Tema celeste è programmaticamente dedicata all’arte contemporanea. Ma non per lamentarne un’insufficiente divulgazione e visibilità. Lo scopo della rivista è invece quello di creare uno spazio di approfondimento, di analisi e di ricerca, che la critica d’arte contemporanea dimentica per rincorrere le novità con un atteggiamento consumistico. L’editoriale “L’ozio non è il padre dei vizi” apre la riflessione sul senso del tempo che governa la civiltà occidentale dell’era di internet, dove i valori principali sono quantità e velocità. Anche il pubblico è coinvolto in quest’ansia consumistica e finisce col pensare che la conoscenza e l’apprezzamento dell’arte consistano nel visitare quante più mostre possibili e nell’essere aggiornati sugli ultimi nomi e novità. Si tralascia invece di compiere una riflessione impegnata sull’opera d’arte. E’ questo tipo di riflessione e di ricerca, che spesso incontra le parole della filosofia, che contraddistingue Tema celeste. Il tempo infinitamente accelerato della società contemporanea, che coinvolge anche il sistema dell’arte con il moltiplicarsi di manifestazioni, biennali, premi ecc., può rivelarsi quasi un’occasione per la riflessione sulla necessità della ripetizione. Infatti un artista può decidere di esporre la stessa opera in più contesti e eventi per misurarne le potenzialità. La ripetizione in contesti diversi genera differenza. Questo concetto dell’editoriale è ripreso e analiticamente svolto da David Carrier nell’articolo “Narrazione e ripetizione”, dove è la filosofia analitica anglosassone a fornire gli schemi concettuali per una critica d’arte innovativa. Il rigore dell’indagine di Tema celeste si sposa in perfetto equilibrio con l’audacia delle proposte: ne è un esempio “Giotto oggi” di Francesco Poli, dove l’autore propone una serie di considerazioni ‘poco ortodosse’ sul grande maestro e sulla sua vicinanza alla sensibilità artistica contemporanea. E’ anche un invito a mantenere vivo e attuale lo sguardo sull’arte del passato, senza delegarlo del tutto alle pur utili analisi filologiche.
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Lavinia Garulli
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