, che quest’anno segue l’intero ciclo, era presente all’appuntamento intitolato Le tendenze del Consumo e il “Drago Cinese”. Nel corso dell’incontro, le sette tendenze generali che caratterizzano lo scenario del Terzo Rinascimento promosso da Francesco Morace sono state rilette dal punto di vista del consumo, proponendo il mercato cinese come banco di prova per le potenzialità del Made in Italy.
La Cina è un mondo antico fatto di simboli e complicate trame iconografiche. L’ideogramma cinese, pur scrivendosi con la stessa grafia, si pronuncia in modi diversi nelle varie zone della Cina. Nasce così, fin dal rapporto con il linguaggio, quella predisposizione per l’interlinguismo iconografico che caratterizza i trend di consumo cinesi e in cui si declina la prima tendenza, Pluriversus Transformactio, che vede diversi marchi cinesi basare il proprio successo sulla capacità di creare associazioni articolate a partire da uno standard, come nel caso di Shangai Tang, azienda di abbigliamento che introduce i dettagli iconici nei suoi prodotti, per esempio finte monete cinesi al posto dei bottoni o segni iconografici tratti della tradizione e proposti con stile fresco e avanzato. Tra gli italiani che hanno saputo leggere questa opportunità si segnala De Tommaso, che con le sue calzature da golf, oltre a una qualità tipicamente italiana del prodotto, ha offerto una vera e propria icona distintiva ai nuovi ricchi cinesi alla ricerca di simboli per marcare il proprio status.
Se la trasformazione dei codici è pluriversa, la partita del consumo si gioca su una piattaforma multidimensionale. Entra qui in gioco la seconda tendenza, Multiplayer Renaissance, che si pone come risposta alla crescente insicurezza del mondo libero. “Più aumentano le responsabilità di se stessi e le preoccupazioni, più si afferma il bisogno di spensieratezza intelligente”. Il gioco è allora quello della “vivacizzazione di sé”, attuata attraverso consumi ricercati che sono allo stesso tempo iper-privati e iper-pubblici, come nel caso di Renova black, una carta igienica completamente nera venduta su internet a due euro a rotolo. Qui il Made in Italy deve cercare di condividere saperi ed esperienze con il mercato e la cultura cinesi, attraverso la propria intelligenza relazionale e la propria capacità di “simpatia”, in modo da sfruttare positivamente la predisposizione cinese a imparare. Ciò è ben esemplificato da illy caffè, che sta portando in Cina una vera e propria “università del caffè” e quindi non solo un prodotto ma anche una cultura, un “saper apprezzare” la qualità italiana dei piaceri quotidiani.
L’esibizione del consumo che caratterizza questa società in forte crescita trova un preciso riscontro nella tendenza Perceptione Virtuosa, come nel caso della popolarissima catena di saloni di bellezza Shen Mei, che durante i weekend diventano veri e propri punti d’incontro per vedere e farsi vedere. Ed è il caso, per quanto riguarda l’Italia, dell’azienda di abiti da sposa Giovanna Sbiroli, il cui successo è frutto dell’incontro tra un prodotto contraddistinto da stile e artigianalità fortemente riconoscibili e la pratica cinese di mettere in scena matrimoni come sontuose cerimonie sociali.
Tradizione e futuro s’intrecciano. Del resto, quando ricordiamo e facciamo previsioni accediamo alle stesse aree del cervello. Questa scoperta delle neuroscienze ben illustra la quarta tendenza, Memoriae Visionariae, che identifica l’accendersi di nuove visioni per il futuro dallo scavo nel passato, personale e culturale. In Cina questa tendenza assume i caratteri di una “memoria scenografica” che spinge lontano i ricordi negativi del recente passato, sotterrandoli nella memoria familiare privata e al contempo rimescolando i ricordi di giovani e anziani, in modo da “ri-creare una scenografica privata gratificante a partire da oggetti, simboli e immagini collettivi, antichi e nuovi”. Ad avere successo saranno qui quelle aziende che sapranno andare incontro a questa nuova capacità e a questo nuovo bisogno dei consumatori cinesi di gestire creativamente la propria scenografia privata, come ha fatto l’italiana Artemide, che si è aperta al mercato cinese continuando a produrre in Italia e delocalizzando solo alcuni singoli componenti.
La tendenza Creatividad Publica parte dalla rilevazione che “il trasferimento creativo e progettuale dalla dimensione privata alla vita pubblica costituisce un passaggio strategico fondamentale per comprendere l’evoluzione dei consumi nelle società globalizzate”. E internet? “Le relazioni virtuali non minacciano quelle personali; al contrario le completano: le persone che utilizzano frequentemente i servizi internet continuano a intrattenere relazioni fuori rete o cercano di allargare il loro orizzonte di incontri reali. Alla de-regolamentazione delle esistenze e alla crescente fragilità individuale si reagisce con un investimento maggiore negli spazi pubblici, sia reali che virtuali”. Così, in Cina il consumo del prodotto locale si trasforma in orgoglio nazionale, come nel caso del ristorante Quanjude, la più antica insegna di vendita di anatra laccata alla pechinese, e della Future Cola prodotta dal marchio Wahaha (che in cinese suona come la risata di un bambino), sbarcata negli Stati Uniti infilandosi nelle comunità della diaspora cinese. Qui è Riso Gallo (che è davvero riuscito a vendere riso ai cinesi, entusiasti per il condimento incluso nel chicco, frutto di continua ricerca e innovazione) a dare l’esempio ai marchi italiani.

Sulla sesta tendenza, Emotion Soutenible, i cinesi mostrano di essere indietro rispetto al loro governo. Mentre infatti in Occidente la sensibilità per il problema della sostenibilità è ormai un humus diffuso che lavora dal basso nel sentire delle persone, in Cina l’ecologia è una sfida politico-istituzionale governata da logiche dirigiste. Ciò, peraltro, non è del tutto privo di svantaggi, se è vero che Dongtan, la prima città a emissioni zero, nascerà proprio qui, nel Paese che insieme all’India produce più inquinamento da anidride carbonica al mondo. Dongtan -sessanta ettari di città alimentati a energia eolica, solare e a biomasse, su cui viaggeranno veicoli elettrici o a idrogeno e i cui trasporti pubblici saranno sottomarini- sarà solo la prima di 400 città che sorgeranno in Cina nei prossimi vent’anni, e vedrà completata la prima fase dei lavori nel 2010, quando Shanghai (a cui è collegata da un ponte) ospiterà l’Esposizione Universale. Cinese, ma progettato dallo studio statunitense SOM, è anche il primo grattacielo verde, Pearl River Tower, anch’esso pronto per il 2010 a Guanzhou, che grazie a pannelli solari ruotanti in direzione del sole e alla particolare forma che convoglia il vento in apposite turbine produce più energia di quanta ne consuma.
L’ultima tendenza, Body Sense, incontra la tradizionale attenzione cinese all’equilibrio psico-fisico, favorendo il successo in Cina di un’abile azienda come Technogym, la quale, grazie alla sua capacità di vendere non solo un prodotto eccellente ma un’intera cultura del benessere, si è aggiudicata la fornitura esclusiva di attrezzi ginnici per i Giochi Olimpici di Pechino.
La sfida dei nuovi mercati non è delle più facili, ma proprio questo la rende tanto più entusiasmante. Soprattutto perché la vittoria è realmente possibile, come dimostra il caso di uno dei settori più colpiti dall’irruzione nel mercato dei prodotti cinesi: “I distretti della calzatura più avanzati e qualitativi come quelli del Brenta registrano crescite a due cifre, mentre altri meno specializzati continuano a soffrire”. Non solo: “Settori dell’arredamento che hanno cifre di tutto rispetto, come i mobili della Brianza e quelli di Livenza-Piave in Veneto, continuano a crescere, mentre altri che soffrono come i divani delle Murge al Sud e il distretto della sedia di Manzano in Friuli, non hanno saputo elaborare il lutto dell′esportazione facile”. Tuttavia, proseguono i ricercatori di Future Concept Lab, “anche in questi distretti segnaliamo l’eccezione di aziende leader che si distinguono per gli investimenti in ricerca, innovazione e design, come Calligaris nel triangolo della sedia, e che registrano una crescita senza precedenti. Ci sono settori dell’abbigliamento moda, come le pelletterie di Firenze (+63%) o gli occhiali del bellunese (+80%), che hanno risultati record, mentre settori conciari soffrono per mancanza di distintività, come quello di Arzignano”.
Al termine di questo denso percorso la morale da trarre è chiara. La forza del Made in Italy risiede nell’unione di due fattori: l’alta qualità del prodotto, da un lato; la capacità del marchio di raccontare storie uniche, veicolare culture specifiche e tessere “senso” insieme ai suoi clienti, dall’altro. Queste due metà del cielo -la grande perizia tecnica e l’ampio respiro culturale, che si fondono diventando grande passione tecnica e articolata cultura umanistica- hanno avuto il loro momento di unione più alta nel Rinascimento, non a caso riproposto oggi da Morace come grande metafora di orientamento per il design italiano del XXI secolo.
Appassionarsi a ciò che si fa e alla qualità di vita quotidiana. È questo che il Made in Italy deve far “sentire” ai nuovi mercati e alle nuove grandi, antiche antropologie emergenti.

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Il blog di Francesco Morace su Nòva100

stefano caggiano


Info: sdonzelli@futureconceptlab.com; www.futureconceptlab.com

[exibart]

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