23 dicembre 2023

Nasce a Milano Settantaventidue, hub culturale dedicato al design e alle arti: intervista al fondatore Alessandro Scotti

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Collocata sui Navigli, l'intenzione di questa nuova realtà è unire il design con architettura, musica, grafica, sound art e disparate discipline creative. A Natale, la mostra delle cartoline di auguri

Il nuovo Settantaventidue a Milano

Abbiamo bisogno di coraggio, oggi più che mai, di persone disposte e desiderose di dialogare che propongano progetti radicali nei quali la sfida, la generosità nei confronti degli altri sia solida, accompagnata da una visione che non sia stereotipata. Ogni volta che nasce uno spazio d’arte indipendente possiamo attingere a ‘ nuovi mondi ’. Cito l’artista e critica Suzi Gablik con la sua analisi così in anticipo sui tempi. Erano i primi anni Novanta e lei notò che l’estetica moderna era isolazionista, reputava che «nei prossimi decenni avremmo avuto un’arte che avrebbe rifiutato i miti della neutralità e dell’autonomia. La sfida dell’arte del futuro trascenderà la disconnessione e la separazione tra estetica e sociale che esisteva nel modernismo». Il dibattito è aperto, creare comunità ed «immaginare comunità» è più forte che mai. Questa necessità nasce dal “basso” per creare nuove connessioni con le Istituzioni ed alimentare opportunità per gli artisti e per il pubblico. È un processo di co-creazione che in questo caso nasce a Milano: Settantaventidue è un hub no-profit, che si occupa di cultura contemporanea e di ricerca spaziando dall’arte all’architettura, dal design all’editoria, alla musica contemporanea. Nasce dalla collaborazione e dall’incontro inclusivo di diverse realtà che spiegate in questa intervista dal suo fondatore Alessandro Scotti, che ci racconta anche l’attuale mostra The Graphic Design of Christmas Greetings visitabile fino al 6 gennaio, composta da una folgorante collezione di cartoline di Natale, realizzate tra gli anni Quaranta e Settanta da alcuni tra i più celebri art director e grafici del secolo scorso del design: da Bob Noorda a Ettore Sottsass, Bruno Munari, A G Fronzoni e Vittorio Gregotti.

Settantaventidue, Milano

Ogni nuovo spazio d’arte, di architettura/design, è una sintesi di tanti anni di relazioni, visioni comuni ed amicizie. Immagino nasca da questa genesi Settantaventidue. Mi potresti descrivere come state utilizzando lo spazio esterno in dialogo con la galleria?

«Settantaventidue nasce effettivamente da una serie articolata di percorsi autonomi, che si incrociano qui in un dialogo serrato. C’è il mio interesse, maturato in vent’anni, per la ricerca radicale; c’è la sterminata conoscenza dei curatori Nicola Mafessoni e Daniel Marzona che hanno entrambi disegnato traiettorie estremamente personali con le rispettive gallerie fra Italia, Germania e Stati Uniti; c’è la sensibilità di Bruno e Valentino Tonini che da sempre trattano documenti relativi all’arte del secondo Novecento alla pari di opere; la cultura per la grafica di Luca Pitoni e del suo studio TomoTomo e la sensibilità per gli spazi di Marco Parolini con il suo studio di progettazione Ingenii.

Settantaventidue rappresenta l’incontro di queste persone e delle relative conoscenze, tutte animate dal desiderio di esplorare la possibilità di prescindere dal mercato e dalle dinamiche che troppo spesso il mercato impone; convinti che oggi ci sia fame di scelte radicali, dato che siamo noi i primi ad averne.

«Così ho disegnato gli spazi di Settantaventidue in modo da poter ospitare diversi programmi in dialogo fra di loro: arte contemporanea, documenti, design e architettura, sound art. Ne sono risultate stanze diverse, in forma e dimensioni, per una specie di labirinto in cui esplorare diverse mostre e diversi programmi in contemporanea. Il lavoro di dilatazione e compressione degli spazi si è espanso all’esterno dell’edificio: le nostre vetrine sono utilizzate come “teche” museali per ospitare i lavori di grandi autori della contemporaneità. Buona parte delle mostre è visibile ai passanti. Di fronte alle nostre vetrine, uno spazio pubblicitario lungo trenta metri occupa il ponte ferroviario che attraversa il Naviglio verso San Cristoforo; abbiamo deciso di appropriarcene, commissionando ad un grande artista contemporaneo un’opera pubblica, site-specific, per la città. Così i lavori all’interno e all’esterno entrano in relazione, nel tentativo di rendere accessibile a tutti una proposta culturale alta e complessa.

Settantaventidue Milano

Un nuovo spazio diventa una scommessa vera e propria che cambia la morfologia stessa dell’offerta d’arte e d’architettura a Milano. Puoi introdurci alle prime mostre che ci sono state?

«Collaborando con Nicola Mafessoni e Daniel Marzona, abbiamo cercato di seguire la nostra inclinazione, scegliendo progetti culturalmente importanti, tralasciando le correnti di moda e le istanze imposte dal mercato attuale. Abbiamo optato per una ricerca che rispecchiasse la nostra idea di arte, fatta di solidissima ricerca e scelta in base al contributo culturale che apporta. Le due mostre di arte contemporanea inaugurali sono in questo senso uno statement. Braco Dimitrijević – autore del grande lavoro pubblico sul ponte della ferrovia davanti a Settantaventidue – ha da sempre posto l’attenzione sul fatto che la storia dell’arte abbia dato volto solo ai committenti, quindi al ceto abbiente. Ha così immortalato passanti casuali elevandoli al rango di arte, riscrivendo le regole e sottolineando che la storia dell’arte a noi giunta è solo una delle infinite storie che si potevano e si possono raccontare. Charlotte Posenenske è stata scelta per la radicalità senza compromessi della sua pratica artistica, arrivata a vendere le sue “sculture” minimali al costo di produzione per combattere le speculazioni di mercato. Permettendo al pubblico di disporre i suoi moduli a piacimento, Charlotte Posenenske ha quindi rinunciato all’autorialità dell’artista. Rinunciare al mercato e all’ego significa voltare le spalle a due delle forze dominanti nella cultura contemporanea. Un analogo “rovesciamento dello sguardo” ci è offerto da Cesare Leonardi e dalla sua ricerca decennale su “I Solidi”: una serie infinita di arredi di uso comune sviluppati con un processo rigoroso di solo taglio e assemblaggio a partire dal medesimo modulo di legno lamellare da cassero (i pannelli gialli ancora tipici dell’edilizia). Anche qui è l’ostinazione del pensiero, che domina la materia (povera) rendendola preziosissima, ad averci sedotto.

Cosa succede durante il periodo natalizio?

«La nostra mostra di Natale riunisce centinaia di biglietti di auguri realizzati spesso a mano dai maestri della grafica italiana fra gli anni ’40 e gli anni ’70: in un periodo in cui quello degli auguri era un esercizio obbligato al quale i grafici lavoravano senza la presenza ingombrante dei committenti. Selezionandoli abbiamo visto la vitalità creativa senza compromessi che a volte si trova nei social con la voglia di promuovere le proprie capacità; prima però che i social esistessero, e soprattutto da parte di maestri assoluti. Tutti questi contributi – insieme ed ognuno a suo modo – forse ci possono aiutare e vedere il mondo in cui viviamo con occhi diversi.

THE GRAPHIC DESIGN OF CHRISTMAS GREETINGS – Design by TomoTomo

Quanto la sound art sarà una caratteristica di ricerca dello spazio? La prima performance presentata a fine novembre è stata con l’artista Americano John Also Bennett.

«Il programma di sound art è centrale a Settantaventidue per almeno due motivi: è l’unico largamente immateriale ed è spesso per sua natura pervasivo. Si articola attraverso una serie di residenze che ospitano sound artisti che provengono da tutto il mondo: John Also Bennett è stato il primo a presentare una performance live, ma prima di lui è venuta a Settantaventidue Maija Julius ad installare quattro opere del padre Rolf – uno dei monumenti della sound art del secondo Novecento – che saranno visibili (e ascoltabili) da noi fino alla fine di gennaio. Il programma è curato da Giuseppe Ielasi, con la collaborazione di Soundohm, e muove dalla dissoluzione della partitura tradizionale in musica – avvenuta contestualmente allo sviluppo dell’arte concettuale fra la fine degli anni ‘60 e i primi anni ’70 – per aprirsi ad un approccio spaziale alla composizione e alla fruizione del suono. Gli artisti invitati lavorano con oggetti e fenomeni acustici sempre meno legati allo spazio classico della sala da concerti, proponendo ricerche fondate sull’interazione fra suono, spazio e ascoltatore. Nel programma, così come nei lavori presentati, l’attivazione dell’ascoltatore è centrale e la programmazione di sound art è forse quella che interagisce in modo più profondo con l’architettura di Settantaventidue.

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