Categorie: didattica

dipartimenti_educativi | GaMeC: un museo di tutti

di - 26 Giugno 2007

Da quanto è attiva e come è nata la Sezione didattica della Gamec?
I Servizi Educativi della GAMeC nascono come Sezione Didattica nel 1994, ma sin dalla sua nascita, nel 1991, la GAMeC porta avanti attività didattica con un gruppo di guide provenienti dall’Accademia Carrara. A queste se ne aggiungeranno altre, nel 1999 e nel 2004, in sguito a concorsi seguiti da un periodo di formazione. Attualmente i Servizi Educativi della GAMeC contano 70 educatori museali, di cui 40 operativi, con specializzazione sulle diverse tipologie di utenti del museo: dai bambini agli adulti, dai portatori di handicap ai migranti.

Qual è la vostra metodologia didattica e a che pubblici vi proponete?
Ci basiamo su una didattica di tipo costruttivista, declinata in modalità diverse a seconda dei pubblici a cui ci rivolgiamo. Perno dei percorsi è sempre la GAMeC, la comprensione del museo e una didattica strutturata sulle opere. Il patrimonio culturale diventa, di volta in volta, luogo di incontro con l’arte, stimolo per approfondimenti, strumento di cittadinanza attiva e partecipata, o strumento di integrazione e promozione sociale. Lavoriamo su quelli che sono i pubblici tradizionali dei musei, dalle scuole alle famiglie, dalle università alle associazioni ed alle biblioteche, ma accanto a ciò siamo molto attivi nei confronti dei non pubblici, cioè di tutte quelle persone che, per motivi di formazione, cultura, per motivi economici o fisici non hanno alcuna consuetudine con il museo. Mi riferisco ai giovani, ai migranti, al carcere, alla scuola in ospedale, ai non vedenti, ai non udenti ed ad altre tipologie di disabilità.

Un progetto a voi molto caro, ma soprattutto realmente innovativo, è quello che vi vede promotori di un concetto molto importante quello del “Museo come luogo di formazione all’integrazione”? In cosa consiste e quali sono gli sviluppi previsti?
L’idea di Museo come luogo di formazione e integrazione è un concetto che viene portato avanti in Italia, con notevole ritardo rispetto al panorama europeo, dal 1999 (cfr. ricerca di Simona Bodo e Cristina da Milano per il centro di ricerca ECCOM). Il Museo, da allora, è chiamato a rendere conto della propria esistenza nei confronti della cittadinanza, e non solo di quel ristretto numero di persone che vi accedono abitualmente. Individuato così nel Museo un importante vettore, insieme alla scuola, di cultura, integrazione e cittadinanza, va ribaltata l’ottica. Non bisogna più chiedersi perché alcune persone, o gruppi, non vengono in Galleria, ma perché, invece, dovrebbero venire, visto che per loro il museo è un luogo invisibile o inaccessibile.
Di qui la scelta di una serie di strategie per coinvolgere i cittadini nella vita della GAMeC. Da questo punto di vista diventa importante l’ultima iniziativa avviata: quella di formare dei mediatori museali, tutti migranti, cioè non autoctoni ma residenti sul territorio, e migrati qui per motivi di lavoro o perché rifugiati. I 40 iscritti al nostro corso provenivano da 26 Paesi diversi, tutti fortemente motivati ad iniziare un percorso che valorizzi la ricchezza della loro specificità culturale mettendola al servizio del patrimonio artistico del Museo.
I mediatori museali saranno chiamati ad aprire le porte dell’arte a tutti i connazionali, effettuando visite guidate gratuite, pagate dalla GAMeC, in lingua madre. In questo modo, garantendo la gratuità dell’ingresso, evitando le difficoltà e le mistificazioni delle traduzioni, valorizzando le diversità culturali, la GAMeC potrà diventare luogo di cittadinanza culturale attiva e partecipata.

Tale progetto rientra, in una ben più ampia politica culturale che dal 1999 vi vede attivi nel garantire il diritto all’accesso al Museo nella sua triplice valenza: economica, culturale e fisica? Come ci siete riusciti e quanto tale “scelta di campo” è stata promossa dai Servizi Educativi, all’interno dell’Istituzione GaMeC?
La scelta di campo, legata all’art. 27 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo (che sostiene il diritto di ogni cittadino a godere dei beni culturali), ci porta a lavorare sull’accesso fisico, economico e culturale della GAMeC. Dall’abbattimento delle barriere architettoniche, alla gratuità degli ingressi per scuole, disabili, gruppi a rischio di esclusione sociale, alla predisposizione di strumenti gratuiti per accedere in autonomia alle collezioni, abbiamo fatto delle scelte che possiamo portare avanti in quanto fortemente sostenute e condivise dalla direzione della GAMeC, senza il cui appoggio sarebbe impossibile una progettazione sull’accesso non estemporanea ma a lungo termine.

Come vede l’attuale panorama dei servizi educativi nazionale?
Purtroppo l’attività didattica dei Musei è spesso non organica. Ridotta alle visite guidate, o data in appalto a esterni senza una specifica formazione e un coordinamento diretto da parte di un responsabile, questa importante funzione dei Musei è in Italia ancora debole. Ci sono, certo, istituzioni forti su questo fronte, dai Musei di Genova alla rete museale di Torino, a Bologna, ma stenta spesso ad affermarsi l’idea di un museo che sente come dovere quello di garantire l’accesso culturale a tutti i cittadini. La strada, quindi, è ancora lunga, ma l’impegno di tutti coloro che credono nella valenza educativa del museo darà certamente buoni frutti, sul medio-lungo periodo.

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intervista a cura di annalisa trasatti


<iGAMeC Bergamo: Via San Tomaso, 53 24121 Bergamo. Responsabile Servizi Educativi Dr. Giovanna Brambilla Ranise tel +39 035 270272, fax +39 035 236962 – www.gamec.it

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