Che ruolo ha il Dipartimento Educativo nella mission della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo?
Educazione e Formazione sono le parole con le quali la Fondazione sin dalla sua apertura ha precisato il proprio rapporto con alcune specifiche fasce di pubblico. Parliamo sempre di pubblici ed è proprio questa pluralità che determina metodologie, progetti e offerte articolate, pensate per diversi tipi di relazioni: con i bambini, i ragazzi, i giovani, la scuola e gli adulti. Il Dipartimento educativo si occupa quindi di rispondere a queste “differenze” con una progettualità originale che si rinnova a ogni mostra, possiamo dire a ogni incontro con chi entra in Fondazione, in gruppo o singolarmente.
Voi state percorrendo una strada ancora poco battuta in Italia, (penso all’Art-kit e alle figure dei Mediatori culturali), quella dell’accoglienza e dell’educazione permanente anche dei pubblici adulti. Com’è nata l’idea?
È nata fin dal 2002, dalla constatazione che fosse riduttivo affidare unicamente alla frontalità un po’ rigida della visita guidata il rapporto con gli adulti. Si è quindi privilegiata una relazione vis à vis con il visitatore, pensando alla mostra come a un luogo dove è possibile discorrere, camminare fra le opere e parlarne. È vero, questo tipo di metodologia è ancora molto rara in Italia e i modelli con i quali ci confrontiamo sono europei, francesi e anglosassoni in particolare.
I mediatori culturali, sempre presenti negli spazi espositivi della Fondazione, indossano una t-shirt sulla quale compare un elenco di parole che riassume l’insieme delle loro funzioni: guardare, raccontare, ascoltare,
Stanno appunto nel mezzo, tra le opere e il pubblico; informano, raccontano della mostra e degli artisti e predispongono un contatto più diretto tra il visitatore e l’arte contemporanea. L’Art-Kit, ideato nel 2002 dalla critica d’arte Emanuela De Cecco, è uno strumento fatto per interrogare l’opera. Sapersi porre una domanda può essere infatti una prima efficace chiave di accesso. È tascabile e assomiglia ad un campione di colori Pantone: 10 colori, 10 domande, 10 approfondimenti. Il titolo dell’opera, la posizione che occupa nello spazio, i colori, il tempo che richiede per essere guardata, la storia che racconta. Può essere usato insieme ai mediatori, ma anche individualmente.
Quali sono le altre iniziative e proposte che questa metodologia presuppone?
Innanzitutto la formazione dei mediatori, che sono un gruppo di giovani laureati all’Università e all’Accademia. Curata dalla Fondazione stessa, la formazione avviene mostra per mostra e attraverso workshop dedicati al metodo, all’analisi e al confronto. È in occasioni di questo tipo che sviluppiamo nuove idee ed esperienze da proporre al pubblico adulto. Per la forte prossimità che stabiliscono con i visitatori, i mediatori rappresentano un ottimo osservatorio qualitativo, una fonte di informazioni utili anche per gli altri dipartimenti della struttura. Un’altra iniziativa curata dalla Fondazione è il ciclo Appunti. Arte contemporanea dal dopoguerra al XX secolo, aperto in ottobre a Villa Remmert a Ciriè. Si tratta di cinque mostre, da qui sino al 2008, che procedono decennio per decennio, pensate per accompagnare gradualmente il pubblico sino alle ricerche attuali. Opere di rilievo e intorno le parole degli artisti, le fotografie che li ritraggono al lavoro, documentari e molti materiali didattici e, in parallelo, un ciclo di lezioni dedicate ad arte e cultura.
Come vivete il ricco e vivace panorama torinese che vi circonda e in che cosa vi differenziate?
Il sistema dell’arte torinese è un ambiente ideale per operare poiché, soprattutto negli ultimi anni e grazie alle strategie messe in campo dalle Istituzioni e dalla intensa relazione tra Pubblico e privato, si può davvero parlare di una rete attiva e propositiva. Ci sono state occasioni in le relazioni si sono trasformate in un progetto condiviso, come nel caso della Triennale T1, nel 2005. Il confronto è sempre un’occasione di stimolo e di crescita. Restando nell’ambito del Dipartimento didattico, la Fondazione si differenzia proprio per ciò che abbiamo sopra descritto: l’attenzione verso gli adulti, la formazione di nuove figure professionali, la creazione di nuovi strumenti.
Progetti futuri o novità in vista?
Il Dipartimento educativo e i mediatori stanno lavorando sul tema che farà da filo conduttore della prossima stagione espositiva: l’ambiente.
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intervista a cura di annalisa trasatti
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