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A PSALM FOR THE WILD BUILT UN SALMO PER COLORO SELVAGGI DENTRO
Prendendo il titolo dall’omonimo libro di Becky Chambers “A Psalm For The Wild Built“, questa mostra aspira a essere una poesia visiva in riverenza di coloro che sono selvaggi dentro.
Comunicato stampa
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Prendendo il titolo dall’omonimo libro di Becky Chambers “A Psalm For The Wild Built“, questa mostra aspira a essere una poesia visiva in riverenza di coloro che sono selvaggi dentro. Si presenta come una dichiarazione d'amore e solidarietà da parte di quattro artiste selvagge dentro, insieme alle quattro donne selvagge dentro che gestiscono la Luisa Catucci Gallery, verso i/le loro collegh* selvagg*—ugualmente a donne, uomini e diversi.
La selvatichezza interiore è una forza profonda e indomita che risiede nel profondo di molti individui. Abbracciare questa selvatichezza interiore significa, in particolare per le donne, di accedere al proprio npotere primordiale, riconnettersi con i propri istinti naturali e affrontare le complessità della vita con uno spirito feroce e indomito.
Questa selvatichezza sfida le aspettative e le limitazioni della società; può essere contenuta o repressa temporaneamente, ma inevitabilmente trova la sua via per emergere. È una fonte di immensa forza, resilienza e intuizione, che si manifesta in espressioni di creatività profonda, curiosità feroce e determinazione incrollabile. Questo flusso di creatività indomita pone le artiste donne nella prima linea dei selvaggi dentro, nonostante gli svantaggi storici e sociali che hanno negato loro le stesse opportunità offerte ai loro colleghi maschi.
Come un vulcano che erutta dopo anni di quiescenza, la creatività delle donne è risorta nel corso del secolo scorso, contribuendo in modo significativo alle trasformazioni selvagge, sfidanti e fonti di ispirazione che la società richiede continuamente. Le manifestazioni dell'arte delle donne "wild built" nella scena artistica contemporanea sono vaste e varie. Questa mostra non cerca di rappresentare o insegnare la storia delle donne nell'arte (o in altri campi), ma piuttosto di esprimere semplicemente amore e apprezzamento per gli spiriti affini.
Inoltre, la selvatichezza interiore si manifesta in diverse forme di espressione. Questa mostra non si concentra sui gesti esplosivi simili a quelli di Jackson Pollock o sulle espressioni appassionate di Tracey Emin, ma piuttosto su una selvatichezza che induce riflessioni profonde su se stessi, la società, l'esistenza e i propri atteggiamenti e ruoli.
MARION MANDENG
L'artista tedesca Marion Mandeng vive e lavora tra Berlino e Londra. La ripetizione è fondamentale nel lavoro di Marion, servendo come potente strumento per sottolineare la sua critica ironica alla società, ai modelli di ruolo e alla standardizzazione. Indaga il comportamento umano e rivela una prospettiva femminile—il "soggetto mancante" freudiano nella società.
Attraverso la sua visione artistica, le vulve—lungamente oggettificate dalla società—diventano soggetti potenti, rappresentando la storia della lotta delle donne per i propri diritti. Allo stesso tempo, oggetti tradizionalmente associati agli uomini vengono arricchiti con una dimensione femminile, suggerendo che la costruzione di una realtà sana richiede un equilibrio tra maschile e femminile, donne e uomini.
La gamma di colori utilizzati dalla Mandeng, principalmente rosa e nero, è una combinazione elegante e pure ricca di significato. Simboleggia la collaborazione interrazziale, un altro pilastro fondamentale per una società sana.
In una delle sue serie, Marion ritrae supereroi—donne e uomini—dipinti di nero e inscatolati, indicando come i valori falsi ed imposti, standardizzano e reprimono piuttosto che valorizzare qualità uniche.
Ricco di umorismo, il lavoro di Marion Mandeng rappresenta una manifestazione sana del femminismo. Ritrae le donne come protagoniste impegnate per una società più emancipata, equilibrata e giusta, sostenute da tutti gli altri esseri selvaggi dentro.
BARBARA BOEKELMAN
Barbara Boekelman è un'artista olandese che vive in Nuova Zelanda, recentemente classificatasi terza nel concorso internazionale BBA Art Prize.
I suoi dipinti sono forti e fieri, ma anche confortanti, familiari e avvolgenti, ricchi di contrappunti stimolanti. A prima vista, i dipinti di Barbara Boekelman appaiono astratti, ma rivelano una figurazione nascosta all'interno delle pennellate. Utilizzando immagini rappresentative come punto di partenza, si abbandona gradualmente a una fusione prevalentemente astratta di colore e forma. In un esercizio intuitivo di nascondere e rivelare, il primo piano e lo sfondo si spostano continuamente. Questa alternanza tra astrazione e figurazione permette a Barbara di gioire nella libertà di espressione, rifiutando attivamente di scegliere una piuttosto che l'altra. Come qualsiasi persona "wild built", non può essere definita da una sola caratteristica.
La sua palette di colori scelta offre un contrasto delizioso, essendo vivida, energica e quasi aggressiva, ma anche morbida, confortante e affascinante, grazie alle note pastello abilmente aggiunte all'impasto. Barbara abbraccia le contraddizioni dell'esistenza, rivelandole nella sua arte. Il suo background nel giornalismo la spinge a basare le narrazioni dei suoi dipinti su questioni sociali, politiche o esistenziali a lei vicine.
Le opere coinvolte in "Psalm For The Wild Built" sono quelle recentemente premiate dal BBA, che mostrano il suo approccio dinamico e sfaccettato all'arte contemporanea.
CATHY JARDON
Nel lavoro della pittrice francese Cathy Jardon, la costruzione geometrica, la percezione e la ripetizione sono elementi chiave. Un primo sguardo al lavoro di Cathy rivela il suo impeccabile senso estetico, ricco di giocosa vivacità e sottolineato da una palette di colori vibrante e positiva. A un'ispezione più attenta, il suo vocabolario geometrico astratto mette continuamente in discussione la stessa nozione di immagine. I dipinti di Cathy sono meticolosamente costruiti, con un chiaroscuro illusorio che serve come campione indiscusso delle sue composizioni. I suoi dipinti sono densi, ossessivi e controllati, eppure in ognuno emerge un elemento come una nota dissonante e potente—l'elemento "wild built" per il quale la conformità è impossibile e inaccettabile.
Questo elemento potrebbe essere un singolo fiocco, che si percepisce come incapace di accettare e conformarsi alla realtà, o una prospettiva strana che mostra il collasso di un'esistenza piena di contraddizioni—un tocco di metafisica per i ravers "wild built". I dipinti di Cathy Jardon non sono un incitamento alla ribellione, ma un'ode alla singolarità. Non ci sono risposte definitive fornite nel lavoro di Cathy a queste riflessioni esistenziali, ma quando ci si confronta con esse, si è avvolti da una calda sensazione di accettazione e solidarietà. La sua arte invita gli spettatori ad abbracciare le loro prospettive uniche e le contraddizioni intrinseche dell'esistenza, celebrando l'individualità e la bellezza della non conformità.
ELEONORA ROARO
L'artista italiana Eleonora Roaro basa la sua pratica artistica sull'immagine in movimento, con un focus particolare sulla storia del cinema, l'archeologia della filmografia e gli archivi. Lavora con una varietà di media, tra cui video, fotografia, performance, intelligenza artificiale e realtà virtuale. Roaro spesso rivisita, riproduce e rielabora vecchi dispositivi e iconografie cinematografiche per dare un senso alla cultura e alla società attraverso le immagini.
Il suo ultimo lavoro, "Irma Vep," incluso nella mostra "Psalm For The Wild Built," trae ispirazione dalla serie cinematografica dei primi del '900 di Louis Feuillade. Questo pezzo esplora temi come la dipendenza online, il comportamento e la sessualità. In "Irma Vep," Roaro crea un alter ego basato su interviste con dominatrici professioniste (“pro-domme”) attive tra Milano e Torino.
Irma Vep diventa un personaggio collettivo, offrendo riflessioni sul lavoro sessuale, il feticismo, il desiderio e il ruolo delle immagini nella società contemporanea, in una dimensione "onlife" in cui i confini tra online e offline sono sempre più sfumati. Vestita con una tuta in lattice e stivali lucidi, Irma Vep incarna impulsi feticistici e sadomasochistici (SM). Ispirandosi alle osservazioni di Arnheim dai primi giorni del cinema sonoro, Roaro evidenzia come il cinema muto, basandosi esclusivamente sulle immagini, prioritizza la vista come senso principale. I film muti, quindi, offrono un'opportunità unica per esplorare la connessione tra immagini e feticismo, così come il fascino feticistico delle immagini stesse. Come osservava Arnheim, "Il feticcio sarebbe interamente come un simbolo, ma simile a un piano impresso e fisso, un'immagine impressa, una fotografia alla quale si tornerebbe sempre.”
IRINA GABIANI
L'artista georgiana Irina Gabiani, basata in Lussemburgo, crea la sua arte all'interno del concetto di “Minimalism-Complexity,” un'idea in cui minimalismo e complessità non si oppongono ma si completano a vicenda.
L'artista indaga rigorosamente l'interazione concettuale tra cornice, ornamento e spazio. I motivi meticolosamente dettagliati che delimitano lo spazio sono popolati da figure, oggetti e forme accuratamente selezionati. In questo contesto, lo spazio monocromatico funziona come un palcoscenico che chiarisce la nozione psicoanalitica di “grasping the lost” ("afferrare il perduto"). Questo concetto si riferisce allo sforzo umano di comprendere e reclamare ciò che è stato perso, comprendendo realtà, memorie, esperienze o frammenti del sé.
Nella sua opera, Gabiani utilizza linee intricate e motivi dettagliati come atti simbolici di reclamazione, incapsulando l'assenza e rendendo tangibile l'intangibile. Il suo lavoro serve come una manifestazione visiva del tentativo persistente di comprendere e interpretare gli elementi perduti all'interno della nostra coscienza, risuonando con le teorie di C.G. Jung sull'inconscio collettivo e l'integrazione degli aspetti perduti del sé. Gli oggetti e le figure in ogni composizione sono unificati da un colore dominante, che favorisce sia la coerenza che la complessità visiva.
L'esame di Gabiani si estende alle dinamiche di attenzione e percezione, indagando su ciò a cui ci concentriamo, ciò che riteniamo significativo e come questi elementi vengono contestualizzati. La sua arte sottolinea l'equilibrio tra presenza e assenza, invitando gli spettatori a riflettere sul delicato equilibrio tra i due, coinvolgendo così i concetti junghiani di individuazione e la realizzazione conscia del contenuto inconscio.
La selvatichezza interiore è una forza profonda e indomita che risiede nel profondo di molti individui. Abbracciare questa selvatichezza interiore significa, in particolare per le donne, di accedere al proprio npotere primordiale, riconnettersi con i propri istinti naturali e affrontare le complessità della vita con uno spirito feroce e indomito.
Questa selvatichezza sfida le aspettative e le limitazioni della società; può essere contenuta o repressa temporaneamente, ma inevitabilmente trova la sua via per emergere. È una fonte di immensa forza, resilienza e intuizione, che si manifesta in espressioni di creatività profonda, curiosità feroce e determinazione incrollabile. Questo flusso di creatività indomita pone le artiste donne nella prima linea dei selvaggi dentro, nonostante gli svantaggi storici e sociali che hanno negato loro le stesse opportunità offerte ai loro colleghi maschi.
Come un vulcano che erutta dopo anni di quiescenza, la creatività delle donne è risorta nel corso del secolo scorso, contribuendo in modo significativo alle trasformazioni selvagge, sfidanti e fonti di ispirazione che la società richiede continuamente. Le manifestazioni dell'arte delle donne "wild built" nella scena artistica contemporanea sono vaste e varie. Questa mostra non cerca di rappresentare o insegnare la storia delle donne nell'arte (o in altri campi), ma piuttosto di esprimere semplicemente amore e apprezzamento per gli spiriti affini.
Inoltre, la selvatichezza interiore si manifesta in diverse forme di espressione. Questa mostra non si concentra sui gesti esplosivi simili a quelli di Jackson Pollock o sulle espressioni appassionate di Tracey Emin, ma piuttosto su una selvatichezza che induce riflessioni profonde su se stessi, la società, l'esistenza e i propri atteggiamenti e ruoli.
MARION MANDENG
L'artista tedesca Marion Mandeng vive e lavora tra Berlino e Londra. La ripetizione è fondamentale nel lavoro di Marion, servendo come potente strumento per sottolineare la sua critica ironica alla società, ai modelli di ruolo e alla standardizzazione. Indaga il comportamento umano e rivela una prospettiva femminile—il "soggetto mancante" freudiano nella società.
Attraverso la sua visione artistica, le vulve—lungamente oggettificate dalla società—diventano soggetti potenti, rappresentando la storia della lotta delle donne per i propri diritti. Allo stesso tempo, oggetti tradizionalmente associati agli uomini vengono arricchiti con una dimensione femminile, suggerendo che la costruzione di una realtà sana richiede un equilibrio tra maschile e femminile, donne e uomini.
La gamma di colori utilizzati dalla Mandeng, principalmente rosa e nero, è una combinazione elegante e pure ricca di significato. Simboleggia la collaborazione interrazziale, un altro pilastro fondamentale per una società sana.
In una delle sue serie, Marion ritrae supereroi—donne e uomini—dipinti di nero e inscatolati, indicando come i valori falsi ed imposti, standardizzano e reprimono piuttosto che valorizzare qualità uniche.
Ricco di umorismo, il lavoro di Marion Mandeng rappresenta una manifestazione sana del femminismo. Ritrae le donne come protagoniste impegnate per una società più emancipata, equilibrata e giusta, sostenute da tutti gli altri esseri selvaggi dentro.
BARBARA BOEKELMAN
Barbara Boekelman è un'artista olandese che vive in Nuova Zelanda, recentemente classificatasi terza nel concorso internazionale BBA Art Prize.
I suoi dipinti sono forti e fieri, ma anche confortanti, familiari e avvolgenti, ricchi di contrappunti stimolanti. A prima vista, i dipinti di Barbara Boekelman appaiono astratti, ma rivelano una figurazione nascosta all'interno delle pennellate. Utilizzando immagini rappresentative come punto di partenza, si abbandona gradualmente a una fusione prevalentemente astratta di colore e forma. In un esercizio intuitivo di nascondere e rivelare, il primo piano e lo sfondo si spostano continuamente. Questa alternanza tra astrazione e figurazione permette a Barbara di gioire nella libertà di espressione, rifiutando attivamente di scegliere una piuttosto che l'altra. Come qualsiasi persona "wild built", non può essere definita da una sola caratteristica.
La sua palette di colori scelta offre un contrasto delizioso, essendo vivida, energica e quasi aggressiva, ma anche morbida, confortante e affascinante, grazie alle note pastello abilmente aggiunte all'impasto. Barbara abbraccia le contraddizioni dell'esistenza, rivelandole nella sua arte. Il suo background nel giornalismo la spinge a basare le narrazioni dei suoi dipinti su questioni sociali, politiche o esistenziali a lei vicine.
Le opere coinvolte in "Psalm For The Wild Built" sono quelle recentemente premiate dal BBA, che mostrano il suo approccio dinamico e sfaccettato all'arte contemporanea.
CATHY JARDON
Nel lavoro della pittrice francese Cathy Jardon, la costruzione geometrica, la percezione e la ripetizione sono elementi chiave. Un primo sguardo al lavoro di Cathy rivela il suo impeccabile senso estetico, ricco di giocosa vivacità e sottolineato da una palette di colori vibrante e positiva. A un'ispezione più attenta, il suo vocabolario geometrico astratto mette continuamente in discussione la stessa nozione di immagine. I dipinti di Cathy sono meticolosamente costruiti, con un chiaroscuro illusorio che serve come campione indiscusso delle sue composizioni. I suoi dipinti sono densi, ossessivi e controllati, eppure in ognuno emerge un elemento come una nota dissonante e potente—l'elemento "wild built" per il quale la conformità è impossibile e inaccettabile.
Questo elemento potrebbe essere un singolo fiocco, che si percepisce come incapace di accettare e conformarsi alla realtà, o una prospettiva strana che mostra il collasso di un'esistenza piena di contraddizioni—un tocco di metafisica per i ravers "wild built". I dipinti di Cathy Jardon non sono un incitamento alla ribellione, ma un'ode alla singolarità. Non ci sono risposte definitive fornite nel lavoro di Cathy a queste riflessioni esistenziali, ma quando ci si confronta con esse, si è avvolti da una calda sensazione di accettazione e solidarietà. La sua arte invita gli spettatori ad abbracciare le loro prospettive uniche e le contraddizioni intrinseche dell'esistenza, celebrando l'individualità e la bellezza della non conformità.
ELEONORA ROARO
L'artista italiana Eleonora Roaro basa la sua pratica artistica sull'immagine in movimento, con un focus particolare sulla storia del cinema, l'archeologia della filmografia e gli archivi. Lavora con una varietà di media, tra cui video, fotografia, performance, intelligenza artificiale e realtà virtuale. Roaro spesso rivisita, riproduce e rielabora vecchi dispositivi e iconografie cinematografiche per dare un senso alla cultura e alla società attraverso le immagini.
Il suo ultimo lavoro, "Irma Vep," incluso nella mostra "Psalm For The Wild Built," trae ispirazione dalla serie cinematografica dei primi del '900 di Louis Feuillade. Questo pezzo esplora temi come la dipendenza online, il comportamento e la sessualità. In "Irma Vep," Roaro crea un alter ego basato su interviste con dominatrici professioniste (“pro-domme”) attive tra Milano e Torino.
Irma Vep diventa un personaggio collettivo, offrendo riflessioni sul lavoro sessuale, il feticismo, il desiderio e il ruolo delle immagini nella società contemporanea, in una dimensione "onlife" in cui i confini tra online e offline sono sempre più sfumati. Vestita con una tuta in lattice e stivali lucidi, Irma Vep incarna impulsi feticistici e sadomasochistici (SM). Ispirandosi alle osservazioni di Arnheim dai primi giorni del cinema sonoro, Roaro evidenzia come il cinema muto, basandosi esclusivamente sulle immagini, prioritizza la vista come senso principale. I film muti, quindi, offrono un'opportunità unica per esplorare la connessione tra immagini e feticismo, così come il fascino feticistico delle immagini stesse. Come osservava Arnheim, "Il feticcio sarebbe interamente come un simbolo, ma simile a un piano impresso e fisso, un'immagine impressa, una fotografia alla quale si tornerebbe sempre.”
IRINA GABIANI
L'artista georgiana Irina Gabiani, basata in Lussemburgo, crea la sua arte all'interno del concetto di “Minimalism-Complexity,” un'idea in cui minimalismo e complessità non si oppongono ma si completano a vicenda.
L'artista indaga rigorosamente l'interazione concettuale tra cornice, ornamento e spazio. I motivi meticolosamente dettagliati che delimitano lo spazio sono popolati da figure, oggetti e forme accuratamente selezionati. In questo contesto, lo spazio monocromatico funziona come un palcoscenico che chiarisce la nozione psicoanalitica di “grasping the lost” ("afferrare il perduto"). Questo concetto si riferisce allo sforzo umano di comprendere e reclamare ciò che è stato perso, comprendendo realtà, memorie, esperienze o frammenti del sé.
Nella sua opera, Gabiani utilizza linee intricate e motivi dettagliati come atti simbolici di reclamazione, incapsulando l'assenza e rendendo tangibile l'intangibile. Il suo lavoro serve come una manifestazione visiva del tentativo persistente di comprendere e interpretare gli elementi perduti all'interno della nostra coscienza, risuonando con le teorie di C.G. Jung sull'inconscio collettivo e l'integrazione degli aspetti perduti del sé. Gli oggetti e le figure in ogni composizione sono unificati da un colore dominante, che favorisce sia la coerenza che la complessità visiva.
L'esame di Gabiani si estende alle dinamiche di attenzione e percezione, indagando su ciò a cui ci concentriamo, ciò che riteniamo significativo e come questi elementi vengono contestualizzati. La sua arte sottolinea l'equilibrio tra presenza e assenza, invitando gli spettatori a riflettere sul delicato equilibrio tra i due, coinvolgendo così i concetti junghiani di individuazione e la realizzazione conscia del contenuto inconscio.
20
giugno 2024
A PSALM FOR THE WILD BUILT UN SALMO PER COLORO SELVAGGI DENTRO
Dal 20 giugno al 30 agosto 2024
arte contemporanea
Location
LUISA CATUCCI GALLERY
Berlin, Allerstrasse, 38, (Berlin)
Berlin, Allerstrasse, 38, (Berlin)
Orario di apertura
Martedì-Venerdì 11 - 18
Sabato 12 - 17
Vernissage
20 Giugno 2024, 18 - 21
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Autore
Curatore