“Restituire una biografia così lunga di una donna che ha attraversato il Novecento”. Così dice Luigia Lonardelli al principio del suo discorso, in una conferenza gremita di gente, tutti pronti ad ammirare la mostra dal titolo “Maria Lai. Tenendo per mano il sole”, al Maxxi.
La Lonardelli, insieme a Bartolomeo Pietromarchi, ha curato questa mostra che si presenta complessa e molto interessante.
È un’esposizione fatta con consapevolezza, con studio, con approfondimenti, ma anche con amore. Si percepisce. Dalle parole dei curatori, ma anche dalle opere stesse. In mostra 200 lavori dell’artista sarda, morta nel 2013. Il 2019 è l’anno del centenario della sua nascita, ecco perché una mostra così importante, esaustiva e ricca di dettagli. Un omaggio ad una donna, una “femmina dell’arte”, che è stata schiva e ritratta per molto tempo, in un luogo sospeso e lontano della Sardegna, proseguendo la sua ricerca di artista attraverso canali peculiari che la rendono oggi assolutamente riconoscibile.
Il lavoro di Maria Lai è stato per molto tempo abbastanza sconosciuto ai più, e solo negli ultimi tempi, per fortuna, è scoppiata una grande attenzione nei suoi confronti, a partire da Kassel e dalla Biennale di Venezia 2017.
Da allora ci si è concentrati sul suo lavoro, sulle peculiarità che le sono proprie, ed anche sulle tante sfaccettature interessanti e coinvolgenti del suo operare. Che è poesia. Non c’è dubbio. Ma è anche scrittura, è manualità, è consapevolezza delle proprie doti.
Il volo del gioco dell’oca, intervento ambientale, forex, pittura ad acrilico su cemento, 2003, Ulassai Photo Tiziano Canu Courtesy Comune di Ulassai © Archivio Maria Lai by SIAE 2019
La mostra è un primo atto di messa a fuoco del lavoro di questa artista, un atto dovuto diremmo, vista anche l’attenzione per il museo Maxxi nei confronti dell’arte al femminile.
Un lungo percorso narrativo fatto di duecento opere, molte delle quali perlopiù sconosciute, che permettono agli spettatori visioni diverse ed approfondimenti idonei.
La mostra, che apre oggi al pubblico e rimarrà visitabile fino al 12 gennaio 2020, è un excursus non cronologico, ma piuttosto seguendo un percorso biografico, fatto dunque anche di rimandi, di ripensamenti, di momenti fermi su tematiche di particolare interesse.
La Lai ha prodotto una incredibile mole di opere, che vanno a toccare tutti i segmenti dell’arte, indugiando certamente sull’uso del filo, della scrittura, dei tessuti, della tessitura, e che qui sono tutti presenti. Una mostra grande importante, che ha bisogno di tempo per essere vista e compresa. Ma andiamo per ordine e vediamo le sezioni, che prendono il nome da frasi dell’artista o da nomi di lavori. Un continuo omaggio dunque a colei che le parole le ha sapute ordinare e collocare.
Intanto il titolo, “Tenendo per mano il sole”, che è lo stesso della prima fiaba cucita a mano, e che sembra il primo verso di una poesia, un incipit pieno di aspettative. Cinque sezioni dunque. “Essere è tessere. Cucire e ricucire”, è il nome della prima, in cui possiamo vedere i primi esperimenti, le prime prove che sono degli anni Sessanta, quando decide di abbandonare la tradizionale pittura per concentrarsi su qualcosa di più vicino alla sua identità femminile in un paesino della Sardegna. Sperimenta dunque con i materiali più diversi, e le tele cucite ma soprattutto i telai assurgono ad opere d’arte.
Senza titolo 1991 filo, stoffa, tempera cm 17 x 19 x 2,5 M77 Gallery, Milano Photo credit Lorenzo Palmieri Courtesy M77 Gallery e Archivio Maria Lai © Archivio Maria Lai by SIAE 2019
Quello che era patrimonio di un quotidiano rarefatto ed a volte noioso e ripetitivo diventa improvvisamente per l’artista opera attraverso la quale sperimentare e ricercare.
“Il viaggiatore astrale. Immaginare l’altrove” ingloba tutti i lavori che attengono alla serie delle Geografie, e sono lavori degli anni Novanta, in cui l’artista sembra voglia spingere lo spettatore, o l’altro da se, a scoprire altri luoghi, mentali o reali, spazi diversi di possibili congiunzioni astrali. Vediamo quindi mappe, cartigli, forme che somigliano a stelle o a costellazioni. C’è poi la sezione “Oggetto paesaggio. Disseminare e condividere” dove troviamo quella attitudine tanto cara all’artista di relazionarsi con gli altri, che spesso sono persone a lei care o anche grandi scrittori poeti filosofi. Abbiamo molti libri cuciti in questa sezione, e le scritture simulate altro non sono che tentativi poco ortodossi di rielaborazione di poetiche ed inconsce sensazioni. C’è poi la sezione “L’arte è il gioco degli adulti. Giocare e raccontare”, che forse è quella in cui lo spettatore è chiamato ad essere maggiormente creativo ed a mettersi in gioco, appunto. In questa sezione, più di ogni altra cosa, da vedere con attenzione sono le video animazioni realizzate con il regista Francesco Casu, in cui la voce stridula e allo stesso tempo dolce di Maria Lai permettono al dispositivo di essere visto con una attenzione diversa, quasi magica. C’è poi “L’arte ci prende per mano. Incontrare e partecipare” in cui si mostrano gli interventi concepiti per gli spazi pubblici, le sue azioni partecipative. C’è il racconto di Legarsi alla montagna, una grande opera collettiva che l’artista realizza insieme agli abitanti di Ulassai, ma anche Essere è tessere, una azione collettiva realizzata nel paese di Aggius.
Fiabe intrecciate, metallo, 2007, La Stazione dell’Arte, Ulassai Photo Elisabetta Loi, Sergio Melis, Arasolè Courtesy Fondazione Stazione dell’Arte © Archivio Maria Lai by SIAE 2019
Un saggio corposo ed esaustivo del lavoro di questa grande donna che ha saputo maneggiare con cura e virtuosismi ogni tipo di oggetto, ogni tipo di materiale, rendendoli preziosi ed unici. Non solo dunque i libri o le fiabe cucite, che oramai la rendono riconoscibile ai più, ma anche molti oggetti diversi tra di loro che ci permettono una visione globale, intensa e precisa di gran parte del materiale artistico prodotto. In ogni sezione, diversa per oggetti e tematiche, l’unica cosa che rimane sempre presente è il tratto poetico, che è davvero inscindibile nei suoi lavori, sia che si tratti di vestiti di arazzi, di tessuti, di quadri di libri di terracotta. Perché “L’uomo ha bisogno di mettere insieme il visibile e l’invisibile, perciò elabora fiabe, leggende, feste, canti, arte”, diceva Maria Lai.
Sabrina Vedovotto