29 ottobre 2001

L’Arte come profezia (o della divinazione)

 
“L'arte è per noi inseparabile dalla vita: diventa arte-azione e come tale è sola capace di forza profetica e divinatrice”. Così F. T. Marinetti, mentre K. Fiedler annotava che “L'artista si trova nella stessa posizione del pensatore rivoluzionario, che si oppone all'opinione dei contemporanei e annuncia una nuova verità”.

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Ad un mese dall’11 settembre, dopo 2 settimane dalla prima bomba sull’Afghanistan, è sensato parlare d’arte e parlarne in rapporto alla crisi attuale, o si tratta solo un pretesto per un situazionismo da 2 soldi?
Risponde Risaliti nell’intervista ad Ex che anticipava un recente convegno alle Papesse: “Troppe volte sottovalutiamo il ruolo fondamentale dell’arte nella gestione dei conflitti, prima e dopo la loro insorgenza. L’artista… si posiziona frontalmente rispetto alla storia, alla cronaca ed il suo linguaggio si pone fra lo Pancrazzi_Luca_Space_Avaiable_2000spettatore e la realtà. La forza espressiva dell’arte credo non debba essere messa più ai margini della discussione politica o delle strategie culturali utili a confrontarsi ed a risolvere le complessità del nostro tempo.”
Il rapporto dialettico tra Politica ed Arte potrà far storcere il naso solo a chi voglia negare la complessità dell’arte, la sua enigmatica capacità destabilizzante di critica della realtà.
L’arte è “Deus absconditus” che si cela al mondo, manifestandosi come un lampo, uno squarcio nel cielo (Adorno), in ogni campo dell’attività umana (aggiungiamo noi), ed è perciò che essa sfugge ad una definizione univoca. La domanda alla quale in molti hanno cercato risposta,“Che cos’è l’Arte?”, è in realtà mal posta alla luce del carattere metamorfico, ambiguo dell’arte.
L’artista è capace di trasmettere un’infinità inconscia Luca Pancrazziall’opera d’arte che manifesta tale infinità offrendosi ad un’interpretazione infinita, come se infinite fossero le intenzioni che l’hanno determinata (Schelling).
Ma da cosa è determinata questa specificità, questo “potere dell’arte”? Croce parlava dell’intuizione come forma autonoma di coscienza, mentre Lukas, di nuovo Adorno e, dopo di loro, Freud fanno appello ad una genesi magica, ripigliando il filo di Platone che, nello Ione e nel Fedro delinea la figura dell’artista come colui che, dotato di téchne, ispirato dalle Muse cade in una divina follìa (o estasi) che lo avvicina alla sfera della creazione, e quindi del divino.
E se negli eccessi di follìa, come nei sogni, Cicerone riconosce le condizioni idonee al manifestarsi dell’arte divinatoria, che consente a pochi privilegiati di interpretare i fatti nuovi, di conoscere il passato, di vedere il futuro, ancor prima, l’uomo delle caverne, Shutov_Sergei_Abacus_2001_stoffa_motori elettrici_audio_dimensioni variabilidisegnava sulla pietra figure proprio per favorire od esorcizzare eventi, dichiarando ab origine la capacità magica e divinatrice dell’arte.
Questo antico potere dell’arte non è andato perduto: talvolta l’artista opera nella piena consapevolezza di ciò, tal’altra tale potere si manifesta sotto i suoi occhi come un accadimento inaspettato, inatteso.
Sulle pagine de “Il Giornale dell’Arte” Cattelan parla di “Him” (la nota opera iperrealista dell’Hitler bambino recentemente acquisita dal Castello di Rivoli) dicendo: “Probabilmente avrei distrutto quest’opera, se avessi potuto immaginare che avrebbe evocato gli spettri di quello che è successo in questi giorni a New York”. E ancora: “Il problema (!) dell’arte è proprio questo: i significati mutano. Gli oggetti sono vivi, si incrostano di rappresentazioni”.
Innocente_Performance_1999Umberto Eco, infatti, parlando dell’”opera d’arte aperta”, aveva descritto quasi come “effetto collaterale dell’arte” questa capacità dell’arte di assorbire ed interpretare gli stimoli (psicologici, fisiologici, ambientali e culturali), anche inconsci. La “situazionalità della fruizione”, continua Eco, proviene dall’artista che produce l’opera come apertura ad una pluralità infinita di interpretazione. Semmai all’artista spetta l’isolamento di uno stimolo univoco, limitando (o guidando) l’esplosione incontrollata di possibili interpretazioni.
Ma procedendo su questa strada finiamo inevitabilmente a focalizzare l’attenzione sull’epifania dell’opera d’arte, sul suo manifestarsi nel momento della fruizione e, dunque, è la dimensione temporale dell’arte a risultare determinante.

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Alfredo Sigolo

[exibart]

9 Commenti

  1. L’arte trattiene e libera, accoglie e dona,
    prevede e sbaglia; l’artista sembra nascondersi dietro i significati che possiede:
    dadaisticamente gioca a mimetizzarsi.
    Se prevede lo fa per caso…
    Un saluto ad Alfredo, nascondendosi nella rete dei nomi, un saluto ad Alfredo
    W gli altri

  2. Ritengo sterile ed inutile additare alla vergogna l’aver giustamente rilevato la valenza dell’epifania nell’arte,inviterei piuttosto Giangino ad osservare meglio il fenomeno artistico ed a riflettere come esso riesca a volte a farci prendere consapevolezza della complessità del mondo anche in momenti tragici come questo.

  3. Caro Alfredo Sigolo
    il tuo articolo è veramente interessante, ben scritto e contenente verità.
    L’arte è inseparabile dalla vita.
    “L’artista…si posiziona frontalmente rispetto alla realtà.”
    Grazie per averci dato la possibilità di leggere verità in merito all’opera d’arte aperta.

  4. Ogni forma d’arte è figlia del proprio tempo e della sua cultura. L’arte ha tra funzioni: illustrare ciò che si vede (arte come rappresentazione del reale) illustrare il rapporto con il divino e relative simbologie(arte come rappresentazione religiosa o esoterica) arte come decorazione (invenzione di forme che non esistono in natura per abbellire gli ambienti). L’artista dalla rivoluzione francese in poi si è liberato progressivamente dall’arte come rappresentazione religiosa è ha iniziato ad indagare il sociale, non come puro testimone ma anche come agente del cambiamento sociale.
    Possono cambiare i modi di testimoniare o di contestare la reltà, ma in ogni caso ogni opera è figlia del proprio tempo. In questo momento in cui una guerra di cui non sappiamo gli esiti potrebbe cambiare il corso della storia del mondo moderno, il compito dell’arte deve essere per me quello di portare poesia in un mondo sempre più condizionato dall’egoismo, dal mercato, dalla cattiveria. L’arte deve uscire dal mercato dell’arte per entrare di nuovo nella vita quotidiana. Dobbiamo ricostruire una funzione sociale dell’arte come valore universale e collettivo. I talebani d’occidente mi spaventano quanto quelli d’oriente.E oggi la mentalità USA rappresenta l’altra faccia del fondamentalismo: quello del capitale.

  5. Ringrazio tutti, indistintamente, per il loro contributo (anche coloro che stanno intervenendo nel forum). In questi ultimi 2 editoriali ho cercato di affrontare 2 argomenti (l’altro è stato il mercato) che, messi in relazione alle recenti tragedie, possono risultare scomodi e suscitare discordie e, tuttavia, ritenevo giusto affidarli a questo gruppo di discussione, fatto di gente competente che si occupa di arte, affinché se ne occupasse per primo, senza rimandare la trattazione ad altri tempi, quando vi saranno mostre, articoli o libri che diranno la loro. Quando sarà ne discuteremo ancora ma frattanto, in tempi non sospetti, noi avremo detto la nostra e, nel nostro piccolo, avremo creato un piccolo precedente critico sul quale, spero, altri potranno riflettere.

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