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Adalgisa Romano – IN/S
L’armadio al quale la memoria consegna la valenza di spazio intimo porta dentro il ricordo del mondo. Nella rotondità dell’oblò, un “occhio” fotografico coglie il mondo nei suoi componenti dinamici ed essenziali, elementi e colori
Comunicato stampa
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Sferiche Continuità
Il percorso creativo di Adalgisa Romano ha inizio dalla pittura, nella quale prevale l’impatto del colore. Ci sono i rossi prevalentemente a testimoniare l’interesse per una forza che man mano cerca nella forma aperta e radiale, i suoi contatti con la realtà. Così al colore si aggiunge il calore, nella progettazione delle lampade; la pittura si installa nei materiali trasparenti e prende ulteriore respiro nella dilatazione dei colori, che restano toni della terra e dell’aria.
L’esigenze della Romano, come i desideri e le scelte stilistiche, si concentrano sulla creazione di un “oggetto” di design che non si impoverisca di senso, che non smarrisca la sua valenza pittorica, ma soprattutto che si completi delle peculiarità dell’abitare: disporre una continuità di tutti i potenziali sensoriali.
Nascono, la chaise-longue (Venere) morbida e rossa, sensuale e comoda, il tavolo (Bi-color table) sul quale i segni del pastello sono la traccia di un percorso che si alimenta gradatamente, che ha bisogno di imprimere il suo segno, ma che resta anche – aperto – ad accogliere altre impronte.
Con il tavolo comincia la relazione performativa con Marta Ampolo e Massimiliano Manieri. Il tavolo è un luogo. Da qui il passo è breve nella concezione dell’Armadio Viaggiante o Life Box.
E le sfere come sono collegate a tutto ciò?
A prima vista sembrerebbe una forzatura, un passaggio ad altre modalità tecniche, foto, video. E se questo è facilmente comprensibile con la necessità, tutta contemporanea, di acquisire l’uso di più linguaggi, rimane una possibile “incongruità” formale.
Incongruità “formale” suona quasi un parlare desueto, ma come rinunciare a guardare dell’interno per ascoltare l’opera?
“Poi, ad un tratto queste splendide sfere mi invitano mi invitano a seguirle nel loro viaggio in una evocazione primordiale. Rivedo le mie creazioni, che prendono forma in questo alchemico composto e capisco che è quella l’origine di tutto… ”. Le sfere sono un punto di arrivo e al tempo stesso di partenza.
Le sfere in realtà sono quel gioco di rispecchiamento al quale l’artista, come essere della realtà, si sottopone per ascoltare le ambiguità e le fusioni dei paesaggi, degli elementi e dei corpi. Non è forse condivisa la ambigua provenienza dell’opera, con le opzioni teoriche di Baudrillard, Lyotard, Foucault? La post-modernità s’inaugura con la fine delle meta-narrazioni, e con la perdita di centralità dell’autore. L’autore è quella figura che “dà all’inquietante linguaggio della finzione le unità, i nodi di coerenza, l’inserzione del reale” che vincola la libertà degli scambi simbolici possibili col giogo “d’una identità che ha la forma dell’individualità e dell’io” (M. Foucault, L’ordine del discorso). Le sfere non sono più di Adalgisa Romano, sono il suo rapporto essenziale e sinestetico (al quale tutto il suo percorso è orientato) con il mondo. Nella loro liquidità sonora riportano l’incipit che man mano si avvolge intorno ai colori fondamentali (altri incipit) alla curiosità di ascoltare ciò che l’acqua conduce. Le sfere sono delle unità minime, dalle coniugazioni delle quali si creano le condizioni per dare voce, forma, ritmo, piacere, allo spazio vitale. Nel raccogliere i cieli, perdono la configurazione localistica (pur nutrendosi della luce del sud reale e non manipolata dopo lo scatto), il cielo è ovunque. L’armadio, continua quindi a viaggiare lasciando aperta la narrazione degli abitanti e dei luoghi, conservando il rosso, la fluidità carezzevole nelle chaise-longue laterali, il contatto materico del legno, la trasparenza delle sfere, la “realtà” dell’uso.
Galatina, febbraio 2007
Angela Serafino
Il percorso creativo di Adalgisa Romano ha inizio dalla pittura, nella quale prevale l’impatto del colore. Ci sono i rossi prevalentemente a testimoniare l’interesse per una forza che man mano cerca nella forma aperta e radiale, i suoi contatti con la realtà. Così al colore si aggiunge il calore, nella progettazione delle lampade; la pittura si installa nei materiali trasparenti e prende ulteriore respiro nella dilatazione dei colori, che restano toni della terra e dell’aria.
L’esigenze della Romano, come i desideri e le scelte stilistiche, si concentrano sulla creazione di un “oggetto” di design che non si impoverisca di senso, che non smarrisca la sua valenza pittorica, ma soprattutto che si completi delle peculiarità dell’abitare: disporre una continuità di tutti i potenziali sensoriali.
Nascono, la chaise-longue (Venere) morbida e rossa, sensuale e comoda, il tavolo (Bi-color table) sul quale i segni del pastello sono la traccia di un percorso che si alimenta gradatamente, che ha bisogno di imprimere il suo segno, ma che resta anche – aperto – ad accogliere altre impronte.
Con il tavolo comincia la relazione performativa con Marta Ampolo e Massimiliano Manieri. Il tavolo è un luogo. Da qui il passo è breve nella concezione dell’Armadio Viaggiante o Life Box.
E le sfere come sono collegate a tutto ciò?
A prima vista sembrerebbe una forzatura, un passaggio ad altre modalità tecniche, foto, video. E se questo è facilmente comprensibile con la necessità, tutta contemporanea, di acquisire l’uso di più linguaggi, rimane una possibile “incongruità” formale.
Incongruità “formale” suona quasi un parlare desueto, ma come rinunciare a guardare dell’interno per ascoltare l’opera?
“Poi, ad un tratto queste splendide sfere mi invitano mi invitano a seguirle nel loro viaggio in una evocazione primordiale. Rivedo le mie creazioni, che prendono forma in questo alchemico composto e capisco che è quella l’origine di tutto… ”. Le sfere sono un punto di arrivo e al tempo stesso di partenza.
Le sfere in realtà sono quel gioco di rispecchiamento al quale l’artista, come essere della realtà, si sottopone per ascoltare le ambiguità e le fusioni dei paesaggi, degli elementi e dei corpi. Non è forse condivisa la ambigua provenienza dell’opera, con le opzioni teoriche di Baudrillard, Lyotard, Foucault? La post-modernità s’inaugura con la fine delle meta-narrazioni, e con la perdita di centralità dell’autore. L’autore è quella figura che “dà all’inquietante linguaggio della finzione le unità, i nodi di coerenza, l’inserzione del reale” che vincola la libertà degli scambi simbolici possibili col giogo “d’una identità che ha la forma dell’individualità e dell’io” (M. Foucault, L’ordine del discorso). Le sfere non sono più di Adalgisa Romano, sono il suo rapporto essenziale e sinestetico (al quale tutto il suo percorso è orientato) con il mondo. Nella loro liquidità sonora riportano l’incipit che man mano si avvolge intorno ai colori fondamentali (altri incipit) alla curiosità di ascoltare ciò che l’acqua conduce. Le sfere sono delle unità minime, dalle coniugazioni delle quali si creano le condizioni per dare voce, forma, ritmo, piacere, allo spazio vitale. Nel raccogliere i cieli, perdono la configurazione localistica (pur nutrendosi della luce del sud reale e non manipolata dopo lo scatto), il cielo è ovunque. L’armadio, continua quindi a viaggiare lasciando aperta la narrazione degli abitanti e dei luoghi, conservando il rosso, la fluidità carezzevole nelle chaise-longue laterali, il contatto materico del legno, la trasparenza delle sfere, la “realtà” dell’uso.
Galatina, febbraio 2007
Angela Serafino
02
marzo 2007
Adalgisa Romano – IN/S
Dal 02 al 31 marzo 2007
arte contemporanea
Location
CANTIERI TEATRALI KOREJA
Lecce, Via Guido Dorso, 70, (Lecce)
Lecce, Via Guido Dorso, 70, (Lecce)
Orario di apertura
9.30-13.00; 15.00-18.30
Vernissage
2 Marzo 2007, ore 18.30
Autore
Curatore