Categorie: didattica

didattica_interviste | Chialab

di - 31 Marzo 2006

Come e quando siete nati?
La nostra storia inizia alla fine degli anni ’70. Dopo aver frequentato il Dams, seguendo l’indirizzo di progettazione di Tomas Maldonado con docenti come Anceschi, Eco, Marcolli, e Calabrese, mi sono avvicinato alla cultura del progetto, alla grafica, all’illustrazione e al fumetto. Tra il 1987 e il 1989, durante la produzione della rivista Dolcevita, ha preso forma l’idea di un laboratorio. Nel 1995 è nato il marchio Chialab: diverse estrazioni culturali (Estonia, Germania, Svizzera, Italia) ed eterogenee competenze progettuali si integrano in un gruppo. Oggi siamo 14 persone che condividono l’idea originaria del laboratorio, la passione dell’esperimento continuo, la pratica del progetto come attività quotidiana orientata alle necessità dell’uomo.

L’approccio e la visone che c’è dietro i vostri progetti.
Oggi progettare è una sfida culturale. Rifiutiamo nella maniera più radicale questa impostazione che riduce il progetto alla verifica dell’applicabilità di misurazioni quantitative. Rivendichiamo invece una progettazione basata sul sentire in prima persona, sull’interrogarsi continuo riguardo ai più profondi intendimenti che ci orientano, sull’errore, il vuoto, le relazioni mutevoli, l’assimetria, la semplicità, la non ostruzione, la precisione, l’attenzione al dettaglio…
Ci piace pensare il design come una filosofia pratica, un pensiero cosciente che unifica nel fare scienza, tecnologia, arte e politica. Forse è un sogno o forse è solo una spinta che ci orienta nelle nostre azioni.

A quando risale il vostro primo progetto o collaborazione in ambito artistico? Ci sono artisti moderni o contemporanei che vi hanno ispirato?
Non è facile per noi attribuire un significato preciso a quello che chiami ambito artistico. Rimaniamo, anzi, affezionati all’idea che sia proficuo mantenere sfocate tutte le linee di separazione tra cosa dovrebbe considerarsi di ambito artistisco e cosa no. Dunque, potrei rispondere che abbiamo iniziato contaminando la Galleria d’Arte Moderna per Bologna con una mostra di illustrazione per ragazzi, o con un libro di educazione artistica o con l’allestimento di un evento con Kim Sooja. Ma l’unica vera risposta è che abbiamo iniziato nel momento stesso in cui abbiamo deciso di cimentarci in progetti di comunicazione visiva, di qualunque tipo, che suscitassero il nostro interesse. Artisti? Potrei nominare Rothko, Malevic, De Staël e Caporossi. Fra i tantissimi…

Punti d’arrivo per la complessità dei progetti e i destinatari sembrano essere i due siti Didart.net e Arte&Immagine. Quali le novità e i punti forza di entrambi?
Speriamo siano per noi solo punti di partenza. I due siti sono stati progettati nell’intento di sperimentare un’interattività evoluta, emancipata, dove la navigazione può esser una scoperta. Nel caso di Arte e Immagine, si è sperimentato l’affiancamento di uno strumento web al testo cartaceo sfruttando le peculiarità del mezzo. Sulla stessa linea è stato realizzato il sito e-piuma che ha permesso alla Zanichelli di rendere più leggeri i libri trasferendo dei contenuti sul web. Il sito Didart, legato al progetto Case d’artista, è uno esperimento inedito che coinvolge 6 musei d’Europa, offrendo nuove modalità propedeutiche nel campo della didattica per l’arte.

A Bologna siete oramai soliti invadere anche la città con allestimenti di mostre in vari spazi (Sala Borsa, Fiera del libro, Gam), mentre per il progetto Didart.net avete ideato case d’artista da far viaggiare in tutta Europa. Prossimi progetti?
Progetti ne abbiamo moltissimi: proprio a partire dall’idea che fare il nostro ambiente è fare noi stessi, ci piacerebbe intervenire in ambienti dove l’informazione e la comunicazione visiva incide sul comportamento delle persone (musei, grandi magazzini, scuole, aeroporti, ospedali). Per noi sarebbero spazi ideali per informare e comunicare, ma la nostra volontà si scontra spesso sulla difficoltà di comprendere le potenzialità sociali e culturali della comunicazione visiva da parte dei committenti. Unico modello di riferimento è quello della pubblicità ma non sempre si hanno da vendere prodotti, a volte si tratta di qualcosa di più sottile: le idee che abbiamo su noi stessi, il mondo che vorremmo…

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