Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Adam Cohen – Video
Fnac e s.t.foto libreria galleria presentano due video di Adam Cohen, videoartista newyorkese di fama internazionale: Blind grace (1993) 20’e
Fire of time (2000) 28′
Sarà presente l’artista
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Estratti da un'intervista con Adam Cohen di Michael Ackerman.
Mio padre era Sid Grossman, un fotografo che lavorò a New York negli anni '30 e '40 e morì nel 1956, quando io avevo due anni. Era uno street photographer molto diretto e cercò di plasmare il suo lavoro sulle sue solide convinzioni politiche. Ma verso la fine della vita lottò alla ricerca di un'espressione più personale, più astratta, che lo facesse sentire più libero. Morì mentre era a metà di quella lotta.
Sono cresciuto con la street photography. Ho iniziato a conoscerla quando ero molto piccolo in modo quasi leggendario, come se fosse qualcosa di mitico: un passato straordinario, mio padre e altri, come Helen Levitt e Lisette Model.
È sempre stata presente e riesco solo a collegarla alle mie emozioni e ai miei ricordi quasi onirici delle strade strette e profonde di New York City. Risalire lungo l'8^ Avenue è come passeggiare in un canyon. Ti senti piccolissimo. Ho distinti ricordi visivi di New York a partire da quando avevo tre anni. Chiedo a mia madre e mi risponde "Sì, eri con me in bicicletta ed eravamo andati a Broadway. Era il 1957". Ricordo che mi fecero il bagno in una bacinella della camera oscura, ricordo che ero seduto in una vaschetta di sviluppo all'età di due anni. Sembra impossibile che io me lo ricordi, ma mia madre mi conferma che è vero.
Quando da giovane cercavo di decidere cosa fare, la prospettiva di diventare fotografo mi sembrava troppo onerosa per via di mio padre. Decisi di frequentare una scuola d'arte e mi iscrissi a un corso di cinema e a uno di pittura. Conobbi alcuni pittori e decisi di diventarlo anch'io. Durante un viaggio in Europa, visitai decine di musei e mi innamorai dei cupi dipinti tonali di Goya e Daumier. Erano quasi privi di colore, ma a modo loro avevano uno straordinario senso cromatico. Ricordo la sensazione di immediatezza che trasmettevano.
In quel periodo l'arte concettuale era molto in voga e tutto il resto era considerato fossilizzato nel passato. Eppure quei dipinti erano descrizioni dirette e prive di pregiudizi. Emanavano una sensazione di spiritualità e di grandiosità e tuttavia davano anche l'impressione di essere stati trovati per strada. Mi facevano percepire il passato in modo diverso. Il passato come qualcosa di assolutamente vivo, qualcosa che potevo toccare come un cavo sotto tensione.
Parlo di queste cose e sono un pessimo pittore. Non sapendo cosa fare, mi procurai una macchina da presa. Volevo filmare a colori e iniziai a farlo per le strade di New York, ma non riuscivo a trovare una sintonia. Poi scesi in metropolitana e rimasi folgorato. La luce. Come nei dipinti che amavo. Fu allora che iniziai a ingranare, ma non feci un gran che. Volevo realizzare un film.
Iniziai a filmare in Super8 per le strade come se stessi usando una Leica. Avevo letto tante cose sulle città - John Berger, Baudelaire, Walter Benjamin, ma nel mio cuore conservavo ancora la sensazione onirica di quel bambino sul fondo di quelle strade simili a canyon. Ricordavo quell'emozione.
Tutto sembrava così gigantesco e spaventoso, bello e travolgente. Così più grande di me. E mi chiesi cosa sarebbe accaduto se Sid non fosse morto tanti anni prima. Che cosa avrebbe fatto nelle strade di oggi. Consapevolmente andai in alcuni dei luoghi dove aveva lavorato. Per vedere cos'era cambiato e cos'era rimasto immutato. Ma più di tutto il resto contava quella sensazione di soggezione. La sensazione di violenza. E mi affascinava il tentativo di comprendere il passato. Di sentirlo nel presente. Nelle situazioni più attuali. E in mezzo a tutti quei momenti di fissità così pieni di tempo. Sentendo tutti quei fantasmi. Era questo che provavo là fuori di notte. I fantasmi degli immigranti, dei fotografi che avevano lavorato lì, di mio padre e dell'infinita schiera di persone senza nome. Tutte queste cose insieme divennero Blind Grace. Trovai il titolo per puro caso. All'inizio fu un gioco. Stavo filmando sulla 42^ Strada e vidi le locandine dei film in programmazione in quei giorni con i loro titoli apocalittici. ORE DISPERATE, STATO DI GRAZIA, FURIA CIECA, LA RAGAZZA DELLO SLUM, KING OF NEW YORK, PROGRAMMATO PER UCCIDERE. Mescolai le parole alla rinfusa e "Grazia Cieca" iniziò a guardarmi con insistenza.
Ero a Barcellona alle prese con il progetto di qualcun altro. Quando vidi per la prima volta il Barrio Chino ebbi una strana sensazione, un prurito alla pelle. L'atmosfera era molto pesante e spiritata. Il quartiere stava per essere demolito quindi si respirava un'autentica aria di urgenza. Volevo riuscire ad accedere ad alcuni di quei materiali prima che venissero distrutti. Non avevo un progetto strutturato. Per un certo periodo pensai che stavo realizzando una sorta di documentario più letterale e quindi mi sentivo triste e smarrito. Dopo molta confusione, divenne evidente che in realtà stavo facendo un film su qualcosa che non c'era più. Avevo la sensazione di filmare cose che erano assenti, ma che solo dopo si sono cristallizzate. "Fire of Time" ha preso forma tanto nel montaggio quanto nelle riprese. In sala di montaggio ebbi di nuovo quella sensazione alla pelle. Ricordando quello che sapevo fin dall'inizio, ma che avevo negato a me stesso nella speranza di realizzare un documentario. Quello che in realtà volevo era un film sull'assenza. Mettere le mani sugli effimeri frammenti di un passato sfuggente. Toccare le cose mentre scivolavano via. Sia nel Barrio Chino che nella mia vita privata. E fare un film senza imporre una narrazione o un'opinione politica. Un film sul nulla.
In seguito pensai di realizzare un terzo film. Per completare la trilogia sulle città e il tempo. Provai a lavorare a Marsiglia, Napoli, La Havana, ma ero bloccato. Avevo grandi idee, ma mi paralizzavano. La vita non collaborava con le mie idee. Mi sentivo un fallito. Stavo perdendo contatto con quell'immediatezza e quell'intimità di cui ho sempre avuto bisogno per lavorare a favore di un'idea più globale. Guardavo e riguardavo il materiale che avevo girato in quelle città e avevo la sensazione che non ci fosse niente. Continuai a visionarlo per più di un anno, poi iniziai a fermare il girato, a fissare certi fotogrammi. Non era affatto quello che avevo cercato di fare all'inizio, ma qualcos'altro prese forma. Mi condusse in una direzione che non mi ero reso conto di cercare. Mi riportò alle immagini fisse. Come riavvolgere la pellicola Super8 alla moviola e fermarsi su singoli fotogrammi. C'è qualcosa nella trasparenza, nella luminosità, qualcosa di quasi innocente nel vederli in questo modo. Come tornare alla fonte. La ricerca della piccola immagine fissa nel lungo flusso delle immagini in movimento. Diane Arbus ha detto una cosa che per me è sensata. "Più te ne vai lontano, più vai verso casa... come se gli dèi con una certa esultanza arbitraria ci avessero deposti nel luogo sbagliato e quello che noi cerchiamo è chi in realtà avremmo dovuto essere".
Brooklyn, aprile 2005
Luc Sante a proposito del film di Adam Cohen "Blind Grace".
"È così sensuale che riesco a percepire la temperatura reale e lo stesso tempo oltremodo remoto. Guardandola provo la netta sensazione inquietante di esserci stato e contemporaneamente di ricordare quel luogo un secolo prima e di osservarlo dalla luna."
Il suo film è incantevole. Si avvicina più di qualsiasi altro film io abbia mai visto a osservare l'inosservabile... La parte su Orchard Street è particolarmente vicina ai miei ricordi e al mio vissuto e quindi guardandola provo la netta sensazione inquietante di esserci stato e contemporaneamente di ricordare quel luogo un secolo prima e di osservarlo dalla luna o qualcosa del genere. È così sensuale che riesco a percepire la temperatura reale [che immagino includa sia l'estate che l'inverno] e lo stesso tempo oltremodo remoto... Il risultato è che tutto il film trasmette l'essenza della città a prescindere dai segni del periodo.
Biografia
Adam Cohen, nato a New York nel 1954, vive e lavora tra New York e Berlino.
Mostre personali:
2008 L'Espace Photo St. Cyprien, Tolosa, Francia
2007 Alchemia Gallery, Crocovia, Polonia
2004 Galleria Vu, mostra con Michael Ackerman, Parigi, Francia
Proiezioni:
2003 Galapagos-Occularis, Brooklyn, USA
Ronald Feldman Gallery, New York, USA
2000 Rotterdam Film Festival, Olanda
Dallas Video Festival & Dallas Museum of Art, USA
Argos Short Film Festival, Vevey, Svizzera
New York Video Festival at Lincoln Center, USA
Metropolitan Museum of Art, USA
Brooklyn Museum of Art, USA
Brooklyn Academy of Music, USA
Cherbourg-Octeville Saison Photographique, Francia
1998 Nelson-Atkins Museum of Art Kansas City, USA
1997 Pratt Institute - Program for Art on Film, New York, USA
1995 Pacific Film Archive-University of California at Berkeley - Urban Revisions, USA
4th International Festival of Super 8mm - Tours, Francia
1994 Oberhausen Short Film Festival, Germania
London Film Festival, Inghilterra
Berlin Video Festival, Germania
American Film Institute National Video Festival, Los Angeles California
6th Annual U.S. Super 8mm Film & Video Festival, New Jersey, USA
British Short Film Festival, Inghilterra
Centre de Cultura Contemporania de Barcelona -Visiones Urbanes, Spagna
Vila Do Conde International Short Film Festival, Portogallo
1993 Sao Paulo Museum of Image and Sound, Brasile
Forum BHZ International Video Festival Belo Horizonte, Brasile
1st International Festival of Video & Electronic Art Montreal, Canada
Whitney Museum of Art-Downtown, New York, USA
1992 Dia Center for the Arts, commissioned program “House Sleeps Fire”, New York, USA
Grants/Residencies/Awards
2008 Creative Capital Foundation, New York, USA
2002 New York State Council for the Arts, USA
2000 Creative Capital Foundation, New York, USA
1998 Wexner Center for the Arts, Columbus, Ohio, USA
1997 New York Foundation for the Arts, USA
1996 NYSCA New York State Council for the arts, USA
1995 Jerome Foundation, Minnesota, USA
1989 New York Foundation for the Arts, USA
2000 1st Prize Vevey Film Festival for "Blind Grace", Svizzera
Television Broadcast
2003 Sundance Channel, "Blind Grace", USA
2001 PBS Television, "Fire of Time", USA
1994 WDR, "Blind Grace", Germany, Museum Collections, Museum of Image and Sound, Sao Paulo, Brasil, La Caixa Foundation, Barcelona, Spain, Museu D'Art Contemporania, Barcelona, Spain, Australian Center for the Moving Image, Melbourne, Australia, Centre de Cultura Contemporania, Barcelona, Houston Museum of Fine Arts, USA
www.blindgrace.com
Mio padre era Sid Grossman, un fotografo che lavorò a New York negli anni '30 e '40 e morì nel 1956, quando io avevo due anni. Era uno street photographer molto diretto e cercò di plasmare il suo lavoro sulle sue solide convinzioni politiche. Ma verso la fine della vita lottò alla ricerca di un'espressione più personale, più astratta, che lo facesse sentire più libero. Morì mentre era a metà di quella lotta.
Sono cresciuto con la street photography. Ho iniziato a conoscerla quando ero molto piccolo in modo quasi leggendario, come se fosse qualcosa di mitico: un passato straordinario, mio padre e altri, come Helen Levitt e Lisette Model.
È sempre stata presente e riesco solo a collegarla alle mie emozioni e ai miei ricordi quasi onirici delle strade strette e profonde di New York City. Risalire lungo l'8^ Avenue è come passeggiare in un canyon. Ti senti piccolissimo. Ho distinti ricordi visivi di New York a partire da quando avevo tre anni. Chiedo a mia madre e mi risponde "Sì, eri con me in bicicletta ed eravamo andati a Broadway. Era il 1957". Ricordo che mi fecero il bagno in una bacinella della camera oscura, ricordo che ero seduto in una vaschetta di sviluppo all'età di due anni. Sembra impossibile che io me lo ricordi, ma mia madre mi conferma che è vero.
Quando da giovane cercavo di decidere cosa fare, la prospettiva di diventare fotografo mi sembrava troppo onerosa per via di mio padre. Decisi di frequentare una scuola d'arte e mi iscrissi a un corso di cinema e a uno di pittura. Conobbi alcuni pittori e decisi di diventarlo anch'io. Durante un viaggio in Europa, visitai decine di musei e mi innamorai dei cupi dipinti tonali di Goya e Daumier. Erano quasi privi di colore, ma a modo loro avevano uno straordinario senso cromatico. Ricordo la sensazione di immediatezza che trasmettevano.
In quel periodo l'arte concettuale era molto in voga e tutto il resto era considerato fossilizzato nel passato. Eppure quei dipinti erano descrizioni dirette e prive di pregiudizi. Emanavano una sensazione di spiritualità e di grandiosità e tuttavia davano anche l'impressione di essere stati trovati per strada. Mi facevano percepire il passato in modo diverso. Il passato come qualcosa di assolutamente vivo, qualcosa che potevo toccare come un cavo sotto tensione.
Parlo di queste cose e sono un pessimo pittore. Non sapendo cosa fare, mi procurai una macchina da presa. Volevo filmare a colori e iniziai a farlo per le strade di New York, ma non riuscivo a trovare una sintonia. Poi scesi in metropolitana e rimasi folgorato. La luce. Come nei dipinti che amavo. Fu allora che iniziai a ingranare, ma non feci un gran che. Volevo realizzare un film.
Iniziai a filmare in Super8 per le strade come se stessi usando una Leica. Avevo letto tante cose sulle città - John Berger, Baudelaire, Walter Benjamin, ma nel mio cuore conservavo ancora la sensazione onirica di quel bambino sul fondo di quelle strade simili a canyon. Ricordavo quell'emozione.
Tutto sembrava così gigantesco e spaventoso, bello e travolgente. Così più grande di me. E mi chiesi cosa sarebbe accaduto se Sid non fosse morto tanti anni prima. Che cosa avrebbe fatto nelle strade di oggi. Consapevolmente andai in alcuni dei luoghi dove aveva lavorato. Per vedere cos'era cambiato e cos'era rimasto immutato. Ma più di tutto il resto contava quella sensazione di soggezione. La sensazione di violenza. E mi affascinava il tentativo di comprendere il passato. Di sentirlo nel presente. Nelle situazioni più attuali. E in mezzo a tutti quei momenti di fissità così pieni di tempo. Sentendo tutti quei fantasmi. Era questo che provavo là fuori di notte. I fantasmi degli immigranti, dei fotografi che avevano lavorato lì, di mio padre e dell'infinita schiera di persone senza nome. Tutte queste cose insieme divennero Blind Grace. Trovai il titolo per puro caso. All'inizio fu un gioco. Stavo filmando sulla 42^ Strada e vidi le locandine dei film in programmazione in quei giorni con i loro titoli apocalittici. ORE DISPERATE, STATO DI GRAZIA, FURIA CIECA, LA RAGAZZA DELLO SLUM, KING OF NEW YORK, PROGRAMMATO PER UCCIDERE. Mescolai le parole alla rinfusa e "Grazia Cieca" iniziò a guardarmi con insistenza.
Ero a Barcellona alle prese con il progetto di qualcun altro. Quando vidi per la prima volta il Barrio Chino ebbi una strana sensazione, un prurito alla pelle. L'atmosfera era molto pesante e spiritata. Il quartiere stava per essere demolito quindi si respirava un'autentica aria di urgenza. Volevo riuscire ad accedere ad alcuni di quei materiali prima che venissero distrutti. Non avevo un progetto strutturato. Per un certo periodo pensai che stavo realizzando una sorta di documentario più letterale e quindi mi sentivo triste e smarrito. Dopo molta confusione, divenne evidente che in realtà stavo facendo un film su qualcosa che non c'era più. Avevo la sensazione di filmare cose che erano assenti, ma che solo dopo si sono cristallizzate. "Fire of Time" ha preso forma tanto nel montaggio quanto nelle riprese. In sala di montaggio ebbi di nuovo quella sensazione alla pelle. Ricordando quello che sapevo fin dall'inizio, ma che avevo negato a me stesso nella speranza di realizzare un documentario. Quello che in realtà volevo era un film sull'assenza. Mettere le mani sugli effimeri frammenti di un passato sfuggente. Toccare le cose mentre scivolavano via. Sia nel Barrio Chino che nella mia vita privata. E fare un film senza imporre una narrazione o un'opinione politica. Un film sul nulla.
In seguito pensai di realizzare un terzo film. Per completare la trilogia sulle città e il tempo. Provai a lavorare a Marsiglia, Napoli, La Havana, ma ero bloccato. Avevo grandi idee, ma mi paralizzavano. La vita non collaborava con le mie idee. Mi sentivo un fallito. Stavo perdendo contatto con quell'immediatezza e quell'intimità di cui ho sempre avuto bisogno per lavorare a favore di un'idea più globale. Guardavo e riguardavo il materiale che avevo girato in quelle città e avevo la sensazione che non ci fosse niente. Continuai a visionarlo per più di un anno, poi iniziai a fermare il girato, a fissare certi fotogrammi. Non era affatto quello che avevo cercato di fare all'inizio, ma qualcos'altro prese forma. Mi condusse in una direzione che non mi ero reso conto di cercare. Mi riportò alle immagini fisse. Come riavvolgere la pellicola Super8 alla moviola e fermarsi su singoli fotogrammi. C'è qualcosa nella trasparenza, nella luminosità, qualcosa di quasi innocente nel vederli in questo modo. Come tornare alla fonte. La ricerca della piccola immagine fissa nel lungo flusso delle immagini in movimento. Diane Arbus ha detto una cosa che per me è sensata. "Più te ne vai lontano, più vai verso casa... come se gli dèi con una certa esultanza arbitraria ci avessero deposti nel luogo sbagliato e quello che noi cerchiamo è chi in realtà avremmo dovuto essere".
Brooklyn, aprile 2005
Luc Sante a proposito del film di Adam Cohen "Blind Grace".
"È così sensuale che riesco a percepire la temperatura reale e lo stesso tempo oltremodo remoto. Guardandola provo la netta sensazione inquietante di esserci stato e contemporaneamente di ricordare quel luogo un secolo prima e di osservarlo dalla luna."
Il suo film è incantevole. Si avvicina più di qualsiasi altro film io abbia mai visto a osservare l'inosservabile... La parte su Orchard Street è particolarmente vicina ai miei ricordi e al mio vissuto e quindi guardandola provo la netta sensazione inquietante di esserci stato e contemporaneamente di ricordare quel luogo un secolo prima e di osservarlo dalla luna o qualcosa del genere. È così sensuale che riesco a percepire la temperatura reale [che immagino includa sia l'estate che l'inverno] e lo stesso tempo oltremodo remoto... Il risultato è che tutto il film trasmette l'essenza della città a prescindere dai segni del periodo.
Biografia
Adam Cohen, nato a New York nel 1954, vive e lavora tra New York e Berlino.
Mostre personali:
2008 L'Espace Photo St. Cyprien, Tolosa, Francia
2007 Alchemia Gallery, Crocovia, Polonia
2004 Galleria Vu, mostra con Michael Ackerman, Parigi, Francia
Proiezioni:
2003 Galapagos-Occularis, Brooklyn, USA
Ronald Feldman Gallery, New York, USA
2000 Rotterdam Film Festival, Olanda
Dallas Video Festival & Dallas Museum of Art, USA
Argos Short Film Festival, Vevey, Svizzera
New York Video Festival at Lincoln Center, USA
Metropolitan Museum of Art, USA
Brooklyn Museum of Art, USA
Brooklyn Academy of Music, USA
Cherbourg-Octeville Saison Photographique, Francia
1998 Nelson-Atkins Museum of Art Kansas City, USA
1997 Pratt Institute - Program for Art on Film, New York, USA
1995 Pacific Film Archive-University of California at Berkeley - Urban Revisions, USA
4th International Festival of Super 8mm - Tours, Francia
1994 Oberhausen Short Film Festival, Germania
London Film Festival, Inghilterra
Berlin Video Festival, Germania
American Film Institute National Video Festival, Los Angeles California
6th Annual U.S. Super 8mm Film & Video Festival, New Jersey, USA
British Short Film Festival, Inghilterra
Centre de Cultura Contemporania de Barcelona -Visiones Urbanes, Spagna
Vila Do Conde International Short Film Festival, Portogallo
1993 Sao Paulo Museum of Image and Sound, Brasile
Forum BHZ International Video Festival Belo Horizonte, Brasile
1st International Festival of Video & Electronic Art Montreal, Canada
Whitney Museum of Art-Downtown, New York, USA
1992 Dia Center for the Arts, commissioned program “House Sleeps Fire”, New York, USA
Grants/Residencies/Awards
2008 Creative Capital Foundation, New York, USA
2002 New York State Council for the Arts, USA
2000 Creative Capital Foundation, New York, USA
1998 Wexner Center for the Arts, Columbus, Ohio, USA
1997 New York Foundation for the Arts, USA
1996 NYSCA New York State Council for the arts, USA
1995 Jerome Foundation, Minnesota, USA
1989 New York Foundation for the Arts, USA
2000 1st Prize Vevey Film Festival for "Blind Grace", Svizzera
Television Broadcast
2003 Sundance Channel, "Blind Grace", USA
2001 PBS Television, "Fire of Time", USA
1994 WDR, "Blind Grace", Germany, Museum Collections, Museum of Image and Sound, Sao Paulo, Brasil, La Caixa Foundation, Barcelona, Spain, Museu D'Art Contemporania, Barcelona, Spain, Australian Center for the Moving Image, Melbourne, Australia, Centre de Cultura Contemporania, Barcelona, Houston Museum of Fine Arts, USA
www.blindgrace.com
21
maggio 2009
Adam Cohen – Video
21 maggio 2009
fotografia
serata - evento
serata - evento
Location
S.T. FOTO LIBRERIA GALLERIA
Roma, Via Degli Ombrellari, 25, (Roma)
Roma, Via Degli Ombrellari, 25, (Roma)
Orario di apertura
ore 19.30-22.00
Vernissage
21 Maggio 2009, ore 19.30
Autore
Curatore