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4me
Qui gli artisti sono 4: quattro concezioni dell’arte, quattro diversi progetti di forme –che con un ulteriore gioco di senso linguistico abbiamo definito “Fourme”– che alterano il reale in un senso riflessivo e autentico
Comunicato stampa
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“For me” o il dono dell’artista a se stesso, la ricerca di un’identità, di un’individualità espressiva, di un diverso modo di stare al mondo, di osservare la realtà e di immaginare le cose. For me ma anche FORME ricercate, scoperte, improvvisamente trovate oltre la razionalità, oltre la rappresentazione o l’interpretazione. Forme colte sul ciglio di una strada, dietro un finestrino sfuggente, accumulate, moltiplicate, gettate in un angolo, sognate in una notte di insonnia, viste sullo schermo di un Pc, ideate e lasciate fluire dallo scorrere delle mani sulla materia. Ogni artista cerca la sua forma, scavando nella propria sensibilità visiva e poetica alla ricerca di un personale sguardo e di un’idea emozionale e autocosciente.
Nell’eterna questione tra “forma significante” ed “espressione emotiva”, nel conflitto sempre aperto tra progettazione e istinto creativo e nella logica binaria modernista di forma/contenuto o di astrazione/figurazione, si può giungere infine a rintracciare la vera essenza dell’arte, suggerita da molti artisti contemporanei: quella della forma come visione “privata”, come sintesi visiva e semantica del proprio personale immaginario che si offre “in dono” agli spettatori, alla gente comune, all’umanità, ma soprattutto a se stessi, come condizione necessaria e personale di comprensione del mondo.
Qui gli artisti sono 4: quattro concezioni dell’arte, quattro diversi progetti di forme –che con un ulteriore gioco di senso linguistico abbiamo definito “Fourme”– che alterano il reale in un senso riflessivo e autentico. Ciascuno, per creare il proprio mondo morfologico e semantico, ha ribaltato l’equilibrio visivo, ha superato l’idealismo della materia e la regolarità dello spazio tradizionale.
Addentrandoci nell’universo di Marta Luppi incontriamo forme colorate a mano leggera o a tinte più intense, come apparizioni istantanee di immagini catturate dagli occhi, da un punto di vista “particolare” e sottratte alla realtà in una rielaborazione immaginata. Lo sviluppo creativo di Marta è quello di trovare, scegliere, “isolare” che, come scrisse Deleuze, significa «rompere con la rappresentazione, spezzare la narrazione, impedire l’illustrazione, liberare la Figura: attenersi al fatto». Territorio comune ai quattro artisti è proprio questo senso di opporre il “figurale” al figurativo (per dirla ancora con Deleuze), evitando i due estremi dell’astratto (come forma pura) e della figurazione (come narrazione), giungendo alla forma come dilatazione di se stessi.
Anche il corpo esibisce la sua non figuratività, il suo essere presente, riconoscibile ma quasi irreale, spirituale, “senz’organi”, come quello del video skynsky di Manuela Mancioppi che nella sua collaborazione con l’artista-compositore Ongakuaw (aka Andrea Ferrara) si attribuisce lo pseudonimo di ZöMM. Nei frammenti di pelle che irrompono come geometriche finestre da cui osservare e spiare l’organicità del corpo inafferabile, costantemente mobile, quasi invisibile, intravediamo un sogno, una riflessione esistenziale ad occhi chiusi sullo sfondo di sottili nuvole che passano. Il sogno è ancora una volta un fotogramma, un frammento, un istante catturato dall’occhio digitale. La ricerca della forma diventa, dunque, desiderio di nuova nascita, di metamorfosi corporea e trasformazione poetica per una diversa visione del reale. Come le affascinanti sculture-creature di Andrea Marini che si autogenerano e prolificano in intere famiglie di organismi nuovi che stanno a metà tra il mondo vegetale e quello animale, tra l’umano e l’artificiale, tra una vita biologica primordiale e un’esistenza post human, in cui il tecnologico ha lasciato spazio alla manipolazione naturale, spontanea e poetica della forma. L’artista-creatore si trova, così, nella condizione di osservare, analizzare, interpretare il reale per denunciarlo, criticarlo o distaccarsene attraverso una propria sintesi ideale. La realtà delle Superfici e dei Multipli di Alessandro Secci è quella dell’accumulo, dello scarto, della moltiplicazione ossessiva delle cose, degli esseri, degli oggetti che circondano la nostra quotidianità, rendendoci anonimi, indifferenti, uniformi e “monocromi”, nel pensiero e nelle azioni.
Nell’eterna questione tra “forma significante” ed “espressione emotiva”, nel conflitto sempre aperto tra progettazione e istinto creativo e nella logica binaria modernista di forma/contenuto o di astrazione/figurazione, si può giungere infine a rintracciare la vera essenza dell’arte, suggerita da molti artisti contemporanei: quella della forma come visione “privata”, come sintesi visiva e semantica del proprio personale immaginario che si offre “in dono” agli spettatori, alla gente comune, all’umanità, ma soprattutto a se stessi, come condizione necessaria e personale di comprensione del mondo.
Qui gli artisti sono 4: quattro concezioni dell’arte, quattro diversi progetti di forme –che con un ulteriore gioco di senso linguistico abbiamo definito “Fourme”– che alterano il reale in un senso riflessivo e autentico. Ciascuno, per creare il proprio mondo morfologico e semantico, ha ribaltato l’equilibrio visivo, ha superato l’idealismo della materia e la regolarità dello spazio tradizionale.
Addentrandoci nell’universo di Marta Luppi incontriamo forme colorate a mano leggera o a tinte più intense, come apparizioni istantanee di immagini catturate dagli occhi, da un punto di vista “particolare” e sottratte alla realtà in una rielaborazione immaginata. Lo sviluppo creativo di Marta è quello di trovare, scegliere, “isolare” che, come scrisse Deleuze, significa «rompere con la rappresentazione, spezzare la narrazione, impedire l’illustrazione, liberare la Figura: attenersi al fatto». Territorio comune ai quattro artisti è proprio questo senso di opporre il “figurale” al figurativo (per dirla ancora con Deleuze), evitando i due estremi dell’astratto (come forma pura) e della figurazione (come narrazione), giungendo alla forma come dilatazione di se stessi.
Anche il corpo esibisce la sua non figuratività, il suo essere presente, riconoscibile ma quasi irreale, spirituale, “senz’organi”, come quello del video skynsky di Manuela Mancioppi che nella sua collaborazione con l’artista-compositore Ongakuaw (aka Andrea Ferrara) si attribuisce lo pseudonimo di ZöMM. Nei frammenti di pelle che irrompono come geometriche finestre da cui osservare e spiare l’organicità del corpo inafferabile, costantemente mobile, quasi invisibile, intravediamo un sogno, una riflessione esistenziale ad occhi chiusi sullo sfondo di sottili nuvole che passano. Il sogno è ancora una volta un fotogramma, un frammento, un istante catturato dall’occhio digitale. La ricerca della forma diventa, dunque, desiderio di nuova nascita, di metamorfosi corporea e trasformazione poetica per una diversa visione del reale. Come le affascinanti sculture-creature di Andrea Marini che si autogenerano e prolificano in intere famiglie di organismi nuovi che stanno a metà tra il mondo vegetale e quello animale, tra l’umano e l’artificiale, tra una vita biologica primordiale e un’esistenza post human, in cui il tecnologico ha lasciato spazio alla manipolazione naturale, spontanea e poetica della forma. L’artista-creatore si trova, così, nella condizione di osservare, analizzare, interpretare il reale per denunciarlo, criticarlo o distaccarsene attraverso una propria sintesi ideale. La realtà delle Superfici e dei Multipli di Alessandro Secci è quella dell’accumulo, dello scarto, della moltiplicazione ossessiva delle cose, degli esseri, degli oggetti che circondano la nostra quotidianità, rendendoci anonimi, indifferenti, uniformi e “monocromi”, nel pensiero e nelle azioni.
22
gennaio 2006
4me
Dal 22 gennaio al 02 febbraio 2006
arte contemporanea
Location
LA CORTE ARTE CONTEMPORANEA
Firenze, Via Dei Coverelli, 27r, (Firenze)
Firenze, Via Dei Coverelli, 27r, (Firenze)
Orario di apertura
dal martedì al sabato 16-19.30 e per appuntamento
Vernissage
22 Gennaio 2006, ore 11
Autore
Curatore