Il museo, struttura destinata storicamente alla catalogazione e alla conservazione, può diventare la scena di una mimesi finalizzata all’apprendimento? E in che misura il teatro –inteso come drammatizzazione del patrimonio concettuale di cui sono informate le opere custodite- può entrare nei musei?
La tre-giorni di conferenze, incontri e workshop tenuta a Genova, dal 2 al 3 aprile, ha puntato la lente d’ingrandimento su tutte le implicazioni che si incontrano nel nodo stretto fra teatro e museo.
Il convegno (già alla sua seconda edizione), proposto come corso di formazione per docenti di ogni ordine e grado, ha alzato il sipario su un dibattito che, per l’autorevolezza dei relatori e le ramificazioni inaspettate verso le quali si è svolto, interessa tutto il settore della didattica museale e della veicolazione della cultura.
Il progetto, ideato e brillantemente coordinato da Gianni Nosenghi e Graziella Perego, ha radunato nella Sala di Rappresentanza di Palazzo Tursi direttori di musei, politici, teorici e operatori del settore in un dialogo interdisciplinare condotto da Carlo Infante.
Il teatro, nato per espandere una piattaforma di comunicazione, è in grado di attivare una simultaneità delle sollecitazioni intellettuali proprie del museo: il primo è trasformazione là dove il secondo è conservazione. In questo senso la macchina teatrale è in grado di dinamizzare i contenuti (storici, artistici e antropologici) del museo porgendoli in forma interattiva ad un’ampia fascia di fruitori.
Su questa linea si muovono gli artisti che hanno animato i giorni del convegno con alcuni workshop: tra gli altri ricordiamo l’intervento di Renzo Boldrini, fondatore della compagnia Giallo Mare Minimal Teatro, Claudio Cavalli, da anni sperimentatore di “giochi didattici”; Silvio Panini e Paolo Pagliani, della Compagnia Koinè e Maria Lai, che ha connotato la sua produzione artistica più recente con azioni teatrali.
Le esperienze di questi e altri artisti, tutti impegnati in un ambito operativo che si trova in una indistinta zona di confine tra diversi linguaggi, dimostrano come l’approccio dinamico e ludico del teatro riesca, realisticamente, ad avvincere l’attenzione del pubblico ben oltre la soglia dell’osservazione passiva. È l’esperienza che guida la conoscenza, restando fermo il dovere di un’istruzione mirata e preventiva che aggiri il rischio della spettacolarizzazione fine a se stessa. È sempre vero, in fondo, che si vede quello che si conosce.
Altre sessioni del convegno sono state condotte da Loredana Perissinotto, attrice, autrice e regista teatrale, e da Silvia Dell’Orso, saggista e autrice, fra l’altro, di Altro che musei. La questione dei Beni Culturali in Italia.
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