«Per Longchamp è un’occasione di mostrare come la Maison sia davvero impegnata nella moda, nel design e nell’arte, in modo completo». Così Sophie Delafontaine, Direttore Creativo di Longchamp, commenta il progetto artistico realizzato in collaborazione con studio högl borowski, in mostra presso il flagship store di via della Spiga a Milano. L’esposizione presenta al pubblico variegato della Milano Design Week il lavoro del duo di designer viennesi e celebra al contempo la riapertura della boutique della casa di moda francese in via della Spiga, nel cuore della città meneghina.
Presso il negozio Longchamp è possibile dunque ammirare una selezione delle opere di Stefanie Högl e Matthias Borowski – giovani designer con una forte impronta concettuale – che esprime a pieno la loro estetica. L’attrazione di Matthias per la tecnologia, l’artigianato, le forme e le proporzioni e il fascino di Stefanie per lo spazio, il colore, la materialità e lo storytelling si intrecciano dando vita a pezzi unici, nei quali la relazione tra materialità e qualità sensoriali gioca un ruolo fondamentale. Tra le loro fonti di ispirazione principali, il cibo, con particolare interesse nei confronti dei dolci (in rapporto anche alle infinite procedure di preparazione e cottura degli alimenti), rappresenta una sorgente inesauribile a cui attingere.
Artefice di questa partnership inedita, Sophie Delafontaine, terza generazione dell’azienda di famiglia parigina, da sempre immersa nel mondo della maison e oggi alla direzione creativa di Longchamp. Sotto la sua guida, il brand si è evoluto trasformandosi in una vera e propria Casa di Moda e, grazie alla sua visione, sono nate le linee di prêt-à-porter, calzature e occhiali. Appassionata d’arte, nonché con una prospettiva aperta e lungimirante, Delafontaine accoglie con entusiasmo le collaborazioni regolari del marchio con artisti contemporanei.
L’occasione per l’esposizione di studio högl borowski è l’inaugurazione del punto vendita di Longchamp del Quadrilatero milanese, tenutasi mercoledì 17 aprile, trasformato in una concept boutique che vuole evocare la quintessenza di un appartamento parigino. Obiettivo del restyling è quello di trasmettere la sensazione, in qualunque parte del mondo ci si trovi, di entrare nella casa calda e accogliente di un amico nella Ville Lumière, un luogo intimo in cui si respira creatività e spirito cosmopolita. Un artificio questo che riesce ad esprimere anche il patrimonio e il savoir-faire della Maison, oltre che la sua attitudine positiva e ottimista.
Proprio qui, in occasione della mostra durante la Milano Design Week, abbiamo incontrato Sophie Delafontaine – che, tra le altre cose, ci ha parlato della lunga tradizione di Longchamp e della famiglia Cassegrain nel supportare le arti contemporanee – e i due designer di studio högl borowski, che ci hanno guidato attraverso il loro dinamico e sorprendente processo creativo.
Come è nata la collaborazione tra Longchamp e studio högl borowski?
Sophie Delafontaine «Lavorando con l’architetto dell’azienda Giuseppe Gaglioti, ci è venuta l’idea di inserire pezzi unici in ogni negozio nel mondo, opere di design e arte, per far scoprire ai nostri clienti nuovi artisti e designer, perché la creatività fa parte del dna dell’azienda. Giuseppe mi ha presentato i lavori di Stefanie Högl e Matthias Borowski e così scoperto il lavoro di studio högl borowski. Ne sono rimasta molto colpita perché la loro idea coincide perfettamente con il punto di vista ottimistico e giocoso di Longchamp, espresso in maniera elegante. Il loro modo di creare infatti è molto preciso, i colori sono raffinati, i materiali sono ricercati e preziosi. La riapertura del negozio si è rivelata un’ottima opportunità per mostrare le opere di Stefanie Högl e Matthias Borowski al pubblico della Milano Design Week».
Mathias e Stefanie, potreste parlarci della vostra mostra?
Stefanie Högl «Ciò che mi piace davvero di Longchamp – e che rappresenta il nostro punto in comune – è che dà grande importanza al materiale e lo lavora con maestria. Questo è il modo con cui noi realizziamo i nostri oggetti. Cominciamo con il materiale, facciamo molte prove, combinazioni e chiediamo al materiale cosa voglia essere, che forma voglia assumere, che tipo di oggetto voglia diventare. E questo è il concept che ci ha permesso di creare la serie che vedete qui sopra».
Matthias Borowski «È una collezione di ciò che abbiamo realizzato nel corso degli anni. Alcuni oggetti sono i più recenti mentre altri più datati. Ci ispiriamo alla cucina e al cibo, a tutti i tipi di materiali, perché vogliamo davvero lavorare con la materia. Per esempio, il bonbon ha una forma semplice, perché vogliamo che l’attenzione si concentri sul materiale stesso, in modo che possa parlare da solo e questo è anche l’obiettivo che vogliamo raggiungere: che si guardi davvero il materiale e non lo si trascuri a causa della forma».
SH «Ad esempio il Bon Bon, (una delle opere d’arte in mostra, ndr) è fatto di un unico materiale, ma tutti i diversi strati mostrano le possibilità di utilizzo del materiale. È completamente trasparente, è colorato, è opaco, ha degli strati lattiginosi in mezzo, è un materiale molto vario».
studio högl borowski è noto per il suo approccio unico al design, che mescola concetti concettuali e pratici. Potreste guidarci attraverso il vostro processo creativo, dall’idea iniziale alla realizzazione finale di un pezzo unico?
SH «Ci siano due modi per iniziare un progetto. Il primo consiste nel trovare il materiale che vorremmo scoprire ed esplorarne le caratteristiche e potenzialità; il secondo è quello di partire da un tipo di dolce, una torta che per noi è interessante e poi cercare di tradurla trovando i materiali adattati per imitarla. Ciò che segue sono un sacco di tentativi ed errori. Quindi testiamo nuove cose, proviamo nuovi modi per gestire la cosa, cerchiamo ovunque. Nel corso degli anni abbiamo costruito una piccola biblioteca di materiali: abbiamo scatole piene di piccoli campioni di materiale che proviamo a usare di volta in volta per vedere se è adatto al processo che stiamo seguendo. Credo sia molto interessante dialogare con il materiale e vedere dove ci porta. È un processo dinamico».
MB «Tutti i materiali sono impegnativi, ma penso anche che ciò che è più difficile è capire i materiali, è sempre un processo. All’inizio hai sempre qualcosa in mente e poi magari non funziona, quindi fai altri tentativi e ogni volta acquisisci conoscenza dei materiali. Per esempio, per lo specchio a ciambella abbiamo usato il poliuretano, un materiale molto comune che si usa anche nelle finestre, che se si mescola e si cuoce, cresce. Come in cucina, cresce come il pane o la torta o la ciambella ed è questo che ci incuriosisce».
La Maison Longchamp con la famiglia Cassegrain è rinomata per il suo impegno nel promuovere le arti. In che modo questa esposizione si integra nella visione più ampia del marchio nel sostenere e valorizzare l’arte contemporanea?
SD «La collaborazione con artisti o designer è qualcosa che viene dal passato. Mia nonna iniziò nel 1970 quando chiese a un pittore di lavorare con la pelle. Fu la prima collaborazione tra la famiglia Cassegrain e gli artisti, quando ancora le Maison non collaboravano con il mondo dell’arte. Per me è il punto di partenza, la parte migliore del mio lavoro sta nell’ incontro con gli artisti. L’incontro è sempre così ricco, profondo. Cerchiamo di trovare molti modi diversi per collaborare con i creativi o i designer. Ovviamente, a volte collaboriamo nella creazione di prodotti, come ad esempio l’anno scorso quando abbiamo collaborato con Maurizio Cattelan e Pierpaolo Ferrari, ma mi piace anche presentare le opere d’arte, come con Anya Molyviatis. Lavorare con gli artisti è veramente una passione, è anche un modo per riflettere e ampliare le nostre conoscenze».
Longchamp ha una lunga tradizione nel mondo della moda e dell’accessorio, mentre studio högl borowski è conosciuto per il suo approccio innovativo al design. Quali sono i punti in comune lo stile distintivo del brand e la visione creativa dei designer?
SD «Penso che entrambi non abbiamo paura di testare. Mio padre, quando ho iniziato a lavorare per Longchamp, mi ha detto di imparare, ma anche di testare i prodotti. Sono qui per creare prodotti di alta qualità, quindi lo faccio seriamente, ma divertendomi. E come quando segui una ricetta e pensi “posso mescolarla, posso cambiare le proporzioni, posso aggiungere ingredienti”. Penso che questo sia l’aspetto interessante del nostro lavoro: testare, provare qualcosa di nuovo ed entrambi non abbiamo paura di provare. È come un libro di ricette: a volte ne sperimenti una e non va bene, ma domani la rifarai e verrà meglio».
Appassionata d’arte, Sophie Delafontaine apprezza le collaborazioni regolari di Longchamp con artisti contemporanei. In che modo le permettono di avere una prospettiva totalmente nuova sul mondo?
SD «Più che parlare di arte, mi piace parlare con gli artisti, sono persone che mi affascinano, sono molto colpita dalle persone creative, che hanno un loro immaginario quindi per me è sempre molto impressionante e interessante. Mi piace anche il fatto che le persone creative abbiano una spiccata sensibilità e che vedano il mondo come un filtro del loro universo. Penso che oggi sia molto importante continuare a sostenere questa filosofia e questo punto di vista».
Qual è il suo punto di vista sulla sinergia tra moda e arte? In che modo Longchamp integra queste due discipline nel suo approccio creativo?
SD «Faccio una differenza tra arte, moda e design. Abbiamo scopi completamente diversi, ma credo che il punto in comune sia la creatività, l’apertura, la curiosità. Nell’arte non ci sono vincoli. Per la moda, devo produrre qualcosa che sia indossabile, una borsa in cui si possa inserire qualcosa e da portare con sé. Credo che il punto in comunesia la curiosità. In Longchamp parliamo di curiosità creativa, perché ritengo sia il modo per fare sempre un passo avanti. Tutti noi abbiamo già molte borse, quindi per me è interessante proporre qualcosa di diverso, nuovo, voglio creare emozioni. Ovviamente nel mio lavoro c’è un po’ più di funzionalità che di emozione».
Matthias e Stefanie, avete mai considerato la moda come parte integrante della vostra espressione artistica?
SH «Sarebbe interessante, ma non abbiamo ancora pensato di integrare la moda nel nostro design. All’inizio dell’anno abbiamo lavorato molto con le fibre, per esempio con la fibra di cocco, che però è molto delicata, quindi credo che abbiamo bisogno di più ricerca per capire come gestirla».
MB «Abbiamo lavorato molto con i tessuti naturali, ci sono molte fibre che ci interessano. Penso che sarebbe interessante pensarci, quindi sì».
Quali sono le vostre principali aspettative per questo progetto espositivo durante la Milano Design Week e cosa sperate che porti in termini di impatto e di ricezione da parte del pubblico?
SH «Per noi è più che altro un nuovo contesto dove mostrare il nostro lavoro. Per noi è eccezionale perché non ci siamo mai relazionati con il mondo della moda, è un nuovo tipo di pubblico che vede i nostri progetti ed è anche bello ricevere feedback, sono molto curiosa di sentire le opinioni. Penso che in futuro porterà a qualcosa, ma probabilmente è troppo presto per dirlo».
SD «Per Longchamp è davvero l’occasione per presentare innanzitutto il loro lavoro, ma anche di dimostrare come la Maison sia impegnata nella moda, nel design e nell’arte in modo completo, il che significa che non siamo qui solo per fare prodotti ma siamo qui per creare emozioni. Sono felice anche del fatto che abbiamo appena rinnovato il nostro negozio: per me deve essere un progetto unico. Siamo in un mondo molto globalizzato e molto spesso quando si va da New York a Parigi a Milano a Tokyo si trova esattamente la stessa architettura con lo stesso format. Per me è molto importante che ogni esperienza sia unica e usare l’arte e il design per creare qualcosa che non sia solo un’avventura commerciale, ma anche culturale e di ispirazione è il vero punto. E sono felice di dimostrarlo qui stasera».
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