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Per la progettazione dell’hardware, la NASA si rivolge all’Intelligenza Artificiale
Design
E se scoprissimo che, in realtà, la forma migliore della sedia, la forma più comoda e funzionale ma anche più resistente nei materiali e ottimizzata nella produzione, non è la sedia? Millenni di studio, applicazione e ricerca nel settore delle sedute, solo per scoprire che un’Intelligenza Artificiale può farla meglio. Per fortuna che, almeno per il momento, l’IA è impegnata in tutt’altri progetti e, oltre a dilettarsi con le opere d’arte, è stata coinvolta dalla NASA per sviluppare le componenti meccaniche da impiegare nello svolgimento delle proprie missioni. I pezzi ideati nell’ambito di questo progetto, suggestivamente chiamato “Evolved Structures”, sono più resistenti e più leggeri – due caratteristiche fondamentali quando si va nello spazio – delle controparti realizzate dagli esseri umani.
L’Intelligenza Artificiale ha assemblato un hardware di supporto altamente sofisticato, in sostanza la punta più avanzata delle staffe, e ricorda vagamente l’impalcatura ossea di una specie sconosciuta. E in un certo senso è proprio così, se è vero che lo scheletro è una delle forme più avanzate mai osservate nell’universo per reggere e muovere, con più o meno agilità, un certo tipo di peso sottoposto alle forze fondamentali della fisica. Queste strutture «Sembrano in qualche modo aliene e strane», ha dichiarato l’ingegnere Ryan McClelland, che lavora al progetto della NASA, «Ma una volta che li vedi in funzione, ha davvero senso».
Per creare queste parti, uno specialista di progettazione inizia con il fornire all’IA i requisiti della missione e a disegnare le altre parti dello strumento o del veicolo tra le quali il nuovo oggetto deve incastrarsi, un po’ come in un puzzle. Questa fase è molto delicata ed è necessario che l’operatore umano faccia molta attenzione a inserire bene tutte le informazioni, prevedendo anche la messa in opera. Nessuno vuole che il pezzo assemblato finisca con il bloccare un laser o un sensore ottico solo per un errore nell’algoritmo. «Gli algoritmi hanno bisogno di un occhio umano altrimenti, lasciati a se stessi, potrebbero rendere le strutture troppo sottili», ha spiegato McClelland.
Una volta definiti tutti i parametri, l’Intelligenza Artificiale collega i punti, non solo producendo progetti di strutture complesse in appena un’ora o due ma anche sottoponendoli a tutte le verifiche del caso. In pratica, l’IA velocizza tutti i passaggi che richiederebbero tempi e spazi umani più dilatati. Prima c’è la progettazione, poi un analista della stress ne testa le prestazioni e, infine, se ne verifica la fattibilità per la messa in produzione. Queste interazioni richiedono giorni, settimane, mesi, anni e possono essere sottoposte a ritardi di qualunque natura. Invece l’Intelligenza Artificiale riesce a compierle tutte in poche ore e in maniera perfettamente ottimizzata, senza possibilità di distrazioni o divagazioni. Che poi, in certi casi, proprio dall’errore o dall’impensabile possano nascere nuove idee e opportunità, magari anche non direttamente riferite a quello scopo immediato, rimane una coincidenza meravigliosamente umana.
«Abbiamo scoperto che in realtà questo processo riduce il rischio. Dopo le analisi, abbiamo scoperto che le parti generate dall’algoritmo non hanno le concentrazioni di stress che si hanno con i progetti umani. I fattori di stress sono quasi dieci volte inferiori rispetto alle parti prodotte da un essere umano esperto», ha continuato McClelland. Finora queste componenti sono state adottate in varie missioni della NASA, per la realizzazione di palloni astrofisici, scanner dell’atmosfera terrestre, monitor meteorologici, telescopi spaziali e anche per la missione Mars Sample Return, programma attivato insieme all’ESA – Agenzia Spaziale Europea, per riportare sulla Terra i primi campioni di materiale marziano.
La progettazione assistita dall’intelligenza artificiale è un settore in crescita anche in altri ambiti, in particolare per le automobili. Per la NASA, ovviamente, il discorso è diverso, trattandosi perlopiù di pezzi unici, appositamente progettati e realizzato in pochissimi esemplari e solo per usi specifici. Proprio per questo, secondo McClelland, l’utilizzo di algoritmi potrebbe rivelarsi particolarmente utile per l’agenzia spaziale. Questo processo aiuterebbe a ridurre sia i tempi che i costi associati all’esplorazione dello spazio. «La stazione spaziale contiene sei o sette persone, ma costa 100 miliardi di dollari», ha spiegato McClelland a Dezeen. «Penso davvero che l’intelligenza artificiale abbia il potenziale per ridurre drasticamente i costi di sviluppo di questi sistemi complessi perché è davvero eccezionale in questo genere di cose».