30 gennaio 2009

didattica_consuntivi Patrimoni plurali a Ravenna

 
Educare al patrimonio in chiave interculturale. Ecco le proposte e le attività già tracciate a Ravenna. Il punto sulla situazione in un convegno...

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Il museo non deve dimenticare i “nuovi” cittadini, coloro cioè che, da immigrati, vivono da anni nel territorio e lottano per l’integrazione. Ma come può il museo rendersi attore partecipe di un processo evolutivo fatto di moltissime sfaccettature? Dove può collocarsi? Apre i lavori del convegno ravennate Silvia Mascheroni di Icom Italia, che introduce subito il tema provocatorio degli eventi interculturali che spesso fungono da “vetrina” politica e sociale, dove poco del materiale prodotto e dei progetti iniziati con tanto scalpore vengono poi monitorati e perfezionati a lunga scadenza.
Segue un interessante dibattito tra Simona Bodo, ricercatrice, e Margherita Sani, dell’Ibc Emilia-Romagna, le quali, prendendo ad esempio varie realtà come MapforId (Musei come luoghi di dialogo interculturale) della Regione Emilia-Romagna od Ospiti DONOre della Regione Lombardia, hanno tentato di disegnare un quadro nazionale dei progetti in corso per avvicinare le popolazioni di altre culture, che hanno scelto di vivere in Italia, ai musei e alla loro identità.
Il pensiero corre veloce a una fruttuosa e possibile collaborazione con il settore Servizi Sociali di una provincia o di una regione, che sempre più spesso fatica a individuare progetti che aiutino l’integrazione e il coinvolgimento delle varie etnie nella vita locale. Qui il museo può semplicemente partire dalla propria identità di luogo che si apre ai suoi cittadini e li fa dialogare: proprio perché sono gli oggetti che parlano, non c’è neanche limitazione d’idioma.
Un interessante esempio di museo presentato durante il dialogo è il Castello D’Albertis di Genova, nato dal restauro dell’antica dimora del Conte D’Albertis, appassionato di culture ed etnie di tutto il mondo, di cui ha collezionato centinaia di testimonianze e reperti. Il conte D'AlbertisIn un museo come questo, il solo mettersi “in ascolto” può stimolare nuove visioni sia agli appartenenti a quelle antiche culture, sia e soprattutto a chi di quelle culture non hai mai sentito parlare. Un uso appropriato e diversificato degli oggetti può essere gestito a seconda del risultato che si vuole ottenere, come formare nuovi mediatori museali o semplicemente rafforzare il concetto d’identità in un gruppo di lavoro.
Il progetto A Brera anch’io, esposto da Emanuela Daffra, è invece arrivato al quarto anno dalla sua prima sperimentazione, dedicato agli alunni di scuola primaria e secondaria e alle loro famiglie, sviluppato in due tematiche diverse: il cibo e la memoria. Grazie a questi spunti, tutti sono chiamati alla compartecipazione delle esperienze e alla riscoperta degli oggetti e del loro valore.
A vision of my own è un progetto presentato da Francesca Togni del dipartimento educativo della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo: grazie al coinvolgimento di giovani studenti di scuola superiore e al lavoro comune sul viaggio, l’identità e la riflessione sul presente, il risultato sono stati tre video-ritratti, girati sullo sfondo dello spazio espositivo della fondazione; autobiografie per immagini di momenti legati all’arrivo in un Paese straniero e al percorso a ritroso, fino a riscoprire le proprie origini. I video sono commoventi, divertenti, autoironici e a tratti anche tragici. Attraverso gli stessi protagonisti dei racconti e grazie ai loro occhi, il messaggio arriva come un macigno, accompagnato da musiche coinvolgenti e coreografato dalle installazioni della Fondazione.
Infine, Giovanna Brambilla Ranise ha esposto il progetto di formazione per mediatori museali alla Gamec di Bergamo, dedicato a immigrati stranieri con la voglia di mettersi in gioco e fare da voce di raccordo fra la loro comunità e il museo testimone di culture diverse. Il progetto è riuscito a portare centinaia di persone a visitare le esposizioni, con visite guidate in lingua madre e workshop.
Il Centro Studi Africani di Torino
Di nuovi interpreti ha parlato anche Anna Maria Pecci del Centro piemontese di Studi Africani, che ha sviluppato un progetto per mediatori di patrimoni interculturali, il quale ha tra gli obiettivi finali anche quello di una mostra “collaborativa” realizzata da tutti i partecipanti. Ogni partecipante al corso si è trovato a scegliere uno degli oggetti del museo per parlare della propria cultura e, fra un’incertezza e un sorriso, gli oggetti si sono trasformati essi stessi in mediatori culturali.
Come comprendere, dunque, questa “contemporaneità”? I progetti sono davvero variegati e validi, ma ancora insufficienti e forse legati soltanto alla “cordata magica” dei musei e degli Istituti dalla Toscana verso Nord. Eppure, anche i centri più piccoli continuano a rivelarsi miniere di culture e abitudini differenti, da cui poter “egoisticamente” attingere con forza. Per migliorare la nostra visione spesso standardizzata del museo e delle sue collezioni.

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vissia lucarelli

la rubrica didattica è curata da annalisa trasatti


Corso Scuola & Museo 2008 – Patrimoni Plurali
a cura del Sistema Museale della Provincia di Ravenna – Settore Beni e Attività culturali
Info: tel. +39 054435142; fax +39 054435245; sistemamusei@mail.provincia.ra.it; www.sistemamusei.ra.it

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