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A+B+C/F=Futurismo. 100 anni di parole in libertà
La mostra raccoglie nella sezione centrale tutti i più importanti manifesti della storia del Futurismo.
Comunicato stampa
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Rimarrà aperta fino al 26 luglio 2009 la mostra A+B+C/F=FUTURISMO nelle sedi di Palazzo del Monferrato, del Museo del Cappello e della Banca d’Italia di Alessandria, a cura di Sabrina Raffaghello e Roberto Borghi.
La mostra, che raccoglie nella sezione centrale tutti i più importanti manifesti della storia del Futurismo, inaugurerà domenica 14 giugno 2009 alle ore 17.00 con una conferenza-spettacolo di Philippe Daverio in collaborazione con Cristophe Daverio e Anna Rosa Faina Gavazzi.
Il percorso espositivo si apre con il Manifesto del Futurismo di Filippo Tommaso Marinetti pubblicato su Le F**aro il 20 febbraio 1909 per presentare nelle sale del Palazzo quasi quattro decenni di produzione teorica che, partendo dalla grande importanza che il Futurismo ha conferito all’aspetto iconico della parola ed elaborando testi che sono stati pensati anche come opere d’arte visiva, riproduce segni e stilemi entrati a far parte del nostro background iconografico. Seguendo il principio di contaminazione tanto caro ai "rivoluzionari" futuristi la grafica della mostra e' stata pensata dall'artista contemporaneo Ugo Nespolo che ha contestualizzato un disegno grafico e progettuale rendendo testimonianza di come il messaggio e il linguaggio futurista siano diventati universali. Fin dalla sua nascita, il Futurismo è stato caratterizzato dalla produzione di “manifesti”, vale a dire di dichiarazioni programmatiche dedicate alle diverse arti, ma anche agli aspetti pratici della vita quotidiana, pubblicati sui più vari organi di stampa. Questo desiderio di “manifestare” è connaturato all’essenza stessa del movimento fondato da Marinetti cento anni fa. Il Futurismo ha infatti coltivato la pretesa di “ricostruire” a propria immagine e somiglianza nientemeno che “l’universo”, cioè di reinventare la realtà a partire dalle proprie idee, e per farlo ha tentato di convincere della positività di questa impresa una vasta schiera di seguaci. I “manifesti futuristi” saranno il corpus centrale del percorso espositivo della mostra e offriranno una chiave di comprensione fondamentale per la storia del movimento.
Il percorso si articolerà in diverse sezioni come la moda e il costume, le donne e il futurismo, la musica, il cinema, la pittura e la scultura, nelle quali sono esposti dipinti, fotografie con un importante corpus proveniente dal Museo Alinari di Firenze; libri e lettere dei più rilevanti esponenti del movimento con un contributo fondamentale proveniente dalla Collezione Wolfson di Genova e dalla Collezione Nespolo, ma anche di figure sottovalutate e allo stesso tempo di grande interesse. In particolare Palazzo Monferrato ospiterà una dettagliata rassegna di Futuristi piemontesi e una sezione intitolata The visionary man, quasi una “mostra nella mostra” che comprende più di 30 opere di Antonio Sant’Elia poste a confronto con il pensiero sull’architettura di Daniel Libeskind. Il Museo de Cappello ospiterà invece la sezione dedicata al tessuto e alla moda, partendo dai manifesti della moda futurista e del cappello: tra le opere esposte il Panciotto di Depero e il Cappello Futurista.
Letture semantiche di un movimento
A come arte e vita
Il fenomeno del futurismo, inquadrato nel sistema della storia culturale italiana, merita un’attenzione pragmatica verso quello che grazie al suo inventore, Filippo Tommaso Marinetti, diventò un modello di vita ridisegnando lo status quo dell’essere artista di matrice bohèmienne, rivoluzionando il sistema di una cultura filo francese per aderire al modello germanico, innovativo e rinnovatore. La sua rivoluzione portava il linguaggio artistico sul piano comportamentale di adesione totale a stilemi totalmente rivoluzionari. Ecco, che l’artista diventava uomo, facendo della sua arte, un modus vivendi. In questo modo il dibattito culturale usciva dalle strette cerchie dei salotti e sfociava in una cultura di massa che apriva i suoi dettami ai più disparati adepti. Non essendoci più la mitizzazione dell’artista, come figura evanescente, il suo ruolo veniva giocato tutto, sul piano dei comportamenti e delle azioni. Le stesse opere, prima di essere definite tali, partecipavano ad una partogenesi progettuale di declamazioni oratorie rivolte alle dinamiche delle innovazioni e delle rivoluzioni. Questo”panteismo dell’arte”[1] <#_ftn1> sarà l’eredità che il futurismo trasmetterà per via alchemica al surrealismo ed al dadaismo. L’artista vive, in quanto la vita stessa è arte, l’adesione, totale, all’idea rivoluzionaria del movimento genera un dibattito in seno al proprio essere, il modello si trasferisce su piano collettivo, non più un‘ arte individuale ma un’ arte totale , totalitaria e collettiva. Il gruppo genera gli eroi , il movimento li rende celebri , l’dea diventa militante,la parola diventa azione primaria, il manifesto ne è l’innovativo mezzo di diffusione.
B come bellezza
“Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova: la bellezza della velocità. Un automobile da corsa con il suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall’alito esplosivo… un automobile ruggente ,che sembra correre sulla mitraglia, è più bello della Vittoria di Samotracia “[2] <#_ftn2>
Guaridiamo con occhi nuovi ad un nuovo canone di bellezza, la rivoluzione apre dunque a scenari futuribili tesi a raccogliere nuovi elementi formali per tracciare un’idea di bellezza da tutti condivisa e partecipata. Ecco dunque, che il nuovo linguaggio presenta un rinnovamento contrario alla staticità delle forme ,al classicismo delle proporzioni, aperto ad una nuova visione del mondo. Gli elementi formali che tracciano un nuovo modello di comunicazione sono quelli che si incontrano nella dimensione comune , in strada , nelle fabbriche , tra la gente. Questa compartecipazione agli stilemi iconografici permette la tracciabilità e la riconoscibilità dei segni ideali, l’uomo non subisce più un gioco di proporzioni tesi all’esaltazione del bello , l’uomo partecipa al bello, conscio che le dimensioni dello spazio e del tempo sono pronte ad accogliere le sue sperimentazioni , il suo giocare con la velocità e con le macchine.
A questa totale disposizione nell’accogliere la modernità il progresso , la tecnologia il concetto di bellezza forgia i suoi nuovi dettami riconoscibili perché parte integrante di un modo di essere totalizzante. “ nel mio primo manifesto dichiarai : la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova, la bellezza della velocità. Dopo l’arte dinamica la nuova religione- morale nasce in quest’anno futurista La velocità, avendo per essenza la sintesi di tutte le forze in movimento , è naturalmente pura. … Velocità= sintesi di tutti i coraggi in azione. Aggressiva e guerresca”.[3] <#_ftn3>
Dunque il piano formale passa dalla sacralità dell’arte a quello della genialità.
La poesia , la musica , il teatro, la pittura ,e tutte le arti raccolgono la sfida il genio esprime il suo valore, non gli atti formali ,ma una nuova combinazioni di valori che nel 1921 sfoceranno nel tattilismo[4] <#_ftn4> nuovo modello semantico attraverso la trasmissione del binomio pensiero oggetto/ sensazione educazione.
In questi termini al concetto di bellezza è doveroso affiancare quello di estetica, nel 1910 il manifesto[5] <#_ftn5> che sancisce la nascita di un’estetica futurista, esprime la necessità di rompere il legame con tutto ciò che cresce dal passato,la nuova estetica risponde all’utilità, il progresso genera vita, il futurismo ne è il germe vivificatore. Il trionfo dell'industrializzazione, i fenomeni tecnici e sociali del XIX secolo che spaziavano dall'aviazione all'energia elettrica sono i nuovi valori, il Futurismo ne proclama la supremazia culturale. La nuova sintassi si esprime decostruendo la forme linguistiche per celebrare una nuova semantica, “l’immaginazione senza fili e le parole in libertà”[6] <#_ftn6> ,la distruzione genera forme visive simultanee, l’estetica trionfa attraverso la parola, le azioni si compiono in un nuovo lirismo meccanico, il verbo potente rivelatore di volontà umane, riscrive la storia dell’uomo futurista.
C come città
L’anima futurista è legata alla visione di un mondo industriale e produttivo, utile all’uomo in continuo cambiamento, completamente avvolto da luci e rumori , attraversato da macchine e aeroplani , affascinato da un’ideologia di avanguardia e rinnovamento.
Questo coesistere su diversi livelli di percezione, genera un tracciato simultaneo di linee andamentali innovatrici, che prefigurano città ideali, monumenti alla scienza ed alla tecnica, percorse da caotiche atmosfere e fortificanti rumori.
La guerra rigeneratrice del mondo provvede alla nascita di città nuove.
“Nella vita moderna il processo di conseguente svolgimento stilistico nell’architettura si arresta. L’architettura si stacca dalla tradizione. S i ricomincia da capo per forza”.[7] <#_ftn7>
La metropoli tumultuosa diventa madre di energie dispensatrice di impulsi per l’uomo futurista.
Il senso di libertà, il non avere radici, il ritrovarsi in luoghi mutevoli perché non soggetti alle leggi della staticità epocale si rispecchia in Marinetti già attraverso le pagine del libro “ La Ville Charnelle” (1918) città vivificante, carnale che attrae nel suo grembo in un totalitario atteggiamento di desiderio alienante e liberatorio. Creando un’estetica tattile anche la città diventa tentacolare , dinamica sensoriale e questo è chiaro attraverso gli scritti ma ancor più attraverso l’idea di sé che viene proposta attraverso le immagini.
“La città che sale “, Boccioni la dipinge tra il 1910 e il 1911, rappresenta un cantiere dove stanno costruendo vasche per l'acqua destinate ad una centrale termoelettrica di Milano. Una scena confusa e sfuocata, grazie alle pennellate ancora filamentose e al contrasto di luce e colore: tuttavia è possibile distinguere sullo sfondo impalcature di costruzioni e ciminiere fumanti. L'artista vuol comunicarci l'idea del movimento e della fatica umana e animale attraverso la simultaneità, che consente la presenza contemporanea del cavallo sia sullo sfondo che in primo piano, dove è ostacolato dal gesto dell'operaio che cerca con tutte le sue forze di fermarlo, aggrappandosi alle briglie. Il cavallo è per Boccioni ciò che la macchina significa per Marinetti: il simbolo del progresso, della crescita urbana ed economica propri dello spirito moderno. Ma per comprendere a fondo le innovazioni dell’architettura bisogna guardare ad un giovane architetto comasco, Antonio Sant’Elia. Sant’Elia è il genio dell’architettura futurista , è il poeta . I suoi disegni teorizzano la decostruzione su piani simultanei, le linee pure germinano in energie composite, i suoi schizzi sono pagine di alta poesia , colpiscono l’animo umano con un linguaggio arcaico, spezzano la confusione di una babele passatista per rendere attraverso semplici segni un’alchimia delle forme.
Il Manifesto dell’Architettura Futurista da lui redatto nel 1914, proclama l'utopia futurista, una città in perenne mutamento, agile e mobile in ogni sua parte, un continuo cantiere in costruzione, e la casa futurista allo stesso modo è impregnata di dinamicità.
Anche l'utilizzo di linee ellittiche e oblique simboleggia questo rifiuto della staticità per una maggior dinamicità dei progetti futuristi, privi di una simmetria classicamente intesa.
Il Futurismo anticipa i grandi temi e le visioni dell'architettura e della città che saranno proprie del Movimento Moderno .
F = FOTOGRAFIA
I fratelli Bragaglia, Anton Giulio e Arturo , sperimentano al pari di Boccioni il dinamismo delle forme in fotografia. Riprendono gli studi e le sperimentazioni sul movimento di Marey e Muybridge della fine dell’Ottocento, affascinati dall’intenzione di rendere la simultaneità dei corpi attraverso l’essere nello spazio e nel tempo. Il foto dinamismo sperimentato dai due fratelli diventa poesia dell’immagine , il senso dell’essere diventa spirituale non fisico, il corpo si dissolve in piani simultanei senza tempo, generando non netti passaggi di visioni ma dissolvenze luminose. La luce permea la materia e i corpi, dissolve la corporeità per evidenziarsi in vera forza : l’energia meccanica.
L’immagine si carica di contenuti emotivi immediati ,tematica assai cara ai futuristi, la semiotica di sperimentazione coesistendo con il vitalismo soggettivo reinterpretava la realtà fisica rendendola
accattivante sul piano sensoriale.
Con la fotografia i futuristi si aprono alla dimensione psicologica e alla cultura spiritualistica.
Questo linguaggio li avvicina alle teorie parascientifiche spostando la percezione su un piano ti “trascendentalismo psichico”[8] <#_ftn8> .
I piani plastici emettono energia , la fotografia attraverso le sue innovazioni tecniche riesce a rendere questa forza con i diversi campi di luce. Il mito della scienza e della tecnologia s’incontra con il mito dell’ultraterreno, dell’occulto rendendo l’uomo strumento percettibile di tali avvenimenti.
Depero si avvalse della fotografia superandone il tradizionale utilizzo "da studio" con una serie di autoritratti surreali e grotteschi, realizzati mescolando espressioni facciali ironiche e pose stravaganti. Nascono così due nuovi generi fotografici: la fotografia emblematica e la foto-performance.
Il periodo che segue la Prima Guerra Mondiale rappresenta l'apice della fotografia futurista. Ne furono i massimi artefici i già citati fratelli Bragaglia, ma anche alcuni temerari sperimentatori delle nuove possibilità espressive: Palladini, che approfondì l'importanza dell'uso del fotomontaggio nell'arte, Carmelich, con la sua composizione di oggetti, e molti avanguardisti che sperimentarono diffusamente il fotocollage. Di lì a poco, nel 1929, la mostra "Film und Foto" tenutasi a Stoccarda dà a Marinetti, padre indiscusso del movimento, e a Tato la spinta finale per la formulazione di un Manifesto della Fotografia Futurista.
“La fotografia di un paesaggio, quella di una persona o di un gruppo di persone, ottenute con
un'armonia, una minuzia di particolari ed una tipicità tali da far dire: "Sembra un quadro", è cosa per noi assolutamente superata”[9] <#_ftn9>
La mostra, che raccoglie nella sezione centrale tutti i più importanti manifesti della storia del Futurismo, inaugurerà domenica 14 giugno 2009 alle ore 17.00 con una conferenza-spettacolo di Philippe Daverio in collaborazione con Cristophe Daverio e Anna Rosa Faina Gavazzi.
Il percorso espositivo si apre con il Manifesto del Futurismo di Filippo Tommaso Marinetti pubblicato su Le F**aro il 20 febbraio 1909 per presentare nelle sale del Palazzo quasi quattro decenni di produzione teorica che, partendo dalla grande importanza che il Futurismo ha conferito all’aspetto iconico della parola ed elaborando testi che sono stati pensati anche come opere d’arte visiva, riproduce segni e stilemi entrati a far parte del nostro background iconografico. Seguendo il principio di contaminazione tanto caro ai "rivoluzionari" futuristi la grafica della mostra e' stata pensata dall'artista contemporaneo Ugo Nespolo che ha contestualizzato un disegno grafico e progettuale rendendo testimonianza di come il messaggio e il linguaggio futurista siano diventati universali. Fin dalla sua nascita, il Futurismo è stato caratterizzato dalla produzione di “manifesti”, vale a dire di dichiarazioni programmatiche dedicate alle diverse arti, ma anche agli aspetti pratici della vita quotidiana, pubblicati sui più vari organi di stampa. Questo desiderio di “manifestare” è connaturato all’essenza stessa del movimento fondato da Marinetti cento anni fa. Il Futurismo ha infatti coltivato la pretesa di “ricostruire” a propria immagine e somiglianza nientemeno che “l’universo”, cioè di reinventare la realtà a partire dalle proprie idee, e per farlo ha tentato di convincere della positività di questa impresa una vasta schiera di seguaci. I “manifesti futuristi” saranno il corpus centrale del percorso espositivo della mostra e offriranno una chiave di comprensione fondamentale per la storia del movimento.
Il percorso si articolerà in diverse sezioni come la moda e il costume, le donne e il futurismo, la musica, il cinema, la pittura e la scultura, nelle quali sono esposti dipinti, fotografie con un importante corpus proveniente dal Museo Alinari di Firenze; libri e lettere dei più rilevanti esponenti del movimento con un contributo fondamentale proveniente dalla Collezione Wolfson di Genova e dalla Collezione Nespolo, ma anche di figure sottovalutate e allo stesso tempo di grande interesse. In particolare Palazzo Monferrato ospiterà una dettagliata rassegna di Futuristi piemontesi e una sezione intitolata The visionary man, quasi una “mostra nella mostra” che comprende più di 30 opere di Antonio Sant’Elia poste a confronto con il pensiero sull’architettura di Daniel Libeskind. Il Museo de Cappello ospiterà invece la sezione dedicata al tessuto e alla moda, partendo dai manifesti della moda futurista e del cappello: tra le opere esposte il Panciotto di Depero e il Cappello Futurista.
Letture semantiche di un movimento
A come arte e vita
Il fenomeno del futurismo, inquadrato nel sistema della storia culturale italiana, merita un’attenzione pragmatica verso quello che grazie al suo inventore, Filippo Tommaso Marinetti, diventò un modello di vita ridisegnando lo status quo dell’essere artista di matrice bohèmienne, rivoluzionando il sistema di una cultura filo francese per aderire al modello germanico, innovativo e rinnovatore. La sua rivoluzione portava il linguaggio artistico sul piano comportamentale di adesione totale a stilemi totalmente rivoluzionari. Ecco, che l’artista diventava uomo, facendo della sua arte, un modus vivendi. In questo modo il dibattito culturale usciva dalle strette cerchie dei salotti e sfociava in una cultura di massa che apriva i suoi dettami ai più disparati adepti. Non essendoci più la mitizzazione dell’artista, come figura evanescente, il suo ruolo veniva giocato tutto, sul piano dei comportamenti e delle azioni. Le stesse opere, prima di essere definite tali, partecipavano ad una partogenesi progettuale di declamazioni oratorie rivolte alle dinamiche delle innovazioni e delle rivoluzioni. Questo”panteismo dell’arte”[1] <#_ftn1> sarà l’eredità che il futurismo trasmetterà per via alchemica al surrealismo ed al dadaismo. L’artista vive, in quanto la vita stessa è arte, l’adesione, totale, all’idea rivoluzionaria del movimento genera un dibattito in seno al proprio essere, il modello si trasferisce su piano collettivo, non più un‘ arte individuale ma un’ arte totale , totalitaria e collettiva. Il gruppo genera gli eroi , il movimento li rende celebri , l’dea diventa militante,la parola diventa azione primaria, il manifesto ne è l’innovativo mezzo di diffusione.
B come bellezza
“Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova: la bellezza della velocità. Un automobile da corsa con il suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall’alito esplosivo… un automobile ruggente ,che sembra correre sulla mitraglia, è più bello della Vittoria di Samotracia “[2] <#_ftn2>
Guaridiamo con occhi nuovi ad un nuovo canone di bellezza, la rivoluzione apre dunque a scenari futuribili tesi a raccogliere nuovi elementi formali per tracciare un’idea di bellezza da tutti condivisa e partecipata. Ecco dunque, che il nuovo linguaggio presenta un rinnovamento contrario alla staticità delle forme ,al classicismo delle proporzioni, aperto ad una nuova visione del mondo. Gli elementi formali che tracciano un nuovo modello di comunicazione sono quelli che si incontrano nella dimensione comune , in strada , nelle fabbriche , tra la gente. Questa compartecipazione agli stilemi iconografici permette la tracciabilità e la riconoscibilità dei segni ideali, l’uomo non subisce più un gioco di proporzioni tesi all’esaltazione del bello , l’uomo partecipa al bello, conscio che le dimensioni dello spazio e del tempo sono pronte ad accogliere le sue sperimentazioni , il suo giocare con la velocità e con le macchine.
A questa totale disposizione nell’accogliere la modernità il progresso , la tecnologia il concetto di bellezza forgia i suoi nuovi dettami riconoscibili perché parte integrante di un modo di essere totalizzante. “ nel mio primo manifesto dichiarai : la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova, la bellezza della velocità. Dopo l’arte dinamica la nuova religione- morale nasce in quest’anno futurista La velocità, avendo per essenza la sintesi di tutte le forze in movimento , è naturalmente pura. … Velocità= sintesi di tutti i coraggi in azione. Aggressiva e guerresca”.[3] <#_ftn3>
Dunque il piano formale passa dalla sacralità dell’arte a quello della genialità.
La poesia , la musica , il teatro, la pittura ,e tutte le arti raccolgono la sfida il genio esprime il suo valore, non gli atti formali ,ma una nuova combinazioni di valori che nel 1921 sfoceranno nel tattilismo[4] <#_ftn4> nuovo modello semantico attraverso la trasmissione del binomio pensiero oggetto/ sensazione educazione.
In questi termini al concetto di bellezza è doveroso affiancare quello di estetica, nel 1910 il manifesto[5] <#_ftn5> che sancisce la nascita di un’estetica futurista, esprime la necessità di rompere il legame con tutto ciò che cresce dal passato,la nuova estetica risponde all’utilità, il progresso genera vita, il futurismo ne è il germe vivificatore. Il trionfo dell'industrializzazione, i fenomeni tecnici e sociali del XIX secolo che spaziavano dall'aviazione all'energia elettrica sono i nuovi valori, il Futurismo ne proclama la supremazia culturale. La nuova sintassi si esprime decostruendo la forme linguistiche per celebrare una nuova semantica, “l’immaginazione senza fili e le parole in libertà”[6] <#_ftn6> ,la distruzione genera forme visive simultanee, l’estetica trionfa attraverso la parola, le azioni si compiono in un nuovo lirismo meccanico, il verbo potente rivelatore di volontà umane, riscrive la storia dell’uomo futurista.
C come città
L’anima futurista è legata alla visione di un mondo industriale e produttivo, utile all’uomo in continuo cambiamento, completamente avvolto da luci e rumori , attraversato da macchine e aeroplani , affascinato da un’ideologia di avanguardia e rinnovamento.
Questo coesistere su diversi livelli di percezione, genera un tracciato simultaneo di linee andamentali innovatrici, che prefigurano città ideali, monumenti alla scienza ed alla tecnica, percorse da caotiche atmosfere e fortificanti rumori.
La guerra rigeneratrice del mondo provvede alla nascita di città nuove.
“Nella vita moderna il processo di conseguente svolgimento stilistico nell’architettura si arresta. L’architettura si stacca dalla tradizione. S i ricomincia da capo per forza”.[7] <#_ftn7>
La metropoli tumultuosa diventa madre di energie dispensatrice di impulsi per l’uomo futurista.
Il senso di libertà, il non avere radici, il ritrovarsi in luoghi mutevoli perché non soggetti alle leggi della staticità epocale si rispecchia in Marinetti già attraverso le pagine del libro “ La Ville Charnelle” (1918) città vivificante, carnale che attrae nel suo grembo in un totalitario atteggiamento di desiderio alienante e liberatorio. Creando un’estetica tattile anche la città diventa tentacolare , dinamica sensoriale e questo è chiaro attraverso gli scritti ma ancor più attraverso l’idea di sé che viene proposta attraverso le immagini.
“La città che sale “, Boccioni la dipinge tra il 1910 e il 1911, rappresenta un cantiere dove stanno costruendo vasche per l'acqua destinate ad una centrale termoelettrica di Milano. Una scena confusa e sfuocata, grazie alle pennellate ancora filamentose e al contrasto di luce e colore: tuttavia è possibile distinguere sullo sfondo impalcature di costruzioni e ciminiere fumanti. L'artista vuol comunicarci l'idea del movimento e della fatica umana e animale attraverso la simultaneità, che consente la presenza contemporanea del cavallo sia sullo sfondo che in primo piano, dove è ostacolato dal gesto dell'operaio che cerca con tutte le sue forze di fermarlo, aggrappandosi alle briglie. Il cavallo è per Boccioni ciò che la macchina significa per Marinetti: il simbolo del progresso, della crescita urbana ed economica propri dello spirito moderno. Ma per comprendere a fondo le innovazioni dell’architettura bisogna guardare ad un giovane architetto comasco, Antonio Sant’Elia. Sant’Elia è il genio dell’architettura futurista , è il poeta . I suoi disegni teorizzano la decostruzione su piani simultanei, le linee pure germinano in energie composite, i suoi schizzi sono pagine di alta poesia , colpiscono l’animo umano con un linguaggio arcaico, spezzano la confusione di una babele passatista per rendere attraverso semplici segni un’alchimia delle forme.
Il Manifesto dell’Architettura Futurista da lui redatto nel 1914, proclama l'utopia
Anche l'utilizzo di linee ellittiche e oblique simboleggia questo rifiuto della staticità per una maggior dinamicità dei progetti futuristi, privi di una simmetria classicamente intesa.
Il Futurismo anticipa i grandi temi e le visioni dell'architettura e della città che saranno proprie del Movimento Moderno
F = FOTOGRAFIA
I fratelli Bragaglia, Anton Giulio e Arturo , sperimentano al pari di Boccioni il dinamismo delle forme in fotografia. Riprendono gli studi e le sperimentazioni sul movimento di Marey e Muybridge della fine dell’Ottocento, affascinati dall’intenzione di rendere la simultaneità dei corpi attraverso l’essere nello spazio e nel tempo. Il foto dinamismo sperimentato dai due fratelli diventa poesia dell’immagine , il senso dell’essere diventa spirituale non fisico, il corpo si dissolve in piani simultanei senza tempo, generando non netti passaggi di visioni ma dissolvenze luminose. La luce permea la materia e i corpi, dissolve la corporeità per evidenziarsi in vera forza : l’energia meccanica.
L’immagine si carica di contenuti emotivi immediati ,tematica assai cara ai futuristi, la semiotica di sperimentazione coesistendo con il vitalismo soggettivo reinterpretava la realtà fisica rendendola
accattivante sul piano sensoriale.
Con la fotografia i futuristi si aprono alla dimensione psicologica e alla cultura spiritualistica.
Questo linguaggio li avvicina alle teorie parascientifiche spostando la percezione su un piano ti “trascendentalismo psichico”[8] <#_ftn8> .
I piani plastici emettono energia , la fotografia attraverso le sue innovazioni tecniche riesce a rendere questa forza con i diversi campi di luce. Il mito della scienza e della tecnologia s’incontra con il mito dell’ultraterreno, dell’occulto rendendo l’uomo strumento percettibile di tali avvenimenti.
Depero si avvalse della fotografia superandone il tradizionale utilizzo "da studio" con una serie di autoritratti surreali e grotteschi, realizzati mescolando espressioni facciali ironiche e pose stravaganti. Nascono così due nuovi generi fotografici: la fotografia emblematica e la foto-performance.
Il periodo che segue la Prima Guerra Mondiale rappresenta l'apice della fotografia futurista. Ne furono i massimi artefici i già citati fratelli Bragaglia, ma anche alcuni temerari sperimentatori delle nuove possibilità espressive: Palladini, che approfondì l'importanza dell'uso del fotomontaggio nell'arte, Carmelich, con la sua composizione di oggetti, e molti avanguardisti che sperimentarono diffusamente il fotocollage. Di lì a poco, nel 1929, la mostra "Film und Foto" tenutasi a Stoccarda dà a Marinetti, padre indiscusso del movimento, e a Tato la spinta finale per la formulazione di un Manifesto della Fotografia Futurista.
“La fotografia di un paesaggio, quella di una persona o di un gruppo di persone, ottenute con
un'armonia, una minuzia di particolari ed una tipicità tali da far dire: "Sembra un quadro", è cosa per noi assolutamente superata”[9] <#_ftn9>
14
giugno 2009
A+B+C/F=Futurismo. 100 anni di parole in libertà
Dal 14 giugno al 26 luglio 2009
arte contemporanea
disegno e grafica
disegno e grafica
Location
PALAZZO MONFERRATO
Alessandria, Via San Lorenzo, 21, (Alessandria)
Alessandria, Via San Lorenzo, 21, (Alessandria)
Orario di apertura
dal martedì alla domenica 15 alle 19
Vernissage
14 Giugno 2009, ore 17 Intervento dell’artista Ugo Nespolo
Performance Tich,tech,tach a cura di Philippe Daverio e Christophe Daverio.
Immagini a cura di Anna Rosa Faina Gavazzi
Sito web
www.sabrinaraffaghello.com
Ufficio stampa
STUDIO PESCI
Autore
Curatore