Non saprei dare un inizio a questo viaggio, un punto 0 dal quale partire per descrivere quanto accaduto nella giornata di Raid Caterpillar, sesta edizione del format Raid curata da Alessandro Brighetti. E non saprei individuarlo perché il fermento e la passione del gruppo di lavoro di Off Site Art mi avevano contaminato già da diversi giorni.
Ho deciso, per quanto possibile, di muovermi verso i raiders a piedi; la camminata prepara un fertile terreno ricco di attesa ed entusiasmo.
La mia ricerca non più geografica, ma emotiva, degli artisti partecipanti è iniziata a via Nizza, con l’artista Marzia Migliora e il suo progetto vincitore del bando Creative Living Lab – II edizione, promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea e Rigenerazione Urbana. Una panchina di pietra lavica immersa tra gli alberi, intitolata Sofferte Onde Serene, dal brano di Luigi Nono. Un gong con il simbolo del pianeta Giove (il cui animale emblematico è un’aquila, appunto) hanno generato in me una tenerezza primitiva. Quanto tempo sono stata lì? Non saprei quantificare l’esposizione ad un segno così profondo. È stata un’iniziazione, intima.
Ma il cammino verso gli altri riders prosegue.
Da via Nizza, mi dirigo verso il Terminal Bus dove hanno installato Massimo Bartolini e gli studenti di UniBz Studio Space. Durante il tragitto ho avuto tempo (e molti passi) per prepararmi alle installazioni che immaginavo di trovare. Da appassionata di TAZ e di soluzioni alternative al vivere quotidiano mi sono diretta verso il Terminal Bus carica di curiosità.
La prima installazione in cui mi imbatto è di Bartolini. Un materasso nella terra, non sulla terra. Un lavoro che mi porta ad una condizione di totale immersione nel contesto paesaggistico e architettonico urbano.
Un altro modo per poter vedere le stelle.
Mi sono mossa con lentezza tra i ripari alternativi di UniBz, per poterne cogliere al meglio gli aspetti funzionali, soprattutto quelli che riguardano la condivisione di spazi, di tempi. “È importante segnalare la propria presenza nel mondo, ma insieme è meglio, è più bello”, sono le parole di Sara Cortesi, UniBz.
La Madonna Pilastro di Filippo Contatore è un totem santo in mezzo alla distesa di asfalto. Realizzata in cemento e acqua santa, è un Here I Am, un monito per guardarsi intorno, per non perdere consapevolezza dell’hic et nunc.
Anche il cemento può essere una santità.
Ma il rifugio a volte fa male, provoca quel dolore (in)evitabile a cui non possiamo (o vogliamo) rinunciare. Lo ricorda Elisabeth Pfeifauf con il giaciglio di materasso e catene. Il dolore, il piacere e la fragilità del genere umano.
Cercando di elaborare un’emozione imprevista, mi sono nuovamente diretta verso il centro.
Decisa a muovermi senza una mappa ma solo a memoria, ho seguito l’istinto di andare verso i portici di San Bernardino. È uno dei luoghi che preferisco de L’Aquila. Apre alla speranza.
La stessa che si respira nel lavoro di Giuseppe Stampone. Bambini che guardano al futuro, con le gioie semplici che sono in grado di provare: una maglietta del loro calciatore preferito e la certezza che lo stare insieme rende il tempo un tempo più forte. Osservano una città che, seppur ferita, volge lo sguardo al futuro. Lo skyline pieno di gru è sempre stato motivo di inquietudine, ma la light box di Giuseppe Stampone ha invertito questo pensiero consegnandolo alla speranza.
Camminando verso San Bernardino non ho potuto fare a meno di notare, qualche palazzo più in là, la parete del teatro, in via Verdi, dove emergeva un’insolita superficie. Non l’impalcatura che l’occhio è abituato a vedere, ma un acciaio diverso, vivo. Si tratta di Waterbones, di Loris Cecchini. L’installazione, composta da circa 250 elementi, rappresenta la forma dell’acqua. I moduli scultorei formano un tappeto di molecole fluido, organico. L’allestimento dell’opera è stato affascinante. I piccoli elementi che si legano tra loro fino a formare una rete indissolubile e apparentemente casuale fanno riflettere sull’importanza dell’uno nel tutto. Se non fosse per quel singolo elemento l’intero sistema non avrebbe la stessa struttura.
A questo punto del percorso lascio la camminata e salgo in macchina, per non perdere il raid di Alessandro Brighetti presso il MuNDA.
L’impatto con OurHour di Brighetti è forte. Non posso prescindere dal mio bagaglio di considerazioni personali sul tempo nel momento in cui la osservo. Mi condizionano, ma ad un’analisi più attenta delle mie impressioni scopro che la meridiana, con il suo personalissimo tempo, è perfettamente allineata ai miei pensieri, al mio tempo. Tempo ciclico, naturale e circolare. Si potrebbero passare ore, appunto, ad osservare la meridiana e ad ogni sguardo risulterebbe diversa.
Tempo vivo.
La mia deriva si conclude al Parco del Sole, presso Collemaggio, con il Concerto delle Pecore di Lite Orchestra. Appena arrivo al parco un gregge di pecore mi passa accanto. Il concerto ha qualcosa di ipnotico. La vicinanza all’animale, il contatto tra natura e musica sono elementi che portano via. Bisognava solo sedersi e lasciar scandire i pensieri dalla musica che li avrebbe presi in custodia con cura.
Mentre camminavo alla ricerca dei raiders ne ho incontrato uno che ha scelto la città come luogo d’intervento. Correndo per sei ore, Gianmaria De Lisio ha toccato tutti i punti in cui gli artisti Raid erano operativi. Move On, andare avanti. Sempre. Anche quando i dettagli sono poco chiari o sfuggono del tutto. La sua corsa ha sottolineato l’importanza della resistenza. Resistere a se stessi, per se stessi.
Il podista resistente.
La regia e sceneggiatura curata da Veronica Santi, e coadiuvata dai 5 registi che hanno seguito gli artisti sul campo, ha trasformato l’evento in un film-live, intitolato La dittatura del telecomando. E ha fatto in modo di trasportare nel Raid anche chi non era presente fisicamente, in una grande operazione che ha visto 6 ore di diretta streaming, tante quante la durata dell’evento. E tengo a sottolineare che la presenza femminile è stata dominante. Mi sembra un ottimo segnale.
Fino ad ora non ho fatto cenno a Margherita Morgantin + Tom Boys Don’t Cry + WRG. Il tunnel alla Fontana Luminosa è un vero rifugio a cui tornare dopo ogni deriva. Ho il piacere (immenso) di far parte del collettivo WRG (Woman Reading Group). La scritta Wo(o)lf è un inciampo grammaticale su cui si cade nell’incontro con Virginia Woolf. O con il lupo. È una costellazione, è una presenza. E le presenze fanno rumore. Quel rumore che le Tom Boys Don’t Cry hanno regalato con entusiasmo e generosità al tunnel.
Le ragazze di periferia sono il futuro.
E anche L’Aquila lo è.
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