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A Memoria d’Arte #1
I lavori di sei artisti alle prese con tecniche diverse, per declinare i temi della memoria e della liberazione, della resistenza, della libertà e della democrazia.
Comunicato stampa
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Mercoledì 8 aprile, presso l’Osteria ai Preti di via Interrato dell’Acqua Morta alle ore 18.30, inaugura la prima mostra della Collettiva A Memoria d’Arte, organizzata dal Circolo Pink di Verona in nove spazi cittadini e dedicata al 25 aprile, Festa della Liberazione nazionale dal regime nazi-fascista. Espongono Facchin Ruggero, Cappelletti Sandro, Fornari Cristina, Brescia Antonella, Mastriiacovo Tanja e De Ghantuz Cubbe Elena. Secondo appuntamento venerdì 10 al Malacarne di via S. Vitale 14/a, dove alle 19 inaugura la mostra che vede esposti i lavori di Zardini Gianni, Crestani Davide, Signori Riccardo, Falzetti Antonio e Villa Simone.
VERONA – La prima delle nove inaugurazioni che nel mese di aprile animeranno Verona con la collettiva A Memoria d’Arte, dedicata al 25 aprile 1945 e alla Memoria vedrà esposti, mercoledì 8 aprile presso l’Osteria ai Preti (ore 18.30), i lavori di sei artisti alle prese con tecniche diverse, per declinare i temi della memoria e della liberazione, della resistenza, della libertà e della democrazia.
Sandro Cappelletti partecipa con due quadri figurativi che attraverso scelte cromatiche simboliche illustrano il dramma degli anni dello sterminio nazi-fascista, ispirati anche dalla presentazione dell’iniziativa scritta dal padrino della manifestazione Vittore Bocchetta, scultore, pittore e umanista partigiano. In uno dei due lavori, ad esempio, il cielo giallo indica la follia scatenatasi durante “gli anni della più assoluta ingiustizia” e il disprezzo per la sessualità degli omosessuali, resi riconoscibili dai triangoli rosa.
Nato a Catania nel 1959, Cappelletti risiede a Verona dal 1974. A Verona ha seguito il corso di pittura dell’Accademia di Belle Arti, sotto la guida del professore Aldo Tavella e si è perfezionato, frequentando i corsi di pittura del Centro di Cultura “G. Toniolo”, sotto la guida del professore Umberto G. Tessari e partecipando al gruppo “Amici dell’arte N. Nardi”.
Cristina Fornari propone un dittico il cui tema conduttore è la città, vista prima e dopo il 25 aprile. La prima tavola rappresenta la città velata di grigio, segno di tristezza e desolazione; la seconda una città piena di colore, segno di rinascita alla vita. Entrambi i lavori sono eseguiti con tecnica mista, realizzati principalmente utilizzando colori acrilici e gesso, su carta incollata su pannelli di legno e verniciata.
I lavori di Cristina Fornari spesso racchiudono un mondo fantastico, immagini semplici e poetiche capaci di vivacizzare la quotidianità, caratterizzate da una continua ricerca cromatica che rende paesaggi e figure lontani dalla realtà. ”Veri e propri sogni colorati che -dice l’artista- sento di dover dipingere”. Opere semplici, in grado di mettere d’accordo grandi e piccini.
Elena De Ghantuz Cubbe presenta un’opera a forma di scatola, mix tra collage di giornali e ceramica, dove campeggia un fiore rosso a simboleggiare la Memoria, un fiore da coltivare e proteggere.
Artista romana, residente a Verona da oltre quaranta anni, Elena ha nel sangue un mix abbastanza insolito: un nonno siriano e una nonna tedesca nel ramo paterno e un’intera generazione di romani doc in quella materna. Quando crea Elena libera quella parte bambina svincolata da pregiudizi ed aperta a recepire senza filtri le cose del mondo, mettendo da parte le mille sovrastrutture con cui la complessa civiltà occidentale costringe a fare i conti.
Tanja Mastroiacovo propone un’opera che si sofferma sulla Liberazione come caduta dell’oppressione, con l’avvento dirompente della Libertà. Un velo nero viene stracciato e accantonato nella parte inferiore della composizione, si contrappone allo spazio “liberato” dove compaiono i colori, che senza passare attraverso forme rappresentative comunicano per mezzo della percezione e dell’impatto visivo. “I colori e le forme astratte generano impressioni soggettive, così come la liberazione può essere intesa in modi differenti” spiega Tania. Una parte del sipario nero mantiene però incombente la sua presenza nello spazio, celando parte di queste libertà, così come accade nella realtà.
Le opere di Tania sono spesso e volentieri figlie della fantasia e dell’immaginazione che danno luogo a composizioni dove svariate immagini, ricordi e idee prendono forma e convivono in un unica istantanea, animata da colori squillanti e riproduzioni realistiche, un mix di razionalità e invenzione, “legate nello spazio da relazioni nascoste”, spiega l’artista.
Antonella Brescia propone un suo lavoro Batik, che rielabora l’antica arte indonesiana per la decorazione dei tessuti (batik in indonesiano significa “scrivere sulla cera”) basata sulla “tecnica a riserva” che consiste nella copertura di zone definite di tessuto con cera
calda al fine di renderle impermeabili al colore. Il motivo decorativo è dunque ottenuto non tanto lavorando con i colori sul tessuto ma nel tessuto. Dall’Albania a Verona, attraverso la Basilicata e la Puglia, tracce di cera inseguono ed avvolgono i percorsi della Brescia. Ruvidi e caldi come i suoni della lingua arbresh. Caldi come la cera. Ruvidi come i tessuti che se ne impregnano.
Facchin Ruggero, pittore veronese classe 1974, diplomatosi in pittura nel 1998 dopo aver frequentato l'Accademia di Belle Arti di Venezia e di Madrid, propone una delle sue ultime creazioni. Facchin è un artista per cui ogni mezzo espressivo, si tratti di pittura, disegno, collage, video, fotografia e o altro, è funzionale a “interpretare quello che ci sta intorno e dentro e a dare una propria visione attraverso un linguaggio, un proprio linguaggio”. “Se il linguaggio funziona – prosegue Facchin- si può aggiungere la didascalia. Facoltativa”. Perché per lui, “tutta la pittura è concettuale; e al contempo figurativa e astratta, una forma di pensiero e un metodo attraverso cui conoscere meglio le cose”.
Secondo appuntamento venerdì 10 al Malacarne di via S. Vitale 14/a dove alle 19 inaugura la mostra che vede esposti i lavori di Zardini Gianni, Crestani Davide, Signori Riccardo, Falzetti Antonio e Villa Simone. Animerà l’inaugurazione un mini concerto di Michelebombaatomica che, non immune dai devastanti effetti della colonizzazione
americana post-bellica, canta in inglese e suona in acustico chitarra e banjo, accompagnato da un’italica fisarmonica e altre facezie.
Zardini Gianni, Presidente del Circolo Pink di Verona e grafico professionista, propone un lavoro di grafica, un trittico intitolato Ero così. Poi così. Alla fine così. Un lavoro che esprime tre tappe dell’uomo: prima del lager, l'arresto e l'allontanamento dal mondo circostante, l'internamento nel lager con svuotamento della persona, quando rimane solo il triangolo rosa distintivo della categoria di prigionieri omosessuali. Un’opera che sottolinea come alla fine di quel triste percorso restasse “solo il triangolo che segnava le categorie, il resto della vita non esisteva più”, spiega Zardini.
Crestani Davide propone tre rielaborazioni al computer di foto che riprendono manifestazioni antirazziste e antifasciste svoltesi a Verona e che vengono dall’artista collocate all’interno dello spazio della targa di Lungadige Porta Vittoria, dedicato recentemente a Nicola Pasetto, noto esponente della destra veronese deceduto nel 1997. Crestani privilegia fermare con i suoi scatti momenti di vita e di folclore locali, ama fotografare situazioni che esaltano le contraddizioni sociali, con una sensibilità ed una ironia spesso dissacrante, “rivolta a un mondo e a una cultura ferma, statica, stereotipata” per l’artista. Cronista puntuale, Davide vede dove altri non vedono, accostando ad esempio con irriverente simpatia, sacro e profano, offrendo punti di vista insoliti sempre sorretti da una lucida curiosità ed autoironia.
Signori Riccardo partecipa con due lavori, uno di pittura e l’altro fotografico. Il primo si intitola Homo insapiens, misto di pittura e testo dove campeggia un soldato che imbraccia un fucile, l’uomo “non sapiente”; il secondo si intitola No sgombero?, fotografia rielaborata al computer che riprende un enorme peluche che tiene in mano una bandiera rossa collocato da Signori sul muro dell’ultima sede del centro sociale di Verona la Chimica. Due lavori con cui l’artista mira a raffigurare azioni, spazi e manifestazioni che parlino di Libertà / Antifascismo / Antirazzismo, al fine di collegare sensibilità e passione politica all’arte.
Falzetti Antonio, ferrarese classe 1966 trapiantato a Imola e che lavora nel campo della fotografia e della grafica, propone L'abbraccio, fotografia digitale con elaborazione a penna grafica. Un’immagine che vuole esprimere il gesto di protezione e difesa del proprio fratello contro il sopruso, l'ingiustizia, l'omofobia. Il colore argilla dei due fratelli Broche, modelli per questo scatto, esprime l'essenza materiale del corpo e il suo immenso valore intrinseco. Falzetti lavora nel campo della fotografia dal 1995, quando inizia come fotografo ritrattista e successivamente come fotoreporter, prima a Imola poi a
Berlino per riviste e quotidiani( TAZ Berlin, Siegesseule). Dal 2000 Realizza una serie di progetti artistici nel campo teatrale e della danza all’interno delle sedi Comunali di Imola e Bologna, oltre a collaborare alla realizzazione di diverse mostre e cataloghi per Musei.
Villa Simone propone l’opera SCIO’ AAHHHHH, un’illustrazione a pennarello su carta in bianco e nero che rappresenta parte di quelle che erano le “tipologie” dei prigionieri dei campi di concentramento: in basso e in primo piano i triangoli rosa, ovvero gli omosessuali, che si tengono per mano in una stretta complice, sopra di loro i triangoli rossi, ovvero i prigionieri politici, legati da un intreccio di braccia, sorta di visione di un ammanettamento, sopra ancora i triangolo verdi, i criminali comuni, con una mano fra le gambe in gesto scaramantico, “in quanto se fortunati, venivano scelti per la sorveglianza del lager”, spiega l’artista. Regna su tutto un Dio/Diavolo creatore e distruttore, che domina/protegge/uccide. Villa si dedica all’espressione artistica spaziando dall’illustrazione alla realizzazione di abiti artistici in pezzi unici, forte dell’esperienza decennale nel campo del tessile. Villa collabora infatti con svariati marchi, seguendo dall’accessorio al total look, sia uomo che donna.
VERONA – La prima delle nove inaugurazioni che nel mese di aprile animeranno Verona con la collettiva A Memoria d’Arte, dedicata al 25 aprile 1945 e alla Memoria vedrà esposti, mercoledì 8 aprile presso l’Osteria ai Preti (ore 18.30), i lavori di sei artisti alle prese con tecniche diverse, per declinare i temi della memoria e della liberazione, della resistenza, della libertà e della democrazia.
Sandro Cappelletti partecipa con due quadri figurativi che attraverso scelte cromatiche simboliche illustrano il dramma degli anni dello sterminio nazi-fascista, ispirati anche dalla presentazione dell’iniziativa scritta dal padrino della manifestazione Vittore Bocchetta, scultore, pittore e umanista partigiano. In uno dei due lavori, ad esempio, il cielo giallo indica la follia scatenatasi durante “gli anni della più assoluta ingiustizia” e il disprezzo per la sessualità degli omosessuali, resi riconoscibili dai triangoli rosa.
Nato a Catania nel 1959, Cappelletti risiede a Verona dal 1974. A Verona ha seguito il corso di pittura dell’Accademia di Belle Arti, sotto la guida del professore Aldo Tavella e si è perfezionato, frequentando i corsi di pittura del Centro di Cultura “G. Toniolo”, sotto la guida del professore Umberto G. Tessari e partecipando al gruppo “Amici dell’arte N. Nardi”.
Cristina Fornari propone un dittico il cui tema conduttore è la città, vista prima e dopo il 25 aprile. La prima tavola rappresenta la città velata di grigio, segno di tristezza e desolazione; la seconda una città piena di colore, segno di rinascita alla vita. Entrambi i lavori sono eseguiti con tecnica mista, realizzati principalmente utilizzando colori acrilici e gesso, su carta incollata su pannelli di legno e verniciata.
I lavori di Cristina Fornari spesso racchiudono un mondo fantastico, immagini semplici e poetiche capaci di vivacizzare la quotidianità, caratterizzate da una continua ricerca cromatica che rende paesaggi e figure lontani dalla realtà. ”Veri e propri sogni colorati che -dice l’artista- sento di dover dipingere”. Opere semplici, in grado di mettere d’accordo grandi e piccini.
Elena De Ghantuz Cubbe presenta un’opera a forma di scatola, mix tra collage di giornali e ceramica, dove campeggia un fiore rosso a simboleggiare la Memoria, un fiore da coltivare e proteggere.
Artista romana, residente a Verona da oltre quaranta anni, Elena ha nel sangue un mix abbastanza insolito: un nonno siriano e una nonna tedesca nel ramo paterno e un’intera generazione di romani doc in quella materna. Quando crea Elena libera quella parte bambina svincolata da pregiudizi ed aperta a recepire senza filtri le cose del mondo, mettendo da parte le mille sovrastrutture con cui la complessa civiltà occidentale costringe a fare i conti.
Tanja Mastroiacovo propone un’opera che si sofferma sulla Liberazione come caduta dell’oppressione, con l’avvento dirompente della Libertà. Un velo nero viene stracciato e accantonato nella parte inferiore della composizione, si contrappone allo spazio “liberato” dove compaiono i colori, che senza passare attraverso forme rappresentative comunicano per mezzo della percezione e dell’impatto visivo. “I colori e le forme astratte generano impressioni soggettive, così come la liberazione può essere intesa in modi differenti” spiega Tania. Una parte del sipario nero mantiene però incombente la sua presenza nello spazio, celando parte di queste libertà, così come accade nella realtà.
Le opere di Tania sono spesso e volentieri figlie della fantasia e dell’immaginazione che danno luogo a composizioni dove svariate immagini, ricordi e idee prendono forma e convivono in un unica istantanea, animata da colori squillanti e riproduzioni realistiche, un mix di razionalità e invenzione, “legate nello spazio da relazioni nascoste”, spiega l’artista.
Antonella Brescia propone un suo lavoro Batik, che rielabora l’antica arte indonesiana per la decorazione dei tessuti (batik in indonesiano significa “scrivere sulla cera”) basata sulla “tecnica a riserva” che consiste nella copertura di zone definite di tessuto con cera
calda al fine di renderle impermeabili al colore. Il motivo decorativo è dunque ottenuto non tanto lavorando con i colori sul tessuto ma nel tessuto. Dall’Albania a Verona, attraverso la Basilicata e la Puglia, tracce di cera inseguono ed avvolgono i percorsi della Brescia. Ruvidi e caldi come i suoni della lingua arbresh. Caldi come la cera. Ruvidi come i tessuti che se ne impregnano.
Facchin Ruggero, pittore veronese classe 1974, diplomatosi in pittura nel 1998 dopo aver frequentato l'Accademia di Belle Arti di Venezia e di Madrid, propone una delle sue ultime creazioni. Facchin è un artista per cui ogni mezzo espressivo, si tratti di pittura, disegno, collage, video, fotografia e o altro, è funzionale a “interpretare quello che ci sta intorno e dentro e a dare una propria visione attraverso un linguaggio, un proprio linguaggio”. “Se il linguaggio funziona – prosegue Facchin- si può aggiungere la didascalia. Facoltativa”. Perché per lui, “tutta la pittura è concettuale; e al contempo figurativa e astratta, una forma di pensiero e un metodo attraverso cui conoscere meglio le cose”.
Secondo appuntamento venerdì 10 al Malacarne di via S. Vitale 14/a dove alle 19 inaugura la mostra che vede esposti i lavori di Zardini Gianni, Crestani Davide, Signori Riccardo, Falzetti Antonio e Villa Simone. Animerà l’inaugurazione un mini concerto di Michelebombaatomica che, non immune dai devastanti effetti della colonizzazione
americana post-bellica, canta in inglese e suona in acustico chitarra e banjo, accompagnato da un’italica fisarmonica e altre facezie.
Zardini Gianni, Presidente del Circolo Pink di Verona e grafico professionista, propone un lavoro di grafica, un trittico intitolato Ero così. Poi così. Alla fine così. Un lavoro che esprime tre tappe dell’uomo: prima del lager, l'arresto e l'allontanamento dal mondo circostante, l'internamento nel lager con svuotamento della persona, quando rimane solo il triangolo rosa distintivo della categoria di prigionieri omosessuali. Un’opera che sottolinea come alla fine di quel triste percorso restasse “solo il triangolo che segnava le categorie, il resto della vita non esisteva più”, spiega Zardini.
Crestani Davide propone tre rielaborazioni al computer di foto che riprendono manifestazioni antirazziste e antifasciste svoltesi a Verona e che vengono dall’artista collocate all’interno dello spazio della targa di Lungadige Porta Vittoria, dedicato recentemente a Nicola Pasetto, noto esponente della destra veronese deceduto nel 1997. Crestani privilegia fermare con i suoi scatti momenti di vita e di folclore locali, ama fotografare situazioni che esaltano le contraddizioni sociali, con una sensibilità ed una ironia spesso dissacrante, “rivolta a un mondo e a una cultura ferma, statica, stereotipata” per l’artista. Cronista puntuale, Davide vede dove altri non vedono, accostando ad esempio con irriverente simpatia, sacro e profano, offrendo punti di vista insoliti sempre sorretti da una lucida curiosità ed autoironia.
Signori Riccardo partecipa con due lavori, uno di pittura e l’altro fotografico. Il primo si intitola Homo insapiens, misto di pittura e testo dove campeggia un soldato che imbraccia un fucile, l’uomo “non sapiente”; il secondo si intitola No sgombero?, fotografia rielaborata al computer che riprende un enorme peluche che tiene in mano una bandiera rossa collocato da Signori sul muro dell’ultima sede del centro sociale di Verona la Chimica. Due lavori con cui l’artista mira a raffigurare azioni, spazi e manifestazioni che parlino di Libertà / Antifascismo / Antirazzismo, al fine di collegare sensibilità e passione politica all’arte.
Falzetti Antonio, ferrarese classe 1966 trapiantato a Imola e che lavora nel campo della fotografia e della grafica, propone L'abbraccio, fotografia digitale con elaborazione a penna grafica. Un’immagine che vuole esprimere il gesto di protezione e difesa del proprio fratello contro il sopruso, l'ingiustizia, l'omofobia. Il colore argilla dei due fratelli Broche, modelli per questo scatto, esprime l'essenza materiale del corpo e il suo immenso valore intrinseco. Falzetti lavora nel campo della fotografia dal 1995, quando inizia come fotografo ritrattista e successivamente come fotoreporter, prima a Imola poi a
Berlino per riviste e quotidiani( TAZ Berlin, Siegesseule). Dal 2000 Realizza una serie di progetti artistici nel campo teatrale e della danza all’interno delle sedi Comunali di Imola e Bologna, oltre a collaborare alla realizzazione di diverse mostre e cataloghi per Musei.
Villa Simone propone l’opera SCIO’ AAHHHHH, un’illustrazione a pennarello su carta in bianco e nero che rappresenta parte di quelle che erano le “tipologie” dei prigionieri dei campi di concentramento: in basso e in primo piano i triangoli rosa, ovvero gli omosessuali, che si tengono per mano in una stretta complice, sopra di loro i triangoli rossi, ovvero i prigionieri politici, legati da un intreccio di braccia, sorta di visione di un ammanettamento, sopra ancora i triangolo verdi, i criminali comuni, con una mano fra le gambe in gesto scaramantico, “in quanto se fortunati, venivano scelti per la sorveglianza del lager”, spiega l’artista. Regna su tutto un Dio/Diavolo creatore e distruttore, che domina/protegge/uccide. Villa si dedica all’espressione artistica spaziando dall’illustrazione alla realizzazione di abiti artistici in pezzi unici, forte dell’esperienza decennale nel campo del tessile. Villa collabora infatti con svariati marchi, seguendo dall’accessorio al total look, sia uomo che donna.
08
aprile 2009
A Memoria d’Arte #1
Dall'otto aprile all'otto maggio 2009
arte contemporanea
Location
OSTERIA AI PRETI
Verona, Interrato Acqua Morta, (Verona)
Verona, Interrato Acqua Morta, (Verona)
Vernissage
8 Aprile 2009, ore 18.30
Sito web
www.circolopink.it/memoriarte.htm
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