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Mondiali in Qatar: le magliette d’autore per la campagna di Amnesty
Design
Se il calcio è considerato lo sport più “bello” del mondo, allora ci saranno anche validissime motivazioni estetiche, formali. Riguardanti non solo le capacità atletiche e tecniche di chi lo pratica ma anche tutto ciò che è intorno. Impossibile non farsi prendere dallo stupore, almeno per qualche secondo, osservando le spettacolari riprese a volo d’uccello di quelle enormi, avveniristiche, perturbanti strutture innalzate letteralmente nel deserto, che sono gli stadi della discussa e discutibile 22ma edizione dei Mondiali, in Qatar, progettati da alcune delle firm più influenti dell’architettura mondiale.
I britannici Foster + Partners hanno firmato il Lusail Iconic Stadium, nomen omen, predestinato a diventare iconico con i suoi richiami all’arte tradizionale araba della tessitura. Gli spagnoli Fenwick Iribarren Architects hanno invece realizzato lo Stadium 974, nel distretto industriale di di Ras Abu Aboud, a Doha, costituito da 974 container recuperati e che verrà completamente smantellato al termine della manifestazione. Ma l’effetto wow è provocato non solo dagli stadi, che sono come pietre preziose incastonate in aree dagli spazi enormi, ritmati, funzionali, accoglienti – anche un po’ disorientanti – nei quali si nota subito la mano di masterplan tanto avanzatissimi quanto difficilmente replicabili in Occidente, dove le strutture sportive sono spesso inserite in contesti già densamente urbanizzati e stratificati.
Tuttavia, fatta salva la meraviglia di ciò che si vede – sottolineata anche da un progetto di arte pubblica, con nomi di altissimo profilo, come Olafur Eliasson, Jeff Koons e Yayoi Kusama – la sostenibilità di questi impianti e degli standard di tutta la kermesse, che coinvolge centinaia di migliaia di persone, è tuttora oggetto di accesissimi dibattiti. Secondo quanto espresso da rapporti pubblicati dalla stessa Fifa, la federazione internazionale che si occupa, tra l’altro, dell’organizzazione dei Mondiali di calcio, la manifestazione in Qatar lascerà una impronta di 3,6 milioni di tonnellate di anidride carbonica. Si tratta di 1,5 milioni di tonnellate in più rispetto alla precedente edizione in Russia del 2018. Invece, ammonta a circa 220 miliardi di dollari, spalmati nei 12 anni dall’assegnazione del torneo, la spesa sostenuta dal Qatar. Per avere un’idea, i Mondiali in Russia costarono circa 14 milioni di dollari.
Oltra alla sostenibilità ambientale, hanno suscitato clamore anche le condizioni economiche e di vita imposte agli operai addetti alla costruzione delle strutture, provenienti principalmente da India, Pakistan, Nepal, Bangladesh e Sri Lanka. Secondo quanto stimato da Amnesty International e Human Rights Watch, sarebbero almeno 6500 i lavoratori morti, nei 12 anni di organizzazione. In Qatar – dove la forza lavoro è rappresentata per il 90% da stranieri – vige infatti la kafāla, una istituzione giuridica del diritto islamico che, originariamente riferita alle misure di affido e tutela dei minori, è stata poi applicata anche per monitorare i lavoratori provenienti da altre nazioni, impiegati specialmente per lavori a basso reddito e nel settore edilizio. In sostanza, i datori possono requisire i documenti dei lavoratori migranti, impedendo loro di cambiare lavoro o addirittura di lasciare il Paese senza il permesso. Non che nei civilizzati Paesi occidentali la situazione sia tutta rose e fiori. In Italia, da gennaio ad agosto 2022, sono 677 le persone che hanno perso la vita durante l’esercizio del proprio lavoro, con una media di 84 vittime al mese, secondo i dati dell’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro Vega Engineering.
Eppure, nonostante questo inferno, le partite rimangono uno spettacolo emozionante, bellissimo da vedere, da sentire. E coloratissime, arditissime, sono le magliette disegnate da 13 grafici e designer di tutto il mondo, che hanno reinterpretato i kit ufficiali delle squadre impegnate in questa edizione dei Mondiali. Le shirt della serie Goalissimo sono acquistabili sul sito di Hen’s Teeth, agenzia creativa che presentato il progetto. I proventi serviranno per incrementare la campagna di raccolta fondi promossa da Amnesty International, “FIFA: Time to Compensate Migrant Workers in Qatar”.
La maglia del Messico è stata disegnata da Hola Lou, quella dell’Inghilterra da Kelly Anna London, quella degli USA da Vlad Sepetov, quella del Brasile da Monga, quella del Camerun da Sophie Douala, quella dell’Argentina da Sebastian Curi x Macarena Luzi, quella dei Paesi Bassi da We Are Out of Office, quella del Belgio a Specht Studio, quella della Germania da Eike König, quella francese da Marylou Faure, quella sudcoreana da Jaemin Lee, quella dell’Irlanda (che però non si è qualificata alla fase finale) da Gav Connell. Della serie fanno parte anche un pallone di Triangle-Studio e una sciarpa da tifoso di Yeye Weller.
Chiaramente si tratta di kit non ufficiali, che non vedremo mai in campo in questi mondiali. Ma qualcosa si è mosso anche a livello ufficiale. Il brand Hummel, uno dei marchi sportivi professionali più diffusi al mondo, ha disegnato le magliette della nazionale della Danimarca con tutti i loghi e i simboli attenuati, poco visibili, in segno di protesta contro le violazioni dei diritti umani perpetrate in Qatar.
«Goalissimo è una celebrazione del calcio, un gioco che amiamo molto, ma una critica a questa Coppa del Mondo che è, siamo onesti, enormemente problematica su molti livelli», ha dichiarato il fondatore e direttore creativo di Hen’s Tooth, Greg Spring. «C’è un messaggio serio ma volevamo comunque che il lancio di Goalissimo fosse giocoso e positivo, con un senso di speranza», ha continuato Spring. «Penso che questo si rispecchi nel design di ogni maglia: il calcio è comunità, è il gioco della gente». Insomma, il bello e il buono possono giocare insieme.
Le magliette, in poliestere, sono prodotte nel Regno Unito dal brand di abbigliamento Vulfco. La collezione completa può essere ordinata online dal 3 al 17 dicembre, sul sito web di Hen’s Teeth.