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nell’Arte?
Il progetto Incontrarsi nell’Arte nasce nel 2004 dopo una lunga
sperimentazione e riflessione, dall’incontro tra gli studi di impostazione
tradizionale delle discipline storico-artistiche e dall’esperienza delle
discipline di yoga e meditazione maturata presso l’Associazione Culturale Asia
di Bologna, e si rifà al metodo didattico Sentire l’Arte messo a punto dalla storica
dell’arte ed esperta di didattica Silvia Gramigna, che è stata direttrice
presso la Soprintendenza ai beni storico-artistici di Venezia, anche lei
allieva del fondatore dell’Associazione Culturale Asia, Franco Bertossa.
L’Associazione Asia ha al suo interno sia un centro studi che una sezione
educativa che, da dieci anni, si occupa
di tradurre e integrare la cultura orientale con quella occidentale in ambiti
culturali diversi.
Qual è l’aspetto più innovativo del metodo rispetto
all’analisi dell’opera d’arte, estrapolato dalla cultura orientale?
Tutti siamo d’accordo che vedere una mostra o entrare in
un museo ci emoziona in quanto le emozioni e il sentimento sono uno degli
aspetti fondamentali dell’arte. Nell’arco della mia esperienza professionale mi
sono sempre interrogata su come le emozioni e i sentimenti giocassero un ruolo
importante nella conoscenza dell’arte, e di come l’aspetto sentito fosse difficile da restituire in
modo corretto e consapevole, senza creare fraintendimenti rispetto al
significato originale dell’opera. La chiave per affrontare questa domanda l’ho
avuta proprio dalla filosofia orientale, dove le emozioni vengono analizzate e
contestualizzare all’interno del proprio corpo, trovando una precisa
corrispondenza in quelli che vengono indicati come luoghi del sentire. Questi luoghi vanno intesi è interpretati come
la capacità di ascoltare se stessi, seguendo
una fenomenologia esperienziale che parte da tre domande principali: cosa
sento, dove lo sento, e perché lo sento. Attraverso queste domande guida si
procede alla lettura dell’opera in modo progressivo, unita all’interpretazione
occidentale dello stile, della cromia, della collocazione spaziale delle forme,
del tema e del significato dell’opera scelta.
Potrebbe descriverci brevemente una lezione tipo di Incontrarsi
nell’Arte?
Sarà difficile, ma provo comunque a descrivere
sinteticamente un incontro con una classe della seconda elementare. Un aspetto
basilare dell’incontro è costituito dalla preparazione all’osservazione
dell’opera, dove si affronta il tema delle emozioni. Spesso resto sorpresa
dalla capacità che i bambini hanno di saperle riconoscere e nominare, però nel
momento in cui chiedo loro: ma dove sentite le vostre emozioni? Non sanno più
rispondere, qualcuno dice: “Mi sembra nella testa”… Questa risposta assume per me un
grande significato educativo. Se parliamo infatti dell’arte come mezzo per
comunicare un significato, diventa importante la consapevolezza che le emozioni
non possono essere solo accorpate in due grandi categorie del sentire: mi piace
o non mi piace. Per distinguere e comprendere meglio i passaggi – tra il fatto
che sentiamo, che ci sono emozioni e sentimenti significativi e che ci sono
luoghi all’interno del nostro corpo dove sentiamo, e che tutti questi elementi
sono in stretta relazione – disegniamo su un foglio la figura di un bambino a
grandezza naturale. La figura che ne scaturisce sarà chiamata amico io, in modo che possa rappresentare
visivamente ognuno dei partecipanti; in genere questa fase per loro è molto
coinvolgente perché tutti si sentono protagonisti.
E poi?
Continuiamo il nostro percorso mettendoci seduti davanti
al quadro. Dapprima viene guidato un rilassamento per aiutare i bambini a
mantenere l’attenzione su se stessi, per essere poi guidati a osservare l’opera
e dire le emozioni emerse, indicando dove le hanno sentite all’interno del loro
corpo. Le emozioni espresse vengono riportate all’interno dell’amico io. A conclusione troveremo tracciato
un vero e proprio percorso emozionale che analizzato ci conduce a leggere l’opera nella sua
complessità, ovvero comprendendo nella sua trama anche il livello storico
(periodo e artista), tematico (religioso, mitologico, naturalistico ecc.),
stilistico e cromatico, in modo da poter comprendere il significato integrale
dell’opera. Il significato esteso della rappresentazione figurativa assume per
i bambini vera e propria valenza di metafora della vita, e così l’opera diventa
un’occasione di crescita condivisa. Per questo un incontro che mette al primo
posto l’ascolto di se stessi non si conclude mai all’interno del solo museo.
Quali sono le vostre proposte e a chi vi rivolgete?
Le nostre proposte sono
strutturate soprattutto su percorsi museali e mostre con una formula diversa
dalla tradizionale visita guidata; normalmente si sceglie una sola opera, su
cui si costruisce un percorso laboratoriale, perché siano messi in atto tutti
quei criteri di educazione al proprio sentire di cui ho parlato nell’esempio,
ovviamente adattato ai diversi pubblici. Ad esempio, con i bambini nella fascia
di età delle elementari e medie, sia come classi che come utenza libera, si
possono attuare una serie di soluzioni didattiche e di linguaggio più ludici,
mentre saranno variate per gli adolescenti, e assumeranno contorni ancora
diversi per i ragazzi universitari, coi i quali si opereranno approfondimenti;
ancora diverso è l’approccio con gli adulti. Però il criterio di ascolto di se
stessi non varia; ci tengo a dire che i principi vengono sempre rispettati e
accuratamente seguiti, mentre i contenuti sono costantemente adattati alle
diverse fasce di età.
Quali sono le specificità e gli stimoli di lavorare
fuori da sedi istituzionali e quali sono i vostri rapporti o con queste?
Sicuramente, lavorare come esterni alle sedi museali ci
rende aperti e liberi di spaziare e prendere il meglio di ogni ambito, non
essendo vincolatati a una particolare collezione. La collaborazione con i musei
della città di Bologna è ottima e apprezzano molto questo modo nuovo di ascoltare l’arte. Gli operatori museali
spesso si complimentano nel vedere gruppi di bambini e ragazzi restare
concentrati davanti a un quadro per un tempo molto lungo, in un atteggiamento
interessato e compatto. L’aspetto dello yoga unito all’arte, però, non soltanto
affascina, ma a volte anche intimorisce, e qui sta la criticità: comprendere
infatti l’aspetto più specifico che riguarda appunto la relazione con il proprio
sentire non è
senza difficoltà. Questo è pienamente comprensibile in quanto la nostra cultura
non ha confidenza con questo tipo di interpretazione filosofica, mentre
risultano chiari gli aspetti inerenti al rilassamento, alla concentrazione, al
fatto che prima di iniziare ad osservare un’opera si chiudono gli occhi per
riattingere alla propria dimensione interiore. Noi siamo impegnati proprio nel
dialogo su questo confine: far dialogare la dimensione sentita, interpretata
secondo la tradizione orientale, con la dimensione culturale e di conoscenza
secondo la cultura storico-artistica occidentale.
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Info: www.asia.it
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