Milano è una città che non dorme mai, per usare le parole di Frank Sinatra, sebbene lui le declinasse per New York. Ma Milano non è la Grande Mela e spesso il movimento è solo centrifugo, isterico. Lontani i tempi del boom, quelli del grande laboratorio progettuale, quelli dell’arroganza partygiana, ancora c’è qualcuno vestito di nero e con un mac sottobraccio che crede di fare avanguardia. I tempi sono difficili da leggere e le crisi sono anche indigene ed endogene oltre che macroeconomiche.
Tuttavia va riconosciuta alla Milano dei ‘90 e dei ‘00, quella che ingoia il minimal per scoprire il neobarocco, la capacità di ‘accendere le luci’ durante le settimane della moda e del design. Trascorsa da un po’ quella della moda, già ci si prepara a quella del design (13-18 aprile), l’ultima che avrà come epicentro la fiera down-town.
Il prossimo anno infatti si cambia, destinazione Rho-Pero nella nuova mega Fiera pensata da Massimiliano Fuksas, dopo anni di consolidata esperienza tra ciò che succede tra i padiglioni e il cosiddetto fuori-salone.
Intanto la città del design scalda i motori e si moltiplicano le iniziative in cui il design si mostra. La prima è ospitata nelle austere sale della Castellana e del Tesoro del Castello Sforzesco: Thonet, la nascita del design tra Biedermeier e Secessione Viennese. 100 anni di mobili in faggio curvato a vapore e materiale iconografico della Thonet di Vienna. E Micheal Thonet, unitamente riconosciuto come il primo designer industriale. Sedie, tavoli, divani, racchette da tennis, scrivanie, anelli per la ginnastica e dondoli vengono mostrati nei diversi periodi di produzione della Thonet e delle numerose aziende concorrenti attive dopo il 1869, in quella che rappresenta la prima guerra commerciale dell’industria moderna. Tra le sezioni della mostra una delle più interessanti è quella che riguarda un argomento curioso come Thonet e il cinema, ovvero la diffusione del mobile ricurvo nel cinema italiano e straniero: attori di fama internazionale in fermo immagine di pellicole note e dimenticate. Particolare apparentemente kitsch che invece documenta il fondamentale ricorso al placement nella strategia di comunicazione di un’azienda di design.
Un’altra iniziativa, più legata a scenari contemporanei, registra la collaborazione di un giovane studio di progettisti, Black Hole (Fucina Nuovi Universi), con una realtà forte e consolidata come Poli.Design. Il consorzio del Politecnico di Milano si occupa di formazione, ricerca, editoria e comunicazione nell’ambito del design, mentre Black Hole si configura come un gruppo di filosofi, economisti, architetti e designer. Insieme hanno ideato e realizzato Transfurniture, concorso di design dedicato a progettisti ceki e slovacchi. In collaborazione con i rispettivi Design Center nazionali, il concorso ha selezionato dieci progetti sul tema del trasporto e del movimento, che saranno
esposti al Salone del Mobile; mentre i rispettivi autori sono stati premiati con un soggiorno durante i giorni della Designweek ed un workshop Poli.Design. Transfurniture non è stato solo un concorso, ma anche un’occasione per gettare un ponte tra la comunità (del design) milanese e quella di due giovani realtà politico-economiche da poco entrate a far parte dell’Unione Europea. Dopo l’appuntamento milanese, Transfurniture sarà a Praga, Bratislava e Brno.
Anche l’Italia dei distretti non sta a guardare. Così l’area di Biella, con un’operazione da tre milioni di euro, scommette sul rilancio dell’eccellenza del suo distretto laniero.
Lo farà con una mostra, presentata nei giorni scorsi a Milano dal curatore Philippe Daverio, dal titolo Sul filo della lana. La mostra, divisa in tre parti -il mito, la fantasia, la fabbrica- sarà ospitata in altrettanti luoghi strategici del distretto biellese: il Museo del Territorio, il lanificio Pria e la fabbrica della Ruota. L’allestimento di Studio Azzurro, di Pier Luigi Cerri e dello scenografo Fercioni, vuole rendere narrativo e fantastico un racconto fatto di immagini e poesia, oltre che di storia dell’impresa e di disegno industriale. Da Boetti a Kounellis, da Plessi a Jori, da Warhol a Segantini, in una mostra evento che si rifiuta di essere “da casello a casello” e che cercherà di rendere paradigma una strategia di comunicazione dell’eccellenza di un distretto, quasi a disegnare una scuola di “guerra” contro nemici commerciali.
Leo Longanesi diceva “Ne di Londra nè di Biella” quasi a spartire le scuole di eleganza. L’augurio finale è che il Salone guardi a queste tre esperienze come a tre tendenze da seguire: la storia, lo sguardo internazionale per farne occasione di sviluppo e partnership, la valorizzazione delle eccellenze per aggredire mercati. L’impresa può apparire garibaldina? Ma le camicie dei Mille non erano forse fabbricate a Biella?
link correlati
Poli.Design
Fucina Nuovi Universi
Sul Filo della Lana
Museo del Territorio di Biella
M2
[exibart]
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