Il decreto Salvadeficit di Tremonti e l’articolo 35 della Finanziaria 2002 cominciano a dare i primi frutti. E si riaccendono roventi polemiche apparentemente sopite.Ma andiamo con ordine.
Nel giugno del 2002 viene approvato il decreto Tremonti, che prevede l’istituzione della Patrimonio dello Stato S.p.A., una società che si occuperà della gestione e dell’alienazione dei beni immobili dello Stato, anche di quelli artistici e culturali. In parole povere, lo Stato, per colmare il proprio deficit, può vendere i propri beni a privati. L’Italia trema: si comincia a paventare la vendita del patrimonio artistico e culturale. A sua tutela scende in campo persino il Presidente Ciampi. Passano i mesi e vengono nominati i vertici della Patrimonio, mentre il Ministro Urbani nomina una commissione di esperti che lo aiutino nella tutela e salvaguardia dei beni artistici italiani. Lentamente le polemiche si affievoliscono.Ma sotteraneamente qualcosa si muove. Ed è proprio di queste ultime settimane la notizia della vendita all’asta di 35 beni dello Stato sotto tutela dei beni culturali da parte della Scip (Società per la Cartolarizzazione degli Immobili Pubblici) istituita dalla legge 410 nel novembre 2001. Le
Un’altra norma legislativa sta cominciando a cambiare,
La nascita della Fondazione Torino Musei, il 26 luglio scorso, rappresenta la prima concreta applicazione di questa norma. L’articolo 35 prevede l’affidamento a soggetti privati o enti locali di attività atte a valorizzare la fruizione del patrimonio culturale. Questa modalità partecipativa può assumere diverse forme giuridiche tra cui appunto la fondazione, come nel caso di Torino. La possibile introduzione della norma scatenò un vespaio di polemiche, facendo il giro del mondo. Su Liberation apparve un appello di una cinquantina di direttori dei più prestigiosi musei inglesi, francesi e americani, allarmati per il futuro del patrimonio artistico italiano.
Attualmente l’articolo 35 giace in uno stato di indefinitezza perché si aspetta ancora il regolamento di attuazione. La sua prima, circoscritta, applicazione concreta è quella della Fondazione Musei di Torino. La Fondazione, ente senza fini d lucro “mantenendo le particolarità dei singoli musei… avrà il compito di valorizzare le singole identità presenti …e al tempo stesso di definire un’organica logica di sistema, in grado di realizzare una politica fortemente unitaria”. Sono queste le parole di Fiorenzo Alfieri, assessore alle Risorse e Sviluppo Cultura di Torino e principale sostenitore di quest’iniziativa.
La Fondazione gestirà i seguenti musei del territorio: Galleria civica d’Arte Moderna, Museo d’Arte Antica a Palazzo Madama, il Museo d’Arte Orientale, (che non saranno aperti al pubblico prima del 2005) il Borgo e La rocca Medievali e il Museo Pietro Micca. Principale socio fondatore è il Comune di Torino, che ha eletto il consiglio direttivo (tra breve, invece, tramite concorso pubblico, verrà istituito il comitato direttivo). Ma altri soci della Fondazione sono, e in questo consiste la novità più rilevante, oltre la Regione Piemonte, i “privati” Compagnia di S. Paolo e la Fondazione CRT. Il neopresidente della Fondazione, Giovanna Cattaneo auspica l’intervento di altri privati che vogliano investire nella Fondazione.
La città di Torino si propone quindi all’avanguardia nell’innovazione delle forme di gestione dell’arte e della cultura. È stata la prima città a proporre una rete museale, è riuscita a diventare un punto d riferimento nel panorama dell’arte contemporanea,
Torino, inoltre, rimarrà ancora per poco un caso isolato, perché si progetta già un modello simile per i musei della provincia di Siena. Staremo a vedere.
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alessandra gambadoro
[exibart]
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Bravissima Ale PENNAdoro. Sempre lucidissima. Da leggere assolutamente anche il suo contributo, perfino didattico, di cui al link http://www.fizz.it/argomenti/promozione/2003/gambadoro_1.htm