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Acquacotta
Il cibo è relazione con se stessi e il resto del mondo. L’ambito famigliare e della memoria si trova innegabilmente sulla traiettoria dei sapori. La mostra collettiva “Acquacotta” parte proprio da queste riflessioni intorno alla peculiarità della sede del progetto C.F Contemporary Fire: una casa.
Comunicato stampa
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Il cibo è relazione con se stessi e il resto del mondo. Il nutrimento è la condizione primaria allo sviluppo e al prosieguo della parabola esistenziale: un inevitabile campo con il quale scontrarsi e creare nel tempo un particolare legame. Se esso è un concetto centrale nella vita di tutte le specie e possiede dunque la capacità di decretare strutture sociali e rituali, di conseguenza in sua assenza si assisterebbe alla perdita di essenziali collegamenti con il prossimo. Come la zuppa toscana dell’Acquacotta nasce, secondo leggende popolari, dalla curiosità umana nell’osservare un altro individuo intento nella processualità del cucinare, dall’umile e generosa condivisione di ingredienti, così si genera l’abilità della riunione “democratica” intorno ad una tavola. La gestualità insita nel compartire il cibo, nel poterne fare esperienza assieme, determina una situazione di uguaglianza: nell’assaporare il pasto tutti sono identici, pur conservando la propria unicità.
L’ambito famigliare e della memoria si trova innegabilmente sulla traiettoria dei sapori, che assumono altresì valori estetici, olfattivi, tattili, uditivi. La mostra collettiva “Acquacotta” parte proprio da queste riflessioni, intorno alla peculiarità del contesto deputato come sede del progetto C.F. Contemporary Fire. Le porte di un’abitazione, tuttora vissuta da un nucleo familiare, si aprono ad accogliere l’arte contemporanea e lo Zeitgeist che essa è in grado efficacemente di trasmettere. La famiglia, primo esempio concreto di dinamiche sociali e di potere con il quale l’individuo si confronta, costituisce un decisivo apporto al personale confronto con la tematica del cibo, e come esso evolverà nel giungere all’età adulta.
Gli artisti invitati, affrontano, nelle proprie poetiche e ricerche, i temi dello studio sulla materia e le sue suggestioni; il folklore; le tradizioni e i loro nessi con molteplici discipline da quelle visive, letterarie, di intrattenimento; il rapporto fra capitale umano e sentimento di gioiosa condivisione. L’universo affettivo di ognuno, difatti, si riversa molto spesso nel modo di relazionarsi con gli alimenti e non solo. La convivialità fa da filo conduttore nel group show, decliandosi su svariati livelli, dal più concreto fino all’astratto, dall’opera d’arte vera e propria, che spesso celebra storie personali o collettive, approdando al percorso di ideazione e creazione del momento del buffet durante l’opening. È così che, infatti, anche l’atto di preparazione, seguendo fasi e ricette, il suo impiattamento, le aspettative riposte tramite la sua osservazione, caratterizzano i momenti precedenti e che conducono all’atto di mangiare. Il ricordo guida queste azioni e consente di preservare in una certa maniera generazionale, i collegamenti con il proprio passato e storia, verso coloro che amano o amavano cucinare e tramandare ricette.
Luisa Badino, Elena Della Corna, Célia Housset, Manuela Kokanović, guideranno lo spettatore in un viaggio di ri-scoperta, ponendo l’attenzione su elementi soliti far parte del quotidiano, sottolineandone il potenziale evocativo, magico e riflessivo. I saperi alchemici, la chimica più rudimentale, la capacità di far crescere dal suolo il sostentamento più gustoso e necessario, sono implicati nella questione del cibo, perché la cucina è sicuramente stata la prima forma d’arte, e l’arte stessa ne conserva un’attitudine alla sperimentazione, al ludico tentativo di gestazione dell’originalità.
Le opere entrano all’interno degli ambienti normalmente destinati a altre funzioni della vita della casa, disponendosi fra il giardino, la sala da pranzo, la cucina e il salotto, proponendo nuovi dialoghi con gli oggetti esistenti, l’architettura, le stratificazioni aneddotiche presenti. Sculture dalle forme morbide e arrotondate, dispositivi di gioco e interazione, interpretano la millenaria trasmissione delle fiabe, che da sempre implicano riferimenti al cibo, andando a proporre quel ponte di duplice unione fra il fuori e il dentro. Rammentando come questo fondamentale elemento che è il cibo, il quale come l’arte si impiega per determinare la propria identità, si riverberi sul creato, o da esso si espanda sul singolo, in una rete relazionale di catene di rifrazioni. Il paesaggio è la sua culla naturale, dove far nascere quelle connessioni che troveranno le corrispondenze fra interno e esterno.
La collezione di objet trouvé di epoche passate, fra libri e utensili da cucina, diventa spunto per la realizzazione di rinnovate versioni degli stessi. Una ciclica assimilazione, fagocitazione e rinascita, che speriamo non interrompa mai il suo percorso. Il residuo, poi, stimola la generazione di una volontà di conservazione e instillazione di nuova linfa vitale, facendosi scintilla di modellazione scultorea, alla ricerca di adattamento e conversazione con i luoghi che lo ospiteranno. L’indagine materica è sicuramente essenziale parlando di processualità e chimica correlata al cibo, e si concentra sull’andamento e le proprietà delle masse colorate e pastose. Esse si gonfiano, si espandono, assumono forme contestualizzate, divenendo volutamente effimere perché votate all’esperienzialità.
“Acquacotta” è un progetto sfaccettato, compreso in uno studio più ampio, il quale mira concettualmente all’obiettivo di permanere aperto ad appuntamenti e investigazioni future.
Luisa Badino (1990, Pisa) si forma all’Accademia di Belle Arti di Venezia dove consegue il Diploma di I e II livello in Pittura; nel 2015 trascorre un periodo di studi all’Angewandte Kunst di Vienna. Vive e lavora a Venezia. La sua ricerca si focalizza sulla relazione tra elementi simbolici inanimati estrapolati da fiabe miti e racconti, indagandone il loro potenziale di attivatori di metamorfosi attraverso dipinti, disegni, installazioni e sculture. Nel 2017 co-fonda con altri 5 giovani artisti l’artist-run-space zolforosso a Venezia, con il quale continua a collaborare all'organizzazione di numerosi progetti in città. Partecipa a Venice Time Case, progetto espositivo itinerante, curato da Luca Massimo Barbero. Ha partecipato a numerose residenze nazionali ed internazionali come Kio-a-Thau Sugar refinery, Kaoshiong Taiwan, 2018. Tra i progetti più recenti sono incluse le collettive, Oro, Palermo, 2023; Venice in Cellar, Trento 2023; Senza Sapere dove, curata da Spazio Relativo e Laura Rositani, Bologna, 2023; Who killed Bambi, Dolomiti Contemporanee, 2022; Whatever it Takes, Galleria AplusA, Venezia, 2021. Dal 2014 fa parte di Fondazione Malutta partecipando attivamente a progetti e collettive in spazi pubblici e privati tra cui Spazio Punch, Venezia, Galleria Monitor, Roma, La Fabrica De San Pedro, Messico, il Museo di Santa Maria della Scala, Siena.
Elena Della Corna (1993, Vicenza) nel 2022 si diploma in pittura all’Accademia di Belle Arti di Venezia. E’ stata assegnataria di uno degli studi dell’Istituzione Fondazione Bevilacqua La Masa (2019/2021). Ha studiato in Belgio all’Académie Royale des Beaux-Arts de la ville de Liège (2017/2018). Dal 2021 fa parte dello studio condiviso e artist-run space BARdaDino. La sperimentazione della materia pittorica ha condotto la sua ricerca alla riscoperta di tecniche antiche, approcciando materiali organici attraverso procedimenti rudimentali e sperimentali. Ogni lavoro è motivato da una riflessione sulle trasformazioni dell’ambiente che ci circonda e le connessioni con lo sviluppo della realtà interiore nell’essere umano, in particolare il suo interesse si focalizza sul rapporto con il cibo, i residui e gli oggetti d’affezione. Nel 2021 è vincitrice per la sez. accademia del premio Carapelli For Art. Prende parte a Venice Time Case progetto itinerante curato da Luca Massimo Barbero. Partecipa a diversi progetti e mostre collettive in Italia e all’estero tra le quali: nel 2023 Who knows what the earth was before love, online show, Andrea Festa Fine Art, a cura di Benedetta Monti; 2022 Art Verona, Stand Alone, Casa Capra, a cura di Saverio Bonato; Nelle Selve Non Più Belve, a cura di Daniele Capra, Isabella and Tiziana Pers, Vulcano Agency, Marghera; Miniciccioli, a cura di IFE Collective, Vicenza; Whatever It Takes, a cura della scuola curatoriale della galleria AplusA gallery, Venezia. Vive e lavora a Venezia.
Célia HOUSSET (1992, Francia) è un artista e illustratore francese di base a Strasburgo. È cresciuto in un piccolo villaggio nel Loir et Cher, circondato da boschi e castelli rinascimentali, i quali hanno alimentato il suo amore per le ambientazioni fiabesche e la narrazione.
Dopo la laurea presso la Scuola d’arte di Epinal, si sposta a Strasburgo dove lavora come illustratore e coglie l’opportunità di studiare Scienze Sociali. In quel momento, il proprio universo visivo inizia a prendere forma e si sviluppa attraverso quello che può essere riassunto come "Folklore": ispirato dalle immagini tradizionali locali, le architetture, il cibo e gli abiti. Subito dopo, egli inizia a lavorare con l’Alsatian museum di Strasburgo, il Museo del tessuto di Wesserling e in seguito con case editrici per bambini. Fra le sue ultime pubblicazioni, quella con la casa editrice queer « On ne compte pas pour du beurre », per la quale ha illustrato tre racconti riscritti con una visione queer e femminista da Anne Fleur Multon. Lavorando principalmente con l’illustrazione, ama l’utilizzo della pittura a gouache, giocando con colori accesi e forme. Profondamente influenzato dai sentimenti di straniamento e perdita di se stessi, egli adora ricreare mondi immaginari e momenti magnifici, caratterizzati da amicizia e gioia condivisi con i propri cari.
Manuela Kokanović nasce a Zagabria nel 1991, si diploma nella Scuola di Pittura all’Accademia di Belle Arti di Venezia dove attualmente vive e lavora. Dal 2018 è parte di zolforosso, un artist-run space dedicato alla produzione e progettazione artistica. Prende parte al progetto itinerante Venice Time Case, ideato da Luca Massimo Barbero, che a Giugno inaugura la sua quinta tappa presso la Galleria Monitor di Roma. Mediante la sua ricerca pittorica Manuela Kokanović analizza storie di popoli e luoghi apparentemente lontani. Affiora nelle sue composizioni un interesse per le tavole miniate mediorientali incentrato sul dettaglio delle vesti e corpi affusolati per narrare una femminilità sottile, velata da pennellate lattiginose o descritta da concrezioni pittoriche. Kokanović fa un particolare uso di materia liquida e viscosa che nelle preparazioni si avvicina sensibilmente al mondo culinario. Alle masse resinose incorpora aria e aggiunge cariche inerti come fossero farine. Da quest’affinità ha origine Sugar Koka, il progetto eco-gastronomico che si avvale di collaborazioni multidisciplinari nella creazione di assemblaggi edibili e paesaggi di cibarie che mescolano diverse influenze geografiche e culturali.
Caterina Fondelli (1991, San Miniato) è una curatrice, scrittrice e ricercatrice di arte contemporanea di base in Toscana. Dopo la laurea in Lingue, letterature e culture artistiche europee, si dedica alla mediazione culturale in istituzioni di prestigio a Londra. Tornata in Italia, ottiene un master in Contemporary Art Markets presso NABA, Milano, collaborando prima da assistente e poi come exhibition manager per gallerie d’arte contemporanea fra Milano e Firenze. Scrive per alcune pubblicazioni del settore, come L’Essenziale Studio Journal, Juliet Art Magazine, exibart e ArtsLife. Collabora con gallerie e spazi italiani e internazionali contribuendo alla scrittura di testi critici di accompagnamento a mostre e nella realizzazione di progetti espositivi. Ha frequentato un corso in pratiche curatoriali presso la School for Curatorial Studies di Venezia e uno con Luca Lo Pinto presso EASTTOPICS, Budapest, Ungheria. Nella primavera 2022 fonda e attualmente dirige e cura, il progetto C.F. Contemporary Fire, programma di mostre e residenze d’artista con sede nella casa di famiglia presso Cerreto Guidi, Firenze. Ha partecipato alla residenza per curatori organizzata da PILOTENKUECHE International art program a Lipsia, Germania fra aprile e giugno 2023. Fra i progetti curati nel 2023: “cotidianidad freedom", group show, PILOTENKUECHE, Lipsia, Germania; "Fuori porta", group show curata da Ilaria Mariotti, Caterina Fondelli e Alessandra Ioalè, Villa Pacchiani, Santa Croce sull'Arno, Pisa, Italia; "Transdisciplinary Church", group show, Alte Handelsschule, Leipzig for PILOTENKUECHE; "What you see is what you get", solo show by Noemi Durighello, Bias FLINTA* Projects, Dresda, Germania; "L'oracolo", solo show di Michele Cesaratto, Spazio MURKA, Firenze; "There's more than meets the eye", Maria Allegretti, Armelle des Ligneris, Ilaria Piccirillo, Margherita Mezzetti, Spazio Contemporanea, Brescia, Italia.
Zoë Marni Robertson è un’artista, scrittrice, attualmente dottoranda presso l’Università di Sydney, Sydney College of the Arts. Vive e lavora nel territorio del popolo Gadigal, nella natione di Eora, in Australia. La pratica di ricerca artistica di Zoë comprende video, pittura, prosa, poesia e performance, spesso utilizzando materiali trovati. Attraverso il suo lavoro, ricerche disparate e connessioni personali vengono sintetizzate in un'esperienza vissuta della politica. Zoë ha esposto presso il Museum of Contemporary Art, Sydney, the Murray Art Museum (Albury), ARTSPACE Sydney e Tin Sheds Gallery; oltre a produrre frequentemente mostre attraverso una vasta rete di iniziative fondate da artisti.
L’ambito famigliare e della memoria si trova innegabilmente sulla traiettoria dei sapori, che assumono altresì valori estetici, olfattivi, tattili, uditivi. La mostra collettiva “Acquacotta” parte proprio da queste riflessioni, intorno alla peculiarità del contesto deputato come sede del progetto C.F. Contemporary Fire. Le porte di un’abitazione, tuttora vissuta da un nucleo familiare, si aprono ad accogliere l’arte contemporanea e lo Zeitgeist che essa è in grado efficacemente di trasmettere. La famiglia, primo esempio concreto di dinamiche sociali e di potere con il quale l’individuo si confronta, costituisce un decisivo apporto al personale confronto con la tematica del cibo, e come esso evolverà nel giungere all’età adulta.
Gli artisti invitati, affrontano, nelle proprie poetiche e ricerche, i temi dello studio sulla materia e le sue suggestioni; il folklore; le tradizioni e i loro nessi con molteplici discipline da quelle visive, letterarie, di intrattenimento; il rapporto fra capitale umano e sentimento di gioiosa condivisione. L’universo affettivo di ognuno, difatti, si riversa molto spesso nel modo di relazionarsi con gli alimenti e non solo. La convivialità fa da filo conduttore nel group show, decliandosi su svariati livelli, dal più concreto fino all’astratto, dall’opera d’arte vera e propria, che spesso celebra storie personali o collettive, approdando al percorso di ideazione e creazione del momento del buffet durante l’opening. È così che, infatti, anche l’atto di preparazione, seguendo fasi e ricette, il suo impiattamento, le aspettative riposte tramite la sua osservazione, caratterizzano i momenti precedenti e che conducono all’atto di mangiare. Il ricordo guida queste azioni e consente di preservare in una certa maniera generazionale, i collegamenti con il proprio passato e storia, verso coloro che amano o amavano cucinare e tramandare ricette.
Luisa Badino, Elena Della Corna, Célia Housset, Manuela Kokanović, guideranno lo spettatore in un viaggio di ri-scoperta, ponendo l’attenzione su elementi soliti far parte del quotidiano, sottolineandone il potenziale evocativo, magico e riflessivo. I saperi alchemici, la chimica più rudimentale, la capacità di far crescere dal suolo il sostentamento più gustoso e necessario, sono implicati nella questione del cibo, perché la cucina è sicuramente stata la prima forma d’arte, e l’arte stessa ne conserva un’attitudine alla sperimentazione, al ludico tentativo di gestazione dell’originalità.
Le opere entrano all’interno degli ambienti normalmente destinati a altre funzioni della vita della casa, disponendosi fra il giardino, la sala da pranzo, la cucina e il salotto, proponendo nuovi dialoghi con gli oggetti esistenti, l’architettura, le stratificazioni aneddotiche presenti. Sculture dalle forme morbide e arrotondate, dispositivi di gioco e interazione, interpretano la millenaria trasmissione delle fiabe, che da sempre implicano riferimenti al cibo, andando a proporre quel ponte di duplice unione fra il fuori e il dentro. Rammentando come questo fondamentale elemento che è il cibo, il quale come l’arte si impiega per determinare la propria identità, si riverberi sul creato, o da esso si espanda sul singolo, in una rete relazionale di catene di rifrazioni. Il paesaggio è la sua culla naturale, dove far nascere quelle connessioni che troveranno le corrispondenze fra interno e esterno.
La collezione di objet trouvé di epoche passate, fra libri e utensili da cucina, diventa spunto per la realizzazione di rinnovate versioni degli stessi. Una ciclica assimilazione, fagocitazione e rinascita, che speriamo non interrompa mai il suo percorso. Il residuo, poi, stimola la generazione di una volontà di conservazione e instillazione di nuova linfa vitale, facendosi scintilla di modellazione scultorea, alla ricerca di adattamento e conversazione con i luoghi che lo ospiteranno. L’indagine materica è sicuramente essenziale parlando di processualità e chimica correlata al cibo, e si concentra sull’andamento e le proprietà delle masse colorate e pastose. Esse si gonfiano, si espandono, assumono forme contestualizzate, divenendo volutamente effimere perché votate all’esperienzialità.
“Acquacotta” è un progetto sfaccettato, compreso in uno studio più ampio, il quale mira concettualmente all’obiettivo di permanere aperto ad appuntamenti e investigazioni future.
Luisa Badino (1990, Pisa) si forma all’Accademia di Belle Arti di Venezia dove consegue il Diploma di I e II livello in Pittura; nel 2015 trascorre un periodo di studi all’Angewandte Kunst di Vienna. Vive e lavora a Venezia. La sua ricerca si focalizza sulla relazione tra elementi simbolici inanimati estrapolati da fiabe miti e racconti, indagandone il loro potenziale di attivatori di metamorfosi attraverso dipinti, disegni, installazioni e sculture. Nel 2017 co-fonda con altri 5 giovani artisti l’artist-run-space zolforosso a Venezia, con il quale continua a collaborare all'organizzazione di numerosi progetti in città. Partecipa a Venice Time Case, progetto espositivo itinerante, curato da Luca Massimo Barbero. Ha partecipato a numerose residenze nazionali ed internazionali come Kio-a-Thau Sugar refinery, Kaoshiong Taiwan, 2018. Tra i progetti più recenti sono incluse le collettive, Oro, Palermo, 2023; Venice in Cellar, Trento 2023; Senza Sapere dove, curata da Spazio Relativo e Laura Rositani, Bologna, 2023; Who killed Bambi, Dolomiti Contemporanee, 2022; Whatever it Takes, Galleria AplusA, Venezia, 2021. Dal 2014 fa parte di Fondazione Malutta partecipando attivamente a progetti e collettive in spazi pubblici e privati tra cui Spazio Punch, Venezia, Galleria Monitor, Roma, La Fabrica De San Pedro, Messico, il Museo di Santa Maria della Scala, Siena.
Elena Della Corna (1993, Vicenza) nel 2022 si diploma in pittura all’Accademia di Belle Arti di Venezia. E’ stata assegnataria di uno degli studi dell’Istituzione Fondazione Bevilacqua La Masa (2019/2021). Ha studiato in Belgio all’Académie Royale des Beaux-Arts de la ville de Liège (2017/2018). Dal 2021 fa parte dello studio condiviso e artist-run space BARdaDino. La sperimentazione della materia pittorica ha condotto la sua ricerca alla riscoperta di tecniche antiche, approcciando materiali organici attraverso procedimenti rudimentali e sperimentali. Ogni lavoro è motivato da una riflessione sulle trasformazioni dell’ambiente che ci circonda e le connessioni con lo sviluppo della realtà interiore nell’essere umano, in particolare il suo interesse si focalizza sul rapporto con il cibo, i residui e gli oggetti d’affezione. Nel 2021 è vincitrice per la sez. accademia del premio Carapelli For Art. Prende parte a Venice Time Case progetto itinerante curato da Luca Massimo Barbero. Partecipa a diversi progetti e mostre collettive in Italia e all’estero tra le quali: nel 2023 Who knows what the earth was before love, online show, Andrea Festa Fine Art, a cura di Benedetta Monti; 2022 Art Verona, Stand Alone, Casa Capra, a cura di Saverio Bonato; Nelle Selve Non Più Belve, a cura di Daniele Capra, Isabella and Tiziana Pers, Vulcano Agency, Marghera; Miniciccioli, a cura di IFE Collective, Vicenza; Whatever It Takes, a cura della scuola curatoriale della galleria AplusA gallery, Venezia. Vive e lavora a Venezia.
Célia HOUSSET (1992, Francia) è un artista e illustratore francese di base a Strasburgo. È cresciuto in un piccolo villaggio nel Loir et Cher, circondato da boschi e castelli rinascimentali, i quali hanno alimentato il suo amore per le ambientazioni fiabesche e la narrazione.
Dopo la laurea presso la Scuola d’arte di Epinal, si sposta a Strasburgo dove lavora come illustratore e coglie l’opportunità di studiare Scienze Sociali. In quel momento, il proprio universo visivo inizia a prendere forma e si sviluppa attraverso quello che può essere riassunto come "Folklore": ispirato dalle immagini tradizionali locali, le architetture, il cibo e gli abiti. Subito dopo, egli inizia a lavorare con l’Alsatian museum di Strasburgo, il Museo del tessuto di Wesserling e in seguito con case editrici per bambini. Fra le sue ultime pubblicazioni, quella con la casa editrice queer « On ne compte pas pour du beurre », per la quale ha illustrato tre racconti riscritti con una visione queer e femminista da Anne Fleur Multon. Lavorando principalmente con l’illustrazione, ama l’utilizzo della pittura a gouache, giocando con colori accesi e forme. Profondamente influenzato dai sentimenti di straniamento e perdita di se stessi, egli adora ricreare mondi immaginari e momenti magnifici, caratterizzati da amicizia e gioia condivisi con i propri cari.
Manuela Kokanović nasce a Zagabria nel 1991, si diploma nella Scuola di Pittura all’Accademia di Belle Arti di Venezia dove attualmente vive e lavora. Dal 2018 è parte di zolforosso, un artist-run space dedicato alla produzione e progettazione artistica. Prende parte al progetto itinerante Venice Time Case, ideato da Luca Massimo Barbero, che a Giugno inaugura la sua quinta tappa presso la Galleria Monitor di Roma. Mediante la sua ricerca pittorica Manuela Kokanović analizza storie di popoli e luoghi apparentemente lontani. Affiora nelle sue composizioni un interesse per le tavole miniate mediorientali incentrato sul dettaglio delle vesti e corpi affusolati per narrare una femminilità sottile, velata da pennellate lattiginose o descritta da concrezioni pittoriche. Kokanović fa un particolare uso di materia liquida e viscosa che nelle preparazioni si avvicina sensibilmente al mondo culinario. Alle masse resinose incorpora aria e aggiunge cariche inerti come fossero farine. Da quest’affinità ha origine Sugar Koka, il progetto eco-gastronomico che si avvale di collaborazioni multidisciplinari nella creazione di assemblaggi edibili e paesaggi di cibarie che mescolano diverse influenze geografiche e culturali.
Caterina Fondelli (1991, San Miniato) è una curatrice, scrittrice e ricercatrice di arte contemporanea di base in Toscana. Dopo la laurea in Lingue, letterature e culture artistiche europee, si dedica alla mediazione culturale in istituzioni di prestigio a Londra. Tornata in Italia, ottiene un master in Contemporary Art Markets presso NABA, Milano, collaborando prima da assistente e poi come exhibition manager per gallerie d’arte contemporanea fra Milano e Firenze. Scrive per alcune pubblicazioni del settore, come L’Essenziale Studio Journal, Juliet Art Magazine, exibart e ArtsLife. Collabora con gallerie e spazi italiani e internazionali contribuendo alla scrittura di testi critici di accompagnamento a mostre e nella realizzazione di progetti espositivi. Ha frequentato un corso in pratiche curatoriali presso la School for Curatorial Studies di Venezia e uno con Luca Lo Pinto presso EASTTOPICS, Budapest, Ungheria. Nella primavera 2022 fonda e attualmente dirige e cura, il progetto C.F. Contemporary Fire, programma di mostre e residenze d’artista con sede nella casa di famiglia presso Cerreto Guidi, Firenze. Ha partecipato alla residenza per curatori organizzata da PILOTENKUECHE International art program a Lipsia, Germania fra aprile e giugno 2023. Fra i progetti curati nel 2023: “cotidianidad freedom", group show, PILOTENKUECHE, Lipsia, Germania; "Fuori porta", group show curata da Ilaria Mariotti, Caterina Fondelli e Alessandra Ioalè, Villa Pacchiani, Santa Croce sull'Arno, Pisa, Italia; "Transdisciplinary Church", group show, Alte Handelsschule, Leipzig for PILOTENKUECHE; "What you see is what you get", solo show by Noemi Durighello, Bias FLINTA* Projects, Dresda, Germania; "L'oracolo", solo show di Michele Cesaratto, Spazio MURKA, Firenze; "There's more than meets the eye", Maria Allegretti, Armelle des Ligneris, Ilaria Piccirillo, Margherita Mezzetti, Spazio Contemporanea, Brescia, Italia.
Zoë Marni Robertson è un’artista, scrittrice, attualmente dottoranda presso l’Università di Sydney, Sydney College of the Arts. Vive e lavora nel territorio del popolo Gadigal, nella natione di Eora, in Australia. La pratica di ricerca artistica di Zoë comprende video, pittura, prosa, poesia e performance, spesso utilizzando materiali trovati. Attraverso il suo lavoro, ricerche disparate e connessioni personali vengono sintetizzate in un'esperienza vissuta della politica. Zoë ha esposto presso il Museum of Contemporary Art, Sydney, the Murray Art Museum (Albury), ARTSPACE Sydney e Tin Sheds Gallery; oltre a produrre frequentemente mostre attraverso una vasta rete di iniziative fondate da artisti.
29
luglio 2023
Acquacotta
Dal 29 luglio all'undici settembre 2023
arte contemporanea
Location
C.F. Contemporary Fire
Fornace, Via Francesca Sud Poggio Tempesti, 115, (FI)
Fornace, Via Francesca Sud Poggio Tempesti, 115, (FI)
Orario di apertura
su appuntamento
Vernissage
29 Luglio 2023, dalle ore 16 in poi
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