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Abdelkader Benchamma – All this mass are just pieces from the same part
Il contrasto tra la visione d’insieme dell’opera e i singoli frammenti che la compongono rappresenta il leitmotiv delle opere di Benchamma che, proprio come nel racconto di Honoré de Balzac, è mirato a svelare un’incontrollabile bellezza dalla febbrile frammentarietà.
Comunicato stampa
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Il prossimo 23 aprile Abdelkader Benchamma (Mazamet, 1975) inaugura la sua prima personale italiana negli spazi della Galleria Federico Luger.
All this mass are just pieces from the same part potrebbero essere state le parole pronunciate dal maestro Frenhofer agli allibiti Porbus e Poussin di fronte al suo capolavoro sconosciuto.
Il contrasto tra la visione d’insieme dell’opera e i singoli frammenti che la compongono rappresenta il leitmotiv delle opere di Benchamma che, proprio come nel racconto di Honoré de Balzac, è mirato a svelare un’incontrollabile bellezza dalla febbrile frammentarietà.
L’autore, soprattutto nell’ultimo ciclo, forza ulteriormente la sua tecnica grafica nella creazione di nuovi mondi che lasciano il fruitore incerto sulla natura di ciò che sta osservando. Si tratta di creazioni che provengono contemporaneamente da più luoghi: spazi mentali che si alternano a paesaggi infinitesimali rubati, forse, dalla lente di un microscopio o, per assurdo, campiti da stazioni orbitali che silenziosamente ci scrutano dal di fuori.
Il senso d’irrealtà si amplifica grazie al rapporto tra figura e sfondo, dove quest’ultimo è molto spesso lasciato vuoto: un bianco invadente che delimita rappresentazioni sospese in volo in un luogo dove le tradizionali leggi prospettiche non sono più uno strumento sufficiente per una corretta decifrazione dell’insieme.
Viaggiando tra le opere di Benchamma ci troviamo di volta in volta di fronte a continue sorprese: esplosioni notturne che trasfigurano quel che potrebbe sembrare una comune collina alberata, o come in Tas (2009) dove quel che vediamo è proprio il mucchio indicato dal titolo, ma non capiamo, tuttavia, a quale regno esso appartenga se animale, minerale o vegetale.
In talune composizioni scompaiano anche i pochi barlumi figurativi, gli elementi che potrebbero ancora esser utili per un’analisi e rimangono solo astrazioni impazzite, propagate nello spazio da violente deflagrazioni. Anche quando la figura umana è presente, come in Les premiers (2009), tale rievocazione, tuttavia, non aiuta minimamente a svelare il luogo e il contesto che coinvolge la moltitudine rappresentata, lasciandoci spaesati da una folla convulsa e forse essa stessa inconsapevole.
Le opere pur realizzate con una tecnica “tradizionale”, inchiostro su carta, rivelano una realtà frammentaria che rispecchia perfettamente l’esplosiva discontinuità della vita contemporanea, esistenza che si riconosce sempre più in una serie di ritratti divenuti puzzle di difficile soluzione.
Con la sua ricerca Benchamma pare ricordare la sentenza premonitrice di André Breton: la bellezza o sarà convulsiva o non sarà.
All this mass are just pieces from the same part potrebbero essere state le parole pronunciate dal maestro Frenhofer agli allibiti Porbus e Poussin di fronte al suo capolavoro sconosciuto.
Il contrasto tra la visione d’insieme dell’opera e i singoli frammenti che la compongono rappresenta il leitmotiv delle opere di Benchamma che, proprio come nel racconto di Honoré de Balzac, è mirato a svelare un’incontrollabile bellezza dalla febbrile frammentarietà.
L’autore, soprattutto nell’ultimo ciclo, forza ulteriormente la sua tecnica grafica nella creazione di nuovi mondi che lasciano il fruitore incerto sulla natura di ciò che sta osservando. Si tratta di creazioni che provengono contemporaneamente da più luoghi: spazi mentali che si alternano a paesaggi infinitesimali rubati, forse, dalla lente di un microscopio o, per assurdo, campiti da stazioni orbitali che silenziosamente ci scrutano dal di fuori.
Il senso d’irrealtà si amplifica grazie al rapporto tra figura e sfondo, dove quest’ultimo è molto spesso lasciato vuoto: un bianco invadente che delimita rappresentazioni sospese in volo in un luogo dove le tradizionali leggi prospettiche non sono più uno strumento sufficiente per una corretta decifrazione dell’insieme.
Viaggiando tra le opere di Benchamma ci troviamo di volta in volta di fronte a continue sorprese: esplosioni notturne che trasfigurano quel che potrebbe sembrare una comune collina alberata, o come in Tas (2009) dove quel che vediamo è proprio il mucchio indicato dal titolo, ma non capiamo, tuttavia, a quale regno esso appartenga se animale, minerale o vegetale.
In talune composizioni scompaiano anche i pochi barlumi figurativi, gli elementi che potrebbero ancora esser utili per un’analisi e rimangono solo astrazioni impazzite, propagate nello spazio da violente deflagrazioni. Anche quando la figura umana è presente, come in Les premiers (2009), tale rievocazione, tuttavia, non aiuta minimamente a svelare il luogo e il contesto che coinvolge la moltitudine rappresentata, lasciandoci spaesati da una folla convulsa e forse essa stessa inconsapevole.
Le opere pur realizzate con una tecnica “tradizionale”, inchiostro su carta, rivelano una realtà frammentaria che rispecchia perfettamente l’esplosiva discontinuità della vita contemporanea, esistenza che si riconosce sempre più in una serie di ritratti divenuti puzzle di difficile soluzione.
Con la sua ricerca Benchamma pare ricordare la sentenza premonitrice di André Breton: la bellezza o sarà convulsiva o non sarà.
23
aprile 2009
Abdelkader Benchamma – All this mass are just pieces from the same part
Dal 23 aprile al 22 maggio 2009
arte contemporanea
Location
FEDERICO LUGER GALLERY (FL GALLERY)
Milano, Viale Sabotino, 22, (Milano)
Milano, Viale Sabotino, 22, (Milano)
Orario di apertura
dal martedì al venerdì dalle 15:30 alle 19. Sabato su appuntamento
Vernissage
23 Aprile 2009, ore 19.
Autore