Accolti
in una prima stanza della mostra, dalla luce fioca, i bambini sono invitati ad
ascoltare i racconti del fuoco, camminando e facendo cerchio intorno alla rossa e
misteriosa Divinité di Max Ernst. Vista l’importanza della narrazione e della lettura in tale
metodologia educativa, nella fruizione dell’opera d’arte tutti i testi, letti
ai bambini, sono tratti da fonti scientifiche, da letteratura scelta e adattata
per il percorso, ma con un linguaggio dal registro sempre “alto” e scientifico. Infatti,
anche davanti al Cratere con Aurora e alla Testa del Sole, il fuoco continua a raccontare le
sue affascinanti storie, innescando il binomio stupore-meraviglia, basilari per
questo approccio all’oggetto artistico; attraverso la mitologia, il fuoco ricorda
la figura di Fetonte, narra con Previati delle sue figlie, le Ore, accenna agli episodi
legati a Zefiro, a Psiche e a Prometeo… I piccoli e gli adulti, silenziosi,
ascoltano affascinati tutte le “parole” del fuoco e custodiscono in mano il
delicatissimo e splendente “raggio di Sole”, donato a ognuno dall’operatrice,
proprio perché, come ricorda Fiorenza Mariotti, il Sole è luce e calore.
Davanti
alle opere di Batoni e Warhol
viene narrata la suggestiva storia della fucina di Vulcano e, poco dopo,
l’educatrice fa passare e toccare a ogni bimbo la “lacrima del vulcano” (pietra ossidiana); sempre silenziosi, i piccoli e i grandi stringono gioiosi e
incuriositi l’oggetto, suggestionati dai mille segreti in esso custoditi.
Origine del fuoco (sfregamento, fulmine o eruzione vulcanica?) e stratagemmi
con cui l’umanità imparò a usarlo e a custodirlo vengono esplicitati
visivamente attraverso un piccolo e prezioso “museo portatile”, a mo’ di libro,
contenente legnetti, fascine, cenere, foglie secche, carbone che l’operatrice
mostra ai bambini illustrando loro il contenuto. Il
percorso si chiude, tutti seduti, davanti alla Vestale di Canova con le “parole donate” (crepitare,
scoppiettare, bruciare, infiammare, splendere ecc.) che ognuno dei partecipanti
deve leggere, a turno, ad alta voce, in quanto “nel focolare la fiamma
crepita e scoppietta. È la voce del fuoco!” e “tante sono le parole del fuoco”. Sempre
a Palazzo Reale e con lo stesso gruppo di lavoro, nonché metodologia, è stato
ideato il percorso educativo Segni & Sogni, pensato per la mostra L’avanguardia
tradita. L’attività,
stavolta, inizia nella Stanza didattica, allestita con una scenografia molto
suggestiva: un elegante e dorato armadio (scrigno dei segni e dei sogni), una
tela luminosa e un vassoio in vetro contenente sabbia; qui le “parole
ascoltate” narrano di come Dorfles abbia trasformato il “segno” in tante storie, in tanti
mondi, ove colori, forme, linee e punti si sono incontrati per dar origine a un
gioco di “liberi paesaggi del disordine e della fantasia”.
Con
un piccolo gesto i partecipanti sono invitati dall’educatore a tracciare con un
dito, nel vassoio di sabbia, il proprio “segno” e, quindi, un po’ a costruire
il proprio “sogno”, che lascia presto spazio a tanti altri universi, simili,
diversi e fantastici; è lo stesso Dorfles a raccontare: “Ho disegnato da
sempre anche sulla sabbia delle spiagge, in estate”. A ogni racconto narrato segue
lo svelamento di un oggetto affascinante, attraverso l’apertura di un’anta
dello “scrigno magico”, in cui si vedono i segni e gli strumenti per di-segnare
e immaginare: spirale, S greca, lemniscata, ameboide, uovo, colori in polvere,
pennelli, matite, colla, acqua, acquerello. Tutti potenziali ingredienti con
cui creare spazi della fantasia, incontri di poesie colorate e possibili. In
mostra, davanti alle opere, il percorso prosegue con la lettura di alcuni testi
e delle parole dell’artista, dedicati allo sviluppo immaginabile, improbabile,
impertinente della linea che si fa ghirigoro, spirale, “mirabile invenzione”, motore della fantasia e di
disegni sognati. I doni lasciati in ricordo ai bimbi sono un cartoncino bianco srotolabile,
contenente le linee e i segni osservati, tracciati a china nera, nonché, come sempre,
un bellissimo catalogo a ognuno.
Anche
in questa attività, come in tutti i percorsi di Mariotti, tale momento
conclusivo è di fondamentale importanza, perché sottolinea e ribadisce
l’attenzione che la sua metodologia offre a ogni bambino, dall’inizio del
percorso fino alla fine; tutti, infatti, ascoltano le stesse parole, sono
invitati ad agire in egual misura, e, soprattutto, a vivere la stessa
esperienza senza sentirsi esclusi o troppo timidi per rispondere alle
sollecitazioni. La
validità di questo approccio all’arte consiste proprio in una sorta di
coraggioso superamento del concetto classico di “laboratorio”, sostituito da un
“fare” che diviene ascolto e, talvolta, piccolo gesto-interazione agito davanti
all’opera o nella Stanza didattica, luogo dell’ammaliamento, dove i bambini finalmente trovano
un ambiente accogliente, silenzioso, in cui sono donati loro uno spazio e un
tempo per sognare ed essere davvero “piccoli”. articoli
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La
recensione della mostra sul Fuoco
gisella vismara
la rubrica didattica è diretta da annalisa trasatti
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