Sarà, ma a più di quindici anni dalla nascita di Droog
Design e di quel
design “secco” che sì, ha realmente rappresentato uno spartiacque nel
rinnovamento della scena olandese, il lavoro degli epigoni sembra aver
abbandonato il rigore concettuale della prima ora per lasciare il passo a un
tono più spensierato, più volentieri incline al gusto di una trovata legittima,
divertente, a tratti pretestuosa.
Sfumature, queste, non difficili da riconoscere nei lavori
presentati all’ultimo Salone. Come nella mostra The Questions, allestita dalla Design Academy
di Eindhoven nel nuovo epicentro, quasi tutto olandese, di Zona Ventura: uno
showcase in cui ogni progetto di laurea, secondo un autentico presupposto di
problem solving, è stato sviluppato come risposta a una domanda sui temi della
sostenibilità e della memoria. Interessanti anche le altre collettive del
distretto, tra cui Made in Arnhem e Autofficina. Meno esaltanti, invece, le
proposte di Tuttobene e Gronicles, come anche la prima collettiva Droog Design dopo l’allontanamento di Bakker:
un ritorno, dal punto di vista formale, al gusto secco delle origini, meno
convincente nell’urgenza di dover riabbracciare, ancora una volta, la pratica
del riuso.
Sempre in Zona Ventura, poi, non poteva mancare la
versione più esclusiva del design “limited edition” olandese, come quello di Kiki
van Eijk o
Maarten Baas. Il
quale, reduce dal conferimento del titolo di Designer of the Future alla scorsa
edizione di Design Miami, si è divertito a prendersi il lusso di un anno
sabbatico, rotto soltanto dal lancio della sua nuova app per iPhone, Analog
Digital Clock.
Intorno, una costellazione di produzioni da bricoleur in salsa Arts &
Craft, votate al décor, alla lavorazione artigianale e alla piccola scala del
progetto, quella del complemento d’arredo.
Una presenza variegata, dunque, quella degli olandesi al
Salone. Eccezionale nel comunicare la propria identità, giocando intorno ai
propri stereotipi e ai personaggi già affermati. Ancora più efficace, però, nel
fare quadrato intorno al proprio sistema-paese – e questo è il punto –
compensando la mancanza di una diffusa rete manifatturiera con un deciso
sostegno istituzionale, frutto di una politica consapevole che ha investito nel
design come principale vetrina di un’economia della conoscenza targata “Made in
Holland”.
Eccoli spiegati anche così, allora, i prolifici olandesi:
protégé di un governo che non lesina le borse di studio e i vitalizi,
allontanando i designer dalla stringente – e altrove ineludibile – necessità di
un confronto con la committenza. Una realtà agli antipodi rispetto al modello
italiano, sempre più marcato, ancora una volta, dalla centralità di quella
“media industria” cantata da Andrea Branzi, ma anche dalla sostanziale assenza
di una struttura istituzionale in grado di sostenere e offrire visibilità ai
giovani talenti emergenti.
European
Design Awards
Intervista
a Nikolaus Gansterer & The Transacoustic Research
giulia zappa
la rubrica design è diretta da valia bariello
*articolo pubblicato
su Exibart.onpaper n. 66. Te l’eri perso? Abbonati!
[exibart]
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