Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
9 artisti per nove poeti / Omaggio a…
due personali e una collettiva
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Si inaugurano Venerdì sera alle 21 a Carrara, al numero 3 e 6 di Via Loris Giorgi le ultime due mostre della Rassegna “9 artisti per nove poeti” curata da Paolo Pratali e dall’italo-giapponese Akio Takemoto con la collaborazione di Alessia Berruti.
Le due iniziative allestite nel Palazzotto Ascoli e nell’Antico Convento Il Carmine vedono protagonisti due artisti tornesi: il primo è Gianni Romeo che realizza con le sue opere un OMAGGIO A POLLOCK (presso le Stanze d’Arte della Champagneria Albericus), il secondo è Maurizio Rosellini che OMAGGIA BASQUIAT (nelle Stanze dell’Enoteca Il Rebacco).
Le due iniziative non sono atipiche l’una all’altra, sono altresì legate insieme dai profondi significati suggeriti anche dall’uso della primitività, dell’istintività e della gestualità aperta con l’Action Painting di Pollock e determina, rifinita dal graffitismo di Harring e di Basquiat.
Come racconta Akio Takemoto nei testi che appariranno nei cataloghi in uscita:
“La prima cosa che mi ha colpito nei dipinti di Gianni Romeo è il modo in cui il foglio sembra aver reagito al pennello e alla mano dell’artista. Per usare un’immagine gratuitamente poetica, ma efficace, l’impressione è che l’artista abbia estirpato le linee e le macchie che stanno alla base del dipinto, come una frusta incide sulla nuda carne, e che in seguito da queste “ferite” siano sbocciati germogli di colori vivaci e ondeggianti. Probabilmente questa interpretazione è solo il prodotto di una mentalità profondamente schilleriana, ma non a caso le immagini veicolata da queste tele sono innegabilmente legate all’idea di movimento e di vita; Pollock la chiamava “action painting”, facendo un chiaro riferimento a quella visceralità e automaticità del gesto stesso”.
“E’ chiaro nella pittura del torinese Maurizio Rosellini il riferimento al graffitismo. E’ chiara l’atmosfera che si vuol evocare. E’ chiara l’influenza della cultura moderna.
Viviamo in un periodo che ci vede schizofrenici, sdoppiati e poi ancora moltiplicati in centinaia di facce da sfoderare in migliaia di situazioni diverse; facciamo fatica a mantenere acceso quel barlume di noi stessi che solo intimamente riusciamo a proiettare chiamandolo “io”. Quello a cui ci aggrappiamo con ostinazione è uno schematico incontro di linee guida del nostro self, quelle che Kant avrebbe probabilmente definito come a priori.
Queste linee tracciano facce insicure dal tratto tutt’altro che fermo, che si perdono su piani cromatici differenti, che si confondono con altre pennellate, che svaniscono ed appaiono con forza casualmente. Gli impressionisti videro la geometria perfetta nella natura (e quindi anche nel corpo umano). I cubisti non la seppero cogliere, ma cinicamente decostruirono e spaccarono il tutto geometricamente. Noi non la vediamo e ce ne infischiamo. Questi sono i volti che popolano i muri, queste sono le bocche che parlano della nostra cultura, questi sono i colori della civiltà che ha scoperto la plastica e non disdegna il tossico”.
Le due mostre che potranno essere visitate tutti i giorni (escluse le domeniche) si chiuderanno contemporaneamente Sabato 14 luglio.
Paul Jackson Pollock nasce a Cody, Wyoming, il 28 gennaio 1912.
Nei primi anni '30, Pollock conosce e apprezza la pittura sociale realista messicana di José Clemente Orozco e Diego Rivera; per tutto il decennio viaggia molto negli Stati Uniti, ma per la maggior parte del tempo vive a New York, dove si stabilisce definitivamente nel 1935; la scoperta dell’opera di Picasso, insieme alla grande mostra del Surrealismo europeo, allestita a New York nel 1936, gli permette di rompere definitivamente con le "provinciali" influenze americane. Nel 1943 tiene la prima personale alla galleria di Peggy Guggenheim a New York, Art of This Century; Peggy Guggenheim gli offre un contratto che dura fino al 1947 e che gli permette di dedicarsi esclusivamente alla pittura.
Nel 1952 ha luogo la prima personale a Parigi, allo Studio Paul Facchetti, e la prima retrospettiva al Bennington College nel Vermont, organizzata da Clement Greenberg. Partecipa a diverse collettive, tra cui quelle annuali al Whitney Museum of American Art di New York a partire dal 1946, e alla Biennale di Venezia nel 1950. I suoi lavori sono conosciuti ed esposti in tutto il mondo, ma non viaggia mai fuori dagli Stati Uniti.
A partire dal 1947, la superficie della tela si fa sempre più grande, come più grandi si fanno i pennelli, così da consentire un sempre maggiore distacco dalla tela. Il passo successivo, dal ’49, è l’adozione della tecnica del "dripping": l’utilizzo del colore gocciolato dal pennello o direttamente dai barattoli su superfici, cartone o tela disposte orizzontalmente e lavorate su tutti i lati, con la creazione di grovigli di segni, macchie, spruzzi, aloni; tutto il corpo dell’artista viene coinvolto e il segno è governato dalla gestualità del braccio. Negli ultimi dipinti di questo periodo, per cui il critico Greenberg inventò il termine di "Action painting", si aggiungono spesso sabbia, ciottoli, filo metallico, pezzi di vetro. Dal 1950 al 1952 Pollock raggiunge risultati di intensità quasi delirante.
Muore in un incidente stradale a New York l’11 agosto 1956.
Jean Michel Basquiat, detto Samo, è stato uno dei più grandi - e controversi - artisti di quella "stagione di New York" degli anni Ottanta che ha avuto in Andy Warhol uno dei suoi maggiori e conosciuti esponenti. Artista "di colore" (le sue origini sono afroispaniche) ha vissuto una vita breve, intensa e rischiosa. E' morto di overdose nel 1988 a soli 28 anni.
“Da quando avevo diciassette anni, ero certo di diventare celebre. Avevo delle idee romantiche sulla maniera di diventare celebre. Sognavo i miei eroi, Charlie Parker, Jimi Hendrix…”. Eroi entrati a far parte del mito grazie alla loro arte. Ma anche grazie alla patina di disperazione di un’esistenza segnata dalla droga, dalle discriminazioni razziali, da un successo esplosivo e inaspettato, tributato da platee di bianchi. Le stesse platee da cui provenivano le contraddizioni di una società iniqua. Il destino di Jean Michel Basquiat sarebbe stato lo stesso degli eroi che sognava. E che avrebbe ricordato nelle sue opere: Malcom X, Billie Holiday, l’irrequieta frenesia dei protagonisti del be-bop. Stroncato da un’overdose a 28 anni, passato dai graffiti notturni sui muri di Brooklyn e sulle lamiere della subway, alle gallerie d’arte di Manhattan. Le sue opere sono la metà nera della Pop Art americana. Se le ripetizioni di Andy Warhol sono una raffinata fotografia della società consumistica e dell’impermeabilità della nostra sensibilità a quella, i segni e i disegni di Basquiat sono le urla di chi ha vissuto sulla propria pelle l’indifferenza, la discriminazione, l’emarginazione di quella stessa vita a New York. Proprio negli anni in cui tali contraddizioni diventavano sclerotiche e si acuivano: gli anni Ottanta.
Le due iniziative allestite nel Palazzotto Ascoli e nell’Antico Convento Il Carmine vedono protagonisti due artisti tornesi: il primo è Gianni Romeo che realizza con le sue opere un OMAGGIO A POLLOCK (presso le Stanze d’Arte della Champagneria Albericus), il secondo è Maurizio Rosellini che OMAGGIA BASQUIAT (nelle Stanze dell’Enoteca Il Rebacco).
Le due iniziative non sono atipiche l’una all’altra, sono altresì legate insieme dai profondi significati suggeriti anche dall’uso della primitività, dell’istintività e della gestualità aperta con l’Action Painting di Pollock e determina, rifinita dal graffitismo di Harring e di Basquiat.
Come racconta Akio Takemoto nei testi che appariranno nei cataloghi in uscita:
“La prima cosa che mi ha colpito nei dipinti di Gianni Romeo è il modo in cui il foglio sembra aver reagito al pennello e alla mano dell’artista. Per usare un’immagine gratuitamente poetica, ma efficace, l’impressione è che l’artista abbia estirpato le linee e le macchie che stanno alla base del dipinto, come una frusta incide sulla nuda carne, e che in seguito da queste “ferite” siano sbocciati germogli di colori vivaci e ondeggianti. Probabilmente questa interpretazione è solo il prodotto di una mentalità profondamente schilleriana, ma non a caso le immagini veicolata da queste tele sono innegabilmente legate all’idea di movimento e di vita; Pollock la chiamava “action painting”, facendo un chiaro riferimento a quella visceralità e automaticità del gesto stesso”.
“E’ chiaro nella pittura del torinese Maurizio Rosellini il riferimento al graffitismo. E’ chiara l’atmosfera che si vuol evocare. E’ chiara l’influenza della cultura moderna.
Viviamo in un periodo che ci vede schizofrenici, sdoppiati e poi ancora moltiplicati in centinaia di facce da sfoderare in migliaia di situazioni diverse; facciamo fatica a mantenere acceso quel barlume di noi stessi che solo intimamente riusciamo a proiettare chiamandolo “io”. Quello a cui ci aggrappiamo con ostinazione è uno schematico incontro di linee guida del nostro self, quelle che Kant avrebbe probabilmente definito come a priori.
Queste linee tracciano facce insicure dal tratto tutt’altro che fermo, che si perdono su piani cromatici differenti, che si confondono con altre pennellate, che svaniscono ed appaiono con forza casualmente. Gli impressionisti videro la geometria perfetta nella natura (e quindi anche nel corpo umano). I cubisti non la seppero cogliere, ma cinicamente decostruirono e spaccarono il tutto geometricamente. Noi non la vediamo e ce ne infischiamo. Questi sono i volti che popolano i muri, queste sono le bocche che parlano della nostra cultura, questi sono i colori della civiltà che ha scoperto la plastica e non disdegna il tossico”.
Le due mostre che potranno essere visitate tutti i giorni (escluse le domeniche) si chiuderanno contemporaneamente Sabato 14 luglio.
Paul Jackson Pollock nasce a Cody, Wyoming, il 28 gennaio 1912.
Nei primi anni '30, Pollock conosce e apprezza la pittura sociale realista messicana di José Clemente Orozco e Diego Rivera; per tutto il decennio viaggia molto negli Stati Uniti, ma per la maggior parte del tempo vive a New York, dove si stabilisce definitivamente nel 1935; la scoperta dell’opera di Picasso, insieme alla grande mostra del Surrealismo europeo, allestita a New York nel 1936, gli permette di rompere definitivamente con le "provinciali" influenze americane. Nel 1943 tiene la prima personale alla galleria di Peggy Guggenheim a New York, Art of This Century; Peggy Guggenheim gli offre un contratto che dura fino al 1947 e che gli permette di dedicarsi esclusivamente alla pittura.
Nel 1952 ha luogo la prima personale a Parigi, allo Studio Paul Facchetti, e la prima retrospettiva al Bennington College nel Vermont, organizzata da Clement Greenberg. Partecipa a diverse collettive, tra cui quelle annuali al Whitney Museum of American Art di New York a partire dal 1946, e alla Biennale di Venezia nel 1950. I suoi lavori sono conosciuti ed esposti in tutto il mondo, ma non viaggia mai fuori dagli Stati Uniti.
A partire dal 1947, la superficie della tela si fa sempre più grande, come più grandi si fanno i pennelli, così da consentire un sempre maggiore distacco dalla tela. Il passo successivo, dal ’49, è l’adozione della tecnica del "dripping": l’utilizzo del colore gocciolato dal pennello o direttamente dai barattoli su superfici, cartone o tela disposte orizzontalmente e lavorate su tutti i lati, con la creazione di grovigli di segni, macchie, spruzzi, aloni; tutto il corpo dell’artista viene coinvolto e il segno è governato dalla gestualità del braccio. Negli ultimi dipinti di questo periodo, per cui il critico Greenberg inventò il termine di "Action painting", si aggiungono spesso sabbia, ciottoli, filo metallico, pezzi di vetro. Dal 1950 al 1952 Pollock raggiunge risultati di intensità quasi delirante.
Muore in un incidente stradale a New York l’11 agosto 1956.
Jean Michel Basquiat, detto Samo, è stato uno dei più grandi - e controversi - artisti di quella "stagione di New York" degli anni Ottanta che ha avuto in Andy Warhol uno dei suoi maggiori e conosciuti esponenti. Artista "di colore" (le sue origini sono afroispaniche) ha vissuto una vita breve, intensa e rischiosa. E' morto di overdose nel 1988 a soli 28 anni.
“Da quando avevo diciassette anni, ero certo di diventare celebre. Avevo delle idee romantiche sulla maniera di diventare celebre. Sognavo i miei eroi, Charlie Parker, Jimi Hendrix…”. Eroi entrati a far parte del mito grazie alla loro arte. Ma anche grazie alla patina di disperazione di un’esistenza segnata dalla droga, dalle discriminazioni razziali, da un successo esplosivo e inaspettato, tributato da platee di bianchi. Le stesse platee da cui provenivano le contraddizioni di una società iniqua. Il destino di Jean Michel Basquiat sarebbe stato lo stesso degli eroi che sognava. E che avrebbe ricordato nelle sue opere: Malcom X, Billie Holiday, l’irrequieta frenesia dei protagonisti del be-bop. Stroncato da un’overdose a 28 anni, passato dai graffiti notturni sui muri di Brooklyn e sulle lamiere della subway, alle gallerie d’arte di Manhattan. Le sue opere sono la metà nera della Pop Art americana. Se le ripetizioni di Andy Warhol sono una raffinata fotografia della società consumistica e dell’impermeabilità della nostra sensibilità a quella, i segni e i disegni di Basquiat sono le urla di chi ha vissuto sulla propria pelle l’indifferenza, la discriminazione, l’emarginazione di quella stessa vita a New York. Proprio negli anni in cui tali contraddizioni diventavano sclerotiche e si acuivano: gli anni Ottanta.
29
giugno 2007
9 artisti per nove poeti / Omaggio a…
Dal 29 giugno al 14 luglio 2007
arte contemporanea
Location
ANTICO CONVENTO IL CARMINE
Carrara, Via Loris Giorgi, 1, (Massa-carrara)
Carrara, Via Loris Giorgi, 1, (Massa-carrara)
Vernissage
29 Giugno 2007, ore 21
Autore
Curatore