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AAVV Fotografia come espressione
La scelta, volutamente ma sottilmente provocatoria di accostare autori diversissimi per nazionalità, formazione, esperienze, fama con opere che non hanno apparentemente nulla in comune – non il tema né il soggetto, non la tecnica né lo stile – diventa una sfida intelligente lanciata all’osservatore.
Comunicato stampa
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Pur essendo nata con l’intento di descrivere la natura e rappresentare la realtà, ben presto la fotografia si è confrontata con l’espressività artistica scoprendo così una sua particolare disposizione al dialogo con la pittura, la scultura, la grafica. Questo dialogo non poteva che accentuarsi di fronte ai nuovi confini dell’arte contemporanea quando la comune ricerca si è fatta più profonda e radicale portando all’uso di inediti materiali ma anche a proposte – le performances, le installazioni – capaci di intrecciare i linguaggi fino a fonderli in un unicum. Vero è, tuttavia, che in linea generale i due mondi hanno continuato a lungo a scrutarsi con reciproca diffidenza: quello dell’arte perché non riconosceva all’altro le grandi potenzialità, quello della fotografia perché molti suoi esponenti (dai semplici amatori ai fotoreporter e perfino alcuni critici) non consideravano le valenze artistiche del proprio stesso mezzo.
Diverso è il discorso quando si parla degli artisti stessi perché ai più alti livelli – quelli capaci di non tener conto delle piccole polemiche e interessati a una visione lungimirante – il dialogo c’è sempre stato e con esiti decisamente fruttuosi. Il senso della mostra che la Galleria Bruna Soletti Arte Contemporanea propone con il titolo “Fotografia come espressione” è proprio questo. La scelta, volutamente ma sottilmente provocatoria di accostare autori diversissimi per nazionalità, formazione, esperienze, fama con opere che non hanno apparentemente nulla in comune – non il tema né il soggetto, non la tecnica né lo stile – diventa una sfida intelligente lanciata all’osservatore. Proviamo a seguire questo percorso che inizia con Vincenzo Agnetti (1926-1981) uno dei protagonisti italiani dell’arte concettuale degli anni Settanta, pioniere dell’uso di materiali diversi, dalla poesia alle registrazioni vocali, dalla produzione di oggetti-sculture alla fotografia. E’ un incipit che sembra indicare una porta che si spalanca fino a raggiungere le sorprendenti opere contemporanee di Vanessa Beecroft (Genova, 1969), un’artista internazionale che utilizza la fotografia per fissare le sue performances incentrate sulla forte presenza del corpo. Un corpo affatto diverso è quello che Jan Saudek (Praga, 1935) mette in scena nel suo studio trasformato in un immaginifico teatro dove si animano i sogni e l’eros si esprime con una suggestiva magnificenza: le sue fotografie, realizzate originariamente in bianconero, vengono poi dipinte a mano con cromatismi di una carnalità intensa e contemporaneamente delicata. Un rapido spostamento ci porta al tema del paesaggio che diversi autori affrontano da diversi angoli visuali. Mario Cresci (Chiavari, 1942) lo fa con la sua visione marcatamente legata al segno grafico trasformando anche un semplice luogo di lavoro come una cava in uno spazio geometrico; la danese Birgit Jensen dipingendo paesaggi urbani appena percepibili come tali, che sembrano emergere da antiche riprese fotografiche; lo svizzero Joel Tettamanti indagando nella realtà paesaggistica e architettonica dell’Africa in cui ha vissuto con uno sguardo carico di memoria; l’italiana Pina Inferrera proponendo visioni naturalistiche che si librano in una dimensione sospesa e volutamente fuori dal tempo. Delicato ed essenziale è lo sguardo dell’americano Bill Beckley (Hamburg, 1946) quando si avvicina ai fiori di cui sottolinea la fragilità nei gambi che si stagliano su uno sfondo bianco, nelle corolle colte mentre stanno per aprirsi. Il percorso si chiude con Joseph Kosuth (Toledo, Ohio, 1945), esponente di quell’arte concettuale che a partire dagli anni Sessanta ha ridefinito l’oggetto artistico attraverso una messa in discussione dei canoni tradizionali.
Il percorso è concluso ed ora al visitatore è lasciata la libertà di seguirlo, di contestarlo, di ridisegnarlo.
Roberto Mutti
Diverso è il discorso quando si parla degli artisti stessi perché ai più alti livelli – quelli capaci di non tener conto delle piccole polemiche e interessati a una visione lungimirante – il dialogo c’è sempre stato e con esiti decisamente fruttuosi. Il senso della mostra che la Galleria Bruna Soletti Arte Contemporanea propone con il titolo “Fotografia come espressione” è proprio questo. La scelta, volutamente ma sottilmente provocatoria di accostare autori diversissimi per nazionalità, formazione, esperienze, fama con opere che non hanno apparentemente nulla in comune – non il tema né il soggetto, non la tecnica né lo stile – diventa una sfida intelligente lanciata all’osservatore. Proviamo a seguire questo percorso che inizia con Vincenzo Agnetti (1926-1981) uno dei protagonisti italiani dell’arte concettuale degli anni Settanta, pioniere dell’uso di materiali diversi, dalla poesia alle registrazioni vocali, dalla produzione di oggetti-sculture alla fotografia. E’ un incipit che sembra indicare una porta che si spalanca fino a raggiungere le sorprendenti opere contemporanee di Vanessa Beecroft (Genova, 1969), un’artista internazionale che utilizza la fotografia per fissare le sue performances incentrate sulla forte presenza del corpo. Un corpo affatto diverso è quello che Jan Saudek (Praga, 1935) mette in scena nel suo studio trasformato in un immaginifico teatro dove si animano i sogni e l’eros si esprime con una suggestiva magnificenza: le sue fotografie, realizzate originariamente in bianconero, vengono poi dipinte a mano con cromatismi di una carnalità intensa e contemporaneamente delicata. Un rapido spostamento ci porta al tema del paesaggio che diversi autori affrontano da diversi angoli visuali. Mario Cresci (Chiavari, 1942) lo fa con la sua visione marcatamente legata al segno grafico trasformando anche un semplice luogo di lavoro come una cava in uno spazio geometrico; la danese Birgit Jensen dipingendo paesaggi urbani appena percepibili come tali, che sembrano emergere da antiche riprese fotografiche; lo svizzero Joel Tettamanti indagando nella realtà paesaggistica e architettonica dell’Africa in cui ha vissuto con uno sguardo carico di memoria; l’italiana Pina Inferrera proponendo visioni naturalistiche che si librano in una dimensione sospesa e volutamente fuori dal tempo. Delicato ed essenziale è lo sguardo dell’americano Bill Beckley (Hamburg, 1946) quando si avvicina ai fiori di cui sottolinea la fragilità nei gambi che si stagliano su uno sfondo bianco, nelle corolle colte mentre stanno per aprirsi. Il percorso si chiude con Joseph Kosuth (Toledo, Ohio, 1945), esponente di quell’arte concettuale che a partire dagli anni Sessanta ha ridefinito l’oggetto artistico attraverso una messa in discussione dei canoni tradizionali.
Il percorso è concluso ed ora al visitatore è lasciata la libertà di seguirlo, di contestarlo, di ridisegnarlo.
Roberto Mutti
23
marzo 2011
AAVV Fotografia come espressione
Dal 23 marzo al 30 giugno 2011
fotografia
Location
BRUNA SOLETTI ARTE CONTEMPORANEA
Milano, Via Bramante, 40, (Milano)
Milano, Via Bramante, 40, (Milano)
Orario di apertura
da martedì a venerdì 15,00 -19,00 (e su appuntamento)
Vernissage
23 Marzo 2011, dalle 17
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