Categorie: didattica

Didattica a Genova

di - 23 Aprile 2002

Quali sono le finalità di una didattica dell’arte contemporanea e quali gli strumenti da privilegiare?
La finalità di un lavoro di lettura e di laboratorio sull’arte contemporanea è quella di far leggere l’opera, farla capire ma, soprattutto, far guardare in maniera diversa la realtà; se si arriva a questo allora il laboratorio di comprensione dell’arte contemporanea è qualcosa che serve, anche eticamente, alla vita di tutti i giorni.

E’ dunque utile far vedere quali sono le relazioni tra mondo dell’arte contemporanea e il mondo della pubblicità, del cinema, della musica… anche il legame arte e moda offre moltissimi spunti di riflessione se pensiamo ad esempio al lavoro di artisti come la Beecroft…
Certo, in questo modo si possono apprendere dei linguaggi che non sono solo legati allo spazio del museo ma appartengono all’esperienza di tutti i giorni; conoscerli aiuta per esempio a capire le contraddizioni della nostra vita quotidiana e soprattutto contribuisce alla formazione di un gusto estetico consapevole. Sicuramente un laboratorio dedicato all’arte contemporanea deve dare gli strumenti per godere un’opera, ma per farlo non può prescindere dai riferimenti visivi in cui l’opera è nata e vive, quindi la sua comprensione va allargata ad una più ampia idea di cultura visiva che può riguardare moda, pubblicità, design come pure l’arte del passato, anche intesa come serbatoio di forme continuamente assimilate e riutilizzate ad uso e del presente.

Quindi questo metodo di comprensione dei linguaggi artistici è applicabile sia all’arte già storicizzata che all’arte contemporanea oggetto di studio della critica d’arte?
Certamente, un esempio di questo salto temporale è stato il laboratorio sulle Vanitas legato alla mostra di Palazzo Ducale El Siglo de los Genoveses. All’interno dell’allestimento, una stanza era stata ispirata all’iconografia delle nature morte di vanità seicentesche; nello stesso periodo alla fondazione Prada di Milano c’era la mostra di Marc Quinn, artista britannico che aveva esposto un’opera straordinaria, una teca gigantesca, riempita di liquido refrigerante, che conservava un giardino di fiori diversissimi, in realtà tutti morti ma tenuti in vita dal liquido freddo con un risultato concettualmente simile ai dipinti fiamminghi che altrettanto artificialmente riunivano in una sola immagine fiori che in realtà fioriscono in momenti diversi. Opere iconograficamente simili creano in qualche modo una continuità e diventano un interessantissimo spunto di riflessione per un’attività di laboratorio che permette di avvicinare e capire lavori anche molto distanti nel tempo.

Per quanto riguarda le proposte didattiche rivolte alla scuola quali sono le fasce scolari con le quali hai lavorato e quali i differenti approcci adottati?
Solitamente preparo una serie di proposte così strutturate: dalla prima alla terza elementare, dalla quarta elementare alla seconda media e dalla terza alle classi superiori. Con i bambini più piccoli è molto più semplice esprimersi con le immagini poiché disegnano molto facilmente senza troppi tabù riguardo alle loro capacità grafiche; con i ragazzi delle medie e delle superiori mi piace lavorare più sul dialogo e trovo che sul contemporaneo funzioni molto un certo approccio critico; in fondo Munari ha creato un metodo utilissimo, ma legato ad un arte diversa da quella degli anni Ottanta o degli anni Novanta. Non credo che ora si abbia così bisogno del contatto con la materia e con i processi della casualità oppure dell’ordine legati alle poetiche dell’informale ed alle ricerche dell’arte concreta. Personalmente mi interessa un approccio più “freddo” con l’opera per capire e far rielaborare, ma ciò non esclude a priori l’utilizzo di materiali e la creazione di oggetti.

Il puro approccio ai materiali io credo non sia l’unico modo per avvicinarsi all’arte contemporanea, trovo che forse sia più utile come proposta operativa rivolta ai bambini piuttosto che ai ragazzi più grandi…
Infatti, con i ragazzi più grandi si può instaurare un interessante dialogo utilizzando come tramite su cui lavorare tutto ciò che appartiene alla loro cultura visiva e con questo torniamo a film, fumetti, musica, videoclip … Per Arti Visive, mostra di giovani artisti italiani, i percorsi didattici erano più teorici che pratici e se c’era un’esperienza di laboratorio, non era tanto finalizzata alla produzione di oggetti, quanto piuttosto ad illustrare un processo mentale con consapevolezza. Mi interessava fare un lavoro sul concetto di isolamento, di scatola, di chiusura, tema ricorrente in molte delle opere esposte. Così, ai piccoli davo un foglio grigio con una specie di croce che era in realtà lo sviluppo di un cubetto, una piccola stanza. Si chiedeva ai bambini di creare all’interno di questa stanzetta una finestra sulla faccia centrale, scegliere un colore da applicare all’interno e disegnare delle cose a loro particolarmente care, cose che avrebbero voluto tenere con sé se per qualsiasi motivo fossero stati costretti a restare per un lungo periodo dentro questa cameretta. Il rapporto col l’esterno era dato dalle dimensioni della finestra e la scelta di quali e quanti oggetti portare era legata a quelli che sono i feticci della nostra esistenza… ti lascio immaginare quante playstation sono venute fuori … La casetta veniva montata e sistemata in uno spazio allestito all’interno del laboratorio: il risultato era un modellino di città composto da tutte le stanze assemblate, un organismo di cellette che stimolava riflessioni sullo spazio privato e quello pubblico, sull’oggetto, sulla comunicazione. Insomma, in questo caso, la produzione grafica-manuale era solo un pretesto di discussione. Occorre fare un grosso lavoro critico sulle opere, per poterle affrontare sotto molteplici punti di vista e proporre dunque sempre cose diverse in modo che i ragazzi trovino delle letture possibili. Del resto siamo noi contemporanei dell’arte contemporanea gli artefici della lettura dell’opera: la nostra responsabilità è la comprensione.

Era questo che mi interessava capire perché spesso le attività svolte in laboratorio sono caratterizzate da una certa ambiguità, io trovo che qualunque strumento possa essere utilizzato per favorire la comprensione ma devono essere sempre molto chiare le finalità che si vogliono raggiungere…
Io sono per la leggerezza, credo sia necessario sfatare negli insegnanti e nei bambini l’idea che l’arte serva a produrre degli oggettini carini, quindi ben venga il lavoro finalizzato solo alla comprensione piuttosto che alla realizzazione di un manufatto che a volte gli insegnanti leggono come la creazione di un’opera e su questa danno giudizi estetici.

A questo proposito sottolineerei l’importanza che viene dalla formazione dell’insegnantie stesso prima della visita al museo, creare un momento d’incontro tra docenti ed équipe educative del museo è fondamentale per chiarire percorsi, strumenti che vengono utilizzati con un preciso scopo…
Certamente, infatti parte del mio lavoro su Arti Visive 3 partiva da un corso di aggiornamento per insegnanti Il suono e il rumore nelle arti visive contemporanee. Credo che ci possa essere spazio per attività che esulano anche dalla creazione grafico-pittorica, ad esempio in questa mostra collettiva il tema legante era il rapporto tra arti visive, musica e suono e l’attività con i ragazzi partiva proprio da questo; i bambini, dopo aver visitato la mostra in maniera critica, agivano come un piccolo campionatore, ognuno di loro doveva emettere o produrre un suono, questi suoni con frequenze e ritmiche diverse all’interno di uno spazio e di un tempo venivano orchestrati, per creare un “ambiente sonoro”. L’esperienza veniva poi rielaborata a parole dai bambini che venivano inoltre invitati a trovare un titolo per la loro composizione. Occorre fare un grosso lavoro critico sulle opere , per poterle affrontare sotto molteplici punti di vista e proporre dunque sempre cose diverse in modo che i ragazzi trovino delle letture possibili. Del resto siamo noi contemporanei dell’arte contemporanea gli artefici della lettura dell’opera: la nostra responsabilità è la comprensione.


L’approccio ludico all’arte viene utilizzato in molte sezioni didattiche italiane ed estere e io credo sia, come il laboratorio, un mezzo utilizzabile tenendo sempre presenti le finalità che si desidera raggiungere…
Certo è un sistema che può funzionare con un pubblico molto giovane, tutti i mezzi che consentono ai bambini di guardare meglio, indagare, cercare sono fondamentalmente utili. Ciò che si deve insegnare è a guardare, a percepire, a sentire, quale sia lo strumento per arrivare a questo non è importante. Per Arti Visive 3 avevo preparato delle schede rivolte ai bambini under 5 anni accompagnati in mostra dai genitori, era una specie di “caccia al tesoro” che usava la metafora della mostra come foresta, suggestione nata dal carattere volutamente caotico e rumoroso dell’allestimento. Ho creato una specie di fiaba, uno spazio fantastico all’interno del quale i bambini più piccoli potessero muoversi e fissare l’attenzione su alcune opere piuttosto che su altre…

Come hai elaborato invece l’attività didattica relativa alla mostra appena conclusa Kandinsky, Vrubel, Jawlensky?
Nel primo caso, con il laboratorio <i<Guarda i suoni, dipingi la musica l’approccio all’astrattismo di Kandinsky da parte dei giovani visitatori è stato guidato attraverso l’associazione di elementi visuali e sonori e la sperimentazione delle potenzialità espressive del linguaggio pittorico. L’attività è stata costruita sui testi teorici di Kandinsky che dichiarò come la sua conversione alla pittura avvenne durante l’ascolto del Lohengrin di Wagner a Mosca che gli stimolò la visione di linee e colori nello spazio. Durante i laboratori ho fatto ascoltare ai bambini dei suoni, ad esempio un gong o dei timpani. In un secondo tempo, discutendo tutti insieme la forma ed il colore che quei suoni potrebbero avere, hanno provato a trasferirli in forma visuale con pennelli e tempere. Nel corso della visita alla mostra, i bambini cercavano di leggere i quadri come sinfonie cercando così di evitare ogni proiezione di immagini figurative all’interno di composizioni astratte

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interrvista di Barbara Barbantini

[exibart]

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