Che rapporto c’è tra la nozione di “opera d’arte” e quella di “bene culturale”? La tutela offerta dalla legislazione sui beni culturali riguarda ogni opera d’arte? Non sempre. Vediamo perché.
Il Sottosegretario ai Beni Culturali Vittorio Sgarbi, intervistato più volte da la Repubblica, riguardo ad un suo ipotetico coinvolgimento, almeno morale, quale esperto e garante di Telemarket nell’affaire della vendita delle supposte false opere di Michele Cascella, afferma a sostegno della tesi dell’insussistenza o quanto meno della natura bagattellare del reato ascritto a Giorgio Corbelli che : “I carabinieri hanno scambiato il falso con la riproduzione. Ogni litografia è una riproduzione e che la tiratura sia limitata o illimitata è questione diversa dal falso. Tra l’altro la nostra amministrazione non persegue i duplicati ma i falsi di opere che hanno più di cinquant’anni di vita“.
Ritornando all’affaire Telemarket, dalle dichiarazioni dell’on.Sgarbi sembra che siano state realizzate delle “riproduzioni” su fogli in bianco firmati dallo stesso Cascella prima di morire. La firma, che è per le opere d’arte l’elemento identificante, sarebbe quindi autentica, mentre il contenuto grafico pur essendo stato realizzato una volta morto l’artista, non dovrebbe essere diverso dalle opere realizzate quando l’artista era in vita, essendo generalmente queste opere d’arte, riproduzioni seriali affidate a terzi. In sostanza in questi casi l’artista con la sua firma e l’indicazione della tiratura effettuata, garantisce l’acquirente sulla paternità dell’opera e sul suo potenziale valore.
L’aspetto più interessante di questa vicenda è in fondo però lo sconcerto di molti nell’apprendere che un’opera d’arte che non abbia più di cinquanta anni non possa essere ritenuta un bene culturale, ritenendo erroneamente che le due espressioni dovessero essere coincidenti. Questo infatti detta il senso comune.
Le opere di Picasso dell’ultimo periodo non sarebbero quindi vere “opere d’arte” per il T.U.?
Cosa curiosa. Il fatto è che la legislazione sui beni culturali nasce con una precipua funzione di tutela. La legge “Bottai” del ’39 fa propria una concezione “estetizzante” secondo la quale la tutela è accordata solamente a quei beni che avessero avuto particolare pregio, rarità, o fossero di non comune bellezza. Quindi i beni culturali protetti non coincidevano con l’intero patrimonio culturale nazionale e comunque questo era un grandissimo passo avanti rispetto al vuoto del passato. La definizione normativa della nozione di “bene culturale” appare per la prima volta in realtà soltanto nel d.lg. 31 marzo 1998 n.112, in cui si afferma (art.148) che sono beni culturali “quelli che compongono il patrimonio storico, artistico, monumentale, demoetnoantropologico, archeologico, archivistico e librario” e che parimenti sono beni culturali gli “altri (beni) che costituiscono testimonianza avente valore di civiltà così individuati in base alla legge”. Una definizione che chiaramente recepisce almeno in parte le risultanze della Commissione Franceschini del 1964, che tanto seguito aveva avuto sul piano delle discussioni dottrinali fino a quel momento.
Essa aveva individuato quale punto di partenza l’idea di bene culturale quale testimonianza materiale avente valore di civiltà, anche indipendentemente dal suo valore artistico.
Il Testo unico sui beni culturali in vigore adotta così una sorta di “non definizione” di bene culturale che recupera in fondo come nucleo centrale l’impostazione della legge 1089 del ‘39, aggiungendo altre categorie di beni in parte già oggetto di disciplina normativa. E viene inoltre ribadita la disposizione secondo la quale “non rientrano nella disciplina del T.U. le opere di autori viventi o la cui esecuzione non risalga ad oltre cinquant’anni”. Il motivo dovrebbe essere quello di evitare di limitare la commercializzazione delle opere, che specie per l’artista vivente costituirebbe una indebita compressione dello sfruttamento economico del suo ingegno. D’altronde a ben vedere la tutela dei beni culturali opera soprattutto sul piano dei vincoli alla conservazione e alla vendita, mediante comunicazioni, controlli incrociati e quant’altro, di modo che la non inclusione delle opere d’arte contemporanea nel novero dei beni culturali non dovrebbe avere alcuna conseguenza sul piano del prestigio culturale dell’opera stessa.
Eppure bisognerebbe considerare che la nozione di “bene culturale” non ha di per sé una connotazione qualitativa esclusiva, e che l’opera d’arte è e rimane fondamentalmente un’opera dell’ingegno umano, tutelata dal diritto d’autore sin dalla sua creazione, e che godrà, trascorso un certo numero di anni, semplicemente di ulteriore tutela.
leggi il Testo unico beni culturali Decreto legislativo 29 ottobre 1999
articoli correlati
Telemarket, “migliaia di falsi”. In carcere il patron Corbelli
Anche il Baffo Roberto parla d’arte
Legge ‘del due per cento’: ipotesi di riforma
link correlati
Sgarbi: “Reato insignificante
la riproduzione non è un falso”
Sito di Telemarket
Molte delle foto a corredo dell’articolo sono tratte dal seguente sito di falsi d’autore, che qui si ringrazia.
Ugo Giuliani
[exibart]
In occasione della mostra UPLANDS&ICONS, che inaugurerà il prossimo 6 dicembre a Biella, Steve McCurry ci parla delle emozioni dietro…
La Fondazione Galleria Milano presenta la mostra dedicata alla pittura di Sandro Somarè, inaugurando l’Archivio e il catalogo ragionato di…
Irene Coppola ha vinto il premio di Scultura Ca’ del Bosco, con una installazione site specific per l’azienda vinicola nel…
Il ritratto di Antonietta Gonzales è stato acquisito dal National Museum of Western Art di Tokyo. A marzo era in…
Al Rothko Museum di Daugavpils, in Lettonia, una mostra dell’artista argentino Ernesto Morales: 30 opere per indagare il mistero universale…
Se il Pompidou di Parigi chiude, la sede di Metz festeggia 15 anni con una super mostra curata da Maurizio…
Visualizza commenti
Sono appena stata a vedere il sito di Telemarket (in piena attività!).
Vendono anche quadri del '400 '500. Ma dico vi sembrano autentici? Rassomigliano per caso vagamente a qualche cosa che si vede nei musei in cui siete stati? Diciamo la verità, sono delle croste spaventose...e i prezzi? Uno costa 213 milioni di lire! Un'altro 60 milioni.
Per fortuna però esiste una prestigiosa perizia. Quello da 60 milioni è per il prof. Vittorio Sgarbi "uno pseudo Bramantino" (acciderba!una garanzia...), l'altro da 213 mln è invece "Attribuito a Marco D'Oggiono" (allora stacco l'assegno a colpo sicuro!'cidenti! E' attribuito...).
Un pensiero soltanto mi frena: C'è un mio amico che fa degli pseudo-raffaello, pseudo-rubens ecc. per molto meno (2-3 milioni), e vi assicuro che fanno miglior figura...ma certo, se proprio vi volete fare del male....
Su questa vicenda c'è molta confusione e non tutti sono adeguatamente documentati, vorrei ricordare che Telemarket tramite la quale io artista vendo le mie opere è un mezzo che offre serietà e garanzie assolute, porta l'arte e gli artisti italiani nei musei di tutto il mondo, ha circa quattrocento dipendenti e numerosi collaboratori esterni i presentatori sono tutti critici d'arte, periti o laureati, cosi come sono laureate le centraliniste che rispondono alle persone. Questo solo per fare capire il tenore dell'azienda, a dispetto di chi fa paragoni con altri televenditori. Vorrei ricordare inoltre che le 27.000 serigrafie di cui si parla non sono mai state poste in vendita sequestrate già dall'anno 2000 dalla procura di Bari per verificarne l'effettiva autenticità e che come già detto in diverse occasioni rappresentano meno del 2% del fatturato di Telemarket.
Un ultima cosa chi è appassionato di arte dovunque la comperi conosce bene le quotazioni di mercato dell'artista che gli interessa.
Inoltre conosco tanti collezionisti che fanno anche opere di auito sociale.
Seconso me Elena ha ragione, queste formulette ambigue "pseudo Tal dei Tali" "probabile scuola ecc." "attribuibile a X" sono, in questo contesto (vendita al pubblico), un abile sotterfugio per dire e non dire, da un lato il personaggio famoso, dall'altro la televisione che ha un potere di condizionamento enorme...
Le perizie serie sono concludenti. Sono queste sì come un processo: colpevole/innocente...vero/falso...e se non ci sono elementi sufficienti per il giudizio ci si dovrebbe astenere, soprattutto perchè erroneamente su certe formulette (pseudo qui pseudo là) molti potrebbero fare affidamento.
Povera Arte,
la sua spiritualità, la sua veridicità, non conta più?
Egr. Sig. Aurelio,
specifico meglio.
Mi sembra che da parte vostra si fraintenda il significato di Pseudo.
Quando si parla di PseudoBramantino non si parla di un quadro più o meno somigliante ma di una persona (appunto lo PseudoBramantino).
E'un pittore di cui non si hanno notizie storiche,sicuramente della cerchia del Bramantino,ben identificato però per le sue opere e per il suo stile.
Per quello che riguarda i prezzi delle opere,sicuramente il quadro che vende telemarket a 60.000.000 è molto meno bello di qualcosa d'altro che è possibile vedere nei musei. Ma ricordo che ,spesso,
quello che si vede nei musei,non é in vendita. E se lo è,forse il prezzo (60.000.000)non è in vecchie lirette ma in euro.
Detto questo mi accodo all'invito di Massimo Sansavino di documentarvi prima di "sparlare".
Saluti.
Caro Cavillicus le 27.000 serigrafie sono sicuramente tante ma non penserai mica che rappresentino tutte lo stesso soggetto!!!!
sono oltre 100 disegni differenti e anche questo è stato più volte detto.
Vi sono artisti che per il loro modo di lavorare hanno prodotto tantissimo, Wharol può essere un riferimento, oppure possiamo discutere sui lavori di Picasso stimato in una produzione globale di circa 80.000 opere (di quasi un secolo fa!) ti consiglio di guardarti anche l'ultimo "Arte In" dove Kostabi spiega come fa a produrre i suoi lavori. Sta nella sensibilità di ognuno di noi accettare e apprezzare o meno questo tipo di arte. Vorrei inoltre ricordarti che non tutti gli artisti di Telemarket hanno produzioni "esagerate" e che gli stessi artisti che vedi in televisione li trovi anche in tante gallerie d'arte italiane.
Per Sansavini e amanti della "vera" ARTE di Telemarket...
Tutto questo entusiasmo e poi 27'000 lito sequestrate non vi fanno sorgere qualche dubbio su certe vendite?
27 mila copie non è la tiratura di un'opera d'arte seriale ma di un piccolo quotidiano di provincia. La sola quantità è eloquente!
Scusate tanto signori egregi. Io sono di poche parole. In vita mia ho comprato solo stampe gia' incorniciate - ottimamente riprodotte - che non costano la luna . Cosi mi posso godere delle belle riproduzioni e disegni di un Renoir o Klimt per esempio. Anche alcuni dei disegni di Leonardo etc. I musei e gallerie ne vendono a bidoni e sono bellissimi a mio avviso. Ma quanto costa una litografia decente?
Romacapoccia
Egr.Cavillicus,
chi vuol cavillare deve documentarsi:rischia altrimenti di fare solo la figura del"villicus".
Sappia che qualche giorno fa,sempre a nell'ambito dell'indagine,erano state sequestrate altre 900 litografie di Morlotti e Sughi:queste già restituite e dichiarate autentiche.
Sappia che le litografie in questione(quelle di Cascella, intendo),almeno per quelle che sono le informazioni in mio possesso,sono state dichiarate autentiche dalla magistratura di San Marino.
Sappia che la firma sulle stesse è autentica di Cascella.
Sappia che il problema é se sono state stampate prima o dopo la morte dell'artista.
Sappia che ,anche una volta acclararato questo, dovrà ancora essere dimostrato se telemarket fosse a conoscenza o meno della eventuale stampa "post mortem"....
La mia posizione é molto semplice:Leggo sui giornali che sono stati venduti 40.000 quadri falsi,scopro che non si tratta di quadri ma di litografie,e scopro anche che non ne è stata venduta neppure una,che il sequestro è del giugno del 2000.
Vedo che il primo che si alza la mattina comincia ad attaccare un'azienda che da lavoro a tanta gente,quasi godendo a farlo.Parla dei quadri del '600(mai messi in discussione da nessuno)come di falsi,mette in dubbio l'autenticità di quadri i cui autori(da Licata a Rabarama,da Sansavini a Manelli,da Arman a Pozzati)dichiarano autentici.
Parla di Sgarbi come di un imbroglione ed un incompetente(mentre é solo,a volte,antipatico,).
E' la solita storia: la gogna e il fango....e solo per il sentito dire!!!
Se è davvero "cavillicus" perchè questa volta non è andato a fondo e si è accontentato di "toccare il fondo"?
Un affettuoso saluto e,anche se in ritardo,auguri di Buona Pasqua.
Nella riproduzione di un'opera d'arte attraverso mezzi tecnici come ancora per così dire artigianali quali serigrafia, litografia o calcografia un artista, o chi per lui, può fare tutte le copie che vuole, purché lo dichiari. Poi sta all'acquirente decidere se comprare o no, se investire quella certa somma o no. È ovvio che se la matrice da cui scaturisce la serie (tiratura totale) viene distrutta la singola copia ha più valore. L'inganno sta nel dichiarare numero di tiratura non veritiero (dire che esistono solo 200 copie poi invece se ne sono prodotte 2000). Per questo è obbligatoria la dicitura (oltre la firma) del numero progressivo e totale della tiratura (o quantità prodotta e messa in circolazione). Es. 3/10 se l'esemplare di riferimento è il terzo di 10 totali. L'inghippo sta soprattutto nelle famose Prove d'autore che generalmente non vengono numerate. E questo è un grave errore. Non essendo numerate non si potrà mai fare una verifica (conta) delle copie effettivamente prodotte. Ovviamente il valore commerciale di questo tipo di grafica scende di molto. Il collezionista serio non la prende in considerazione. Il discorso dei fogli in bianco (migliaia) con la firma di Cascella è tutto da vedere. L'artista serio sa cosa ci verrà stampato e ne controlla il procedimento per apportare eventuali correzioni o modifiche. Se l'opera grafica seriale riproduce un lavoro già fatto in altra tecnica (olio, pastello, tempera o che) il "duplicato" che ne deriva vale poco. Se un artista è già morto non potrà né decidere cosa riprodurvi su quei fogli né potrà farvi alcun intervento correttivo. Alcuni artisti sono i primi falsari di se stessi. Se un mercante gallerista non è disposto a ricomprare ciò che ha venduto, la cosa è molto sospetta.