Il Lanificio Leo è la più antica fabbrica tessile della Calabria. L’azienda, fondata nel 1873, appartiene per dna a quella tradizione di piccola-media impresa a conduzione familiare che ha fatto le storia del made in Italy. Ad oggi rappresenta uno dei casi più significativi di azienda-museo in cui le logiche di produzione orientate al design e i valori legati al patrimonio industriale si integrano in uno modello di management dove il fare impresa ha lo stesso peso del produrre cultura. Questo impegno nel 2001 gli è valso il premio Cultura di Gestione all’interno del Premio Guggenheim Impresa&Cultura.
La famiglia Leo, a Soveria Mannelli (Catanzaro), fa soprattutto prodotto, alto di gamma. L’impianto proto-industriale è utilizzato per la produzione di due linee: la prima più tradizionale, l’altra più innovativa esplora, attraverso i linguaggi tipici dell’industrial design, un concetto di homewear contemporaneo, senza dimenticare processi di lavorazione tradizionali.
Ad orientare la produzione di questa linea c’è un gruppo di persone: Escalmation.d. A partire dalla fabbrica si interfaccia sia con il sistema delle piccole e medie imprese sia con il sistema artigianale del territorio stimolando l’innovazione d el prodotto. Esclamation.d ha realizzato XM, XMinumum, una collezione di ho
Il contrasto tra materiali della tradizioni e ritrovati tecnologici è uno spunto progettuale che si fa concreto in un prodotto come il Ludusludus. Si tratta di una stuoia che nasce da un approccio ready-made, dall’incontro tra la rete da cantiere in plastica (prodotto industriale di valenza anonima) e il peculiare panno follato (la “farzata” silana” ) in lana merinos, prodotto artigianalmente con una forte identità culturale.
Un altro esempio è Plug.in, un runner da tavola proposto in una gamma di tessuti jacquard ed uniti, con alle estremità due terminali di ceramica fatta a mano o cartone stampato, quasi a ricordare, con ironia, la frangia delle guide da tavola della tradizione.
A qualche miglio di mar Tirreno, l’esperienza di Sardegna: di segno artigiano, evento promosso da un ente pubblico, la Regione Sardegna, e curato nel concept e nella sua realizzazione dalle designer Annalisa Cocco e Roberta Morittu di Imago Mundi. La scommessa è stata quella della sinergia senza sfumature tra vecchio e nuovo, nel solco dell’artigianato artistico tradizionale. Teleria e ceramiche soprattutto, a ribadire specifici ambiti isolani.
Il ricco patrimonio di manufatti ad intreccio realizzati in Sardegna è stato illustrato mettendo in mostra il risultato di una precedente esperienza di workshop che ha coinvolto progettisti e artigiani di diversa formazione e provenienza: insieme ad un’attenta selezione di oggetti etnografici tradizionali, è così messa in evidenza la grande varietà tecnica e l’utilizzo dei diversi materiali che caratterizza la produzione artigianale sarda.
La produzione ceramica in Sardegna è ricca di diversità espressive. Attraverso una mirata selezione d’oggetti provenienti da varie collezioni, produzioni contemporanee, laboratori artistici e oggetti nati da esperienze col mondo del design, si è mostrato e suggerito attraverso un “catalogo reale” le varie potenzialità di questo settore.
Seppur nella disparità di mezzi, il progetto sardo godeva di un allestimento onirico e dalla forte impronta d’intrattenimento, quello del Lanificio Leo e di Sardegna: di segno artigiano sono due risposte consapevoli all’ansiosa domanda sul futuro del fatto in Italia.
“Bello e ben fatto”: un processo che è esso stesso bene culturale prima di essere di design.
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