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Adalberto Abbate / Davide Bramante / Andrea Di Marco – Coniugazione Impropria
Personale di Adalberto Abbate, Davide Bramante e Andrea Di Marco
Comunicato stampa
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Adalberto Abbate o il “Costruttore di icone”:
Nella produzione di Adalberto Abbate è ancora intatto l'impulso primordiale a recuperare dall’appunto grafico l'Icona Pop, un “credo” sarcastico, il grado di significanza - usa e getta, perlopiù -, perspicui nella junk culture postmoderna.
La pittura è illusione, il pigmento che ricrea un piatto campo d’indicazioni deturnate; Abbate installa in forma di flash assordanti “mosaici” da garage...
Un principio unificante offerto al concetto operativo della creazione è il ri_proporre senza saper fare, che, per quanto scomodo, impopolare o scandaloso, riesce a far breccia nell'occhio e nella mente dello spettatore, perché lo invita a farsi protagonista del reality show. Selezionato, enucleato dalla brutale matrice del quotidiano viaggio nell’ovvietà mediatica e pubblicitaria.
Davide Bramante o “Della simultaneità dello sguardo”:
Un tappeto visivo degno del trip hop, della musica progressive.
Siamo in ritardo rispetto alla rete sintattica neuronale; così de_sincronizzati da ambire all’ubiquità.
Il cambiamento non diventa consapevolezza quanto strato sovrapposto d’immagini.
E Bramante utilizza l’analogico dalle doppie e più esposizioni realizzate in fase di ripresa in formati spettacolari, montato sotto una lastra di plexiglass – imbalsamato? – con una colla siliconica a ph neutro. Illustrazione della fantasia di essere-nella-mente, in due altrove sintomatici; sintatticamente e geograficamente waburghiani.
Andrea Di Marco o il traduttore di un “Realismo neutralizzato”:
Andrea Di Marco fotografa l’inessenziale e lo tramuta in oggettività poetica, per mezzo dello stilema gestuale e della tecnica pittorica dell’olio. Come un collezionista di scarti e di “polvere” egli nobilita il nulla con il sovrappiù immateriale dello sguardo, che, circoscrivendo il fenomeno, ne tramuta la vibrazione riportandone le suggestioni all'interno di un territorio affatto incongruo. Elementi parziali e non accumulativi, che sembrano tacere il segreto dell’exsistenza per dispetto. L’inutile si lascia cogliere da una pennellata brulicante e pastosa, da una teoria di gradazioni tra lo squillo e la resa, da un landscape erroneo.
Tensione compositiva poggiata su una varietà di (s)oggetti irrilevanti – una roulotte parcheggiata, una “porta palazzo”, un cancello rugginoso, sterpi… - un’unità di impressione che gli permette di essere completamente immerso nella vicenda a margine, senza pause e senza lasciarsi disturbare da elementi accessori, perché sono proprio gli elementi subordinati a tracciare “la storia”; il realismo nichilista che neutralizza la tragedia suburbana.
Nella produzione di Adalberto Abbate è ancora intatto l'impulso primordiale a recuperare dall’appunto grafico l'Icona Pop, un “credo” sarcastico, il grado di significanza - usa e getta, perlopiù -, perspicui nella junk culture postmoderna.
La pittura è illusione, il pigmento che ricrea un piatto campo d’indicazioni deturnate; Abbate installa in forma di flash assordanti “mosaici” da garage...
Un principio unificante offerto al concetto operativo della creazione è il ri_proporre senza saper fare, che, per quanto scomodo, impopolare o scandaloso, riesce a far breccia nell'occhio e nella mente dello spettatore, perché lo invita a farsi protagonista del reality show. Selezionato, enucleato dalla brutale matrice del quotidiano viaggio nell’ovvietà mediatica e pubblicitaria.
Davide Bramante o “Della simultaneità dello sguardo”:
Un tappeto visivo degno del trip hop, della musica progressive.
Siamo in ritardo rispetto alla rete sintattica neuronale; così de_sincronizzati da ambire all’ubiquità.
Il cambiamento non diventa consapevolezza quanto strato sovrapposto d’immagini.
E Bramante utilizza l’analogico dalle doppie e più esposizioni realizzate in fase di ripresa in formati spettacolari, montato sotto una lastra di plexiglass – imbalsamato? – con una colla siliconica a ph neutro. Illustrazione della fantasia di essere-nella-mente, in due altrove sintomatici; sintatticamente e geograficamente waburghiani.
Andrea Di Marco o il traduttore di un “Realismo neutralizzato”:
Andrea Di Marco fotografa l’inessenziale e lo tramuta in oggettività poetica, per mezzo dello stilema gestuale e della tecnica pittorica dell’olio. Come un collezionista di scarti e di “polvere” egli nobilita il nulla con il sovrappiù immateriale dello sguardo, che, circoscrivendo il fenomeno, ne tramuta la vibrazione riportandone le suggestioni all'interno di un territorio affatto incongruo. Elementi parziali e non accumulativi, che sembrano tacere il segreto dell’exsistenza per dispetto. L’inutile si lascia cogliere da una pennellata brulicante e pastosa, da una teoria di gradazioni tra lo squillo e la resa, da un landscape erroneo.
Tensione compositiva poggiata su una varietà di (s)oggetti irrilevanti – una roulotte parcheggiata, una “porta palazzo”, un cancello rugginoso, sterpi… - un’unità di impressione che gli permette di essere completamente immerso nella vicenda a margine, senza pause e senza lasciarsi disturbare da elementi accessori, perché sono proprio gli elementi subordinati a tracciare “la storia”; il realismo nichilista che neutralizza la tragedia suburbana.
27
ottobre 2007
Adalberto Abbate / Davide Bramante / Andrea Di Marco – Coniugazione Impropria
Dal 27 ottobre al 24 novembre 2007
arte contemporanea
Location
LIBRA ARTE CONTEMPORANEA
Ragusa, Via Mario Rapisardi, 137, (Ragusa)
Ragusa, Via Mario Rapisardi, 137, (Ragusa)
Orario di apertura
dalle 18
Vernissage
27 Ottobre 2007, ore 18:00
Autore
Curatore