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Adolfina de Stefani / Antonello Mantovani – Ironie ed Utopie
Quanto l’atto ludico entri ed esca dalle opere di Adolfina de Stefani e Antonello Mantovani, resta un quesito, un punto interrogativo da speculare e ribaltare a sé stesso. Come nel mondo sottosopra di Alice tutto ciò che si palesa si ingigantisce, ribalta, rimpicciolisce, sparisce.
Comunicato stampa
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Giochi e sogni nella filosofia realistica
- sguardo nelle opere di Adolfina de Stefani e Antonello Mantovani
“Tutto si integra nell'eterno ritorno: ciò lo sanno gli umoristi, i santi e gli innocenti. “ Pier Paolo Pasolini
Quanto l’atto ludico entri ed esca dalle opere di Adolfina de Stefani e Antonello Mantovani, resta un quesito, un punto interrogativo da speculare e ribaltare a sé stesso. Come nel mondo sottosopra di Alice tutto ciò che si palesa si ingigantisce, ribalta, rimpicciolisce, sparisce. Ora l’immagine delle loro opere rimanda a spazi immaginifici, utopici, persuasivi, ora a luoghi concreti, definiti e materici.
Nei luoghi delle deliziose tredici scatole bianche, quali libri tridimensionali entro cui gli oggetti sono il soggetto della narrativa immaginifica, che nel significato immediato pone l’osservatore innanzi a una realtà sognante, nel cui luogo intimo si manifesta quel mondo realistico privo apparentemente di emozione, ebbene entro quelle cornici le porte della fantasia si spalancano tra i contorni utopici, innocenti del bambino insito dentro ogni singolo inconscio.
E, sollevando gli occhi, ci si riconosce negli sguardi multipli, sequenziati di palpebre, ciglia, pupille che apparentemente immoti scrutano chi li guarda. Dunque l’interrogativo di cui sopra espresso si ingigantisce, come gli alberi di inchiostro sospesi nella trasparenza di una lastra di plexiglas. Quale miglior gioco ironico potrebbe avere forma se non occhi immoti verso alberi sospesi, rigorosamente scheletriti per manifestarne la vera essenza e tassativamente plastica? È l’oggettività del simulacro, come uomo e albero che si pongono in dialogo, assenti di corpo umano, presenti di materia artefatta. Una filosofia realistica, quella di Adolfina de Stefani e Antonello Mantovani, entro cui la loro relazione e connessione si esprime attraverso le opere d’arte amorevolmente amalgamate da un legame personale, che ne contraddistingue le loro creazioni.
Di loro potremmo accertare il gioco della tentazione. Ove utopia e ironia si intrecciano, intersecano, misurano.
Tuttavia le morfologie delle opere non sono in contrapposizione e non vi è nemmeno una immedesimazione. Forse solo quel sapiente gioco in cui si fa girare la funicella per saltarvi sopra, senza l’inciampo, ma con un ritmo costante di passo. E proprio nelle opere che rappresentano dei contorni antropomorfi di profili d’amici, scopriamo ancora una volta la relazione, il tentativo di formare delle parole con gli sguardi rivolti verso un cielo di vocali e consonanti, che come stelle propiziatorie illuminano un blu matissiano.
E in questa filosofia realistica il colore è un elemento chiave con forza assoluta. Nel bianco la luce del sogno si specchia e confronta con il nero, quale realtà talvolta di assorbimento, attraverso il giuoco continuo del rosso, quale palpito vitale, come respiro di sofferenza.
Nelle opere di Adolfina de Stefani e Antonello Mantovani la dissimulazione ironica diviene il concetto primo della loro filosofia realistica. Provoco nello scrivere questa apparente dicotomia, perché quello che potrebbe sembrare un luogo che non esiste, specchia sé stesso nella realtà che ci circonda attraverso questo voluto rimando di provocazione che induce ad osservare attraverso l’opera, da loro creata, la realtà che sta di là delle trasparenze e delle convenzioni. A tal proposito non possiamo esimerci dal restare stupiti e rapiti al contempo da quei cappelli realizzati con chiodi o spilli, che con irrisione si titola “Un Diavolo per Cappello”.
Ecco che umoristi, santi, innocenti, e, aggiungo anche artisti, conoscono il gioco in cui tutto si integra nell’eterno ritorno.
Barbara Cappello
Games and dreams in realistic philosophy
- a look into Adolfina de Stefani and Antonello Mantovani’s works
“Everything integrates in the eternal return: humorists, saints and the innocent know this.” Pier Paolo Pasolini
One wonders how much the playful gesture interacts with Adolfina de Stefani and Antonello Mantovani’s works; it remains a question to be speculated and overturned. In their works, everything that is revealed becomes magnified, overturned, reduced, or disappears just like the upside-down world of Alice. The imagine of their works sometimes refers to imaginative, utopian, persuasive spaces, sometimes to actual, defined and material places.
In the places of the delightful thirteen white boxes like three-dimensional books by which things are the subject of imaginative narrative, which in the immediate meaning places the observer in front of a dreaming reality, in whose intimate place is manifested that realistic world at first glance emotionless; the doors of fantasy open wide within those frames, by the utopian and innocent profiles of the child inherent in everyone’s unconscious.
Raising our eyes, however, we recognize ourselves in the multiple gazes - sequenced with eyelids, eyelashes, pupils – that, apparently motionless, scrutinize whoever is looking at them. As a consequence, the abovementioned question gets bigger like ink trees in the transparent sheet of Plexiglas. Which ironic game is best displayed through motionless eyes turned into suspended trees, strictly skeletonized to express their true, absolutely plastic essence? It is the objectivity of the simulacrum - as man and tree that have a conversation in the absence of the human body, as though they were made of artificial substance. Adolfina de Stefani and Antonello Mantovani is therefore a realistic philosophy, with their relationship and connection displayed through artworks lovingly amalgamated through a personal relationship which marks their works.
The game of temptation - where utopia and irony intertwine, intersect, measure - is what we could ascertain from them.
However, the morphologies of the works are not in opposition and there is not even an identification. Perhaps only that skilful game in which the rope is spun to jump over it, without stumbling, but with a constant rhythm of steps. Once again, we discover the relationship, even in the works that represent anthropomorphic outlines of friends’profiles. The attempt to shape words with gazes turned towards a sky of vowels and consonants is represented, just like propitiatory stars that illuminate a Matisse-like blue. Color is a key element of this realistic philosophy, expressed with absolute strength. In the white, the light of dreams mirrors and confront itself with black, and sometimes absorbs itself through the continual game of red like a vital throb and breath of suffering.
The ironic dissimulation becomes the most important concept of Adolfina de Stefani and Antonello Mantovani’s realistic philosophy. This artificial duality is a provocation: what apparently is a place that doesn’t exist mirrors itself in the reality surrounding us. This provocation leads us to observe, through their artworks, the reality lying beyond transparencies and formalities. It’s impossible not to be amazed and enraptured at the same time by those hats made with nails or pins, which is ironically entitled “Un Diavolo per Cappello”.
Therefore, the game where everything is integrated in the eternal return is well known to these humorists, saints, innocents, and, let me add, artists too.
Barbara Cappello
- sguardo nelle opere di Adolfina de Stefani e Antonello Mantovani
“Tutto si integra nell'eterno ritorno: ciò lo sanno gli umoristi, i santi e gli innocenti. “ Pier Paolo Pasolini
Quanto l’atto ludico entri ed esca dalle opere di Adolfina de Stefani e Antonello Mantovani, resta un quesito, un punto interrogativo da speculare e ribaltare a sé stesso. Come nel mondo sottosopra di Alice tutto ciò che si palesa si ingigantisce, ribalta, rimpicciolisce, sparisce. Ora l’immagine delle loro opere rimanda a spazi immaginifici, utopici, persuasivi, ora a luoghi concreti, definiti e materici.
Nei luoghi delle deliziose tredici scatole bianche, quali libri tridimensionali entro cui gli oggetti sono il soggetto della narrativa immaginifica, che nel significato immediato pone l’osservatore innanzi a una realtà sognante, nel cui luogo intimo si manifesta quel mondo realistico privo apparentemente di emozione, ebbene entro quelle cornici le porte della fantasia si spalancano tra i contorni utopici, innocenti del bambino insito dentro ogni singolo inconscio.
E, sollevando gli occhi, ci si riconosce negli sguardi multipli, sequenziati di palpebre, ciglia, pupille che apparentemente immoti scrutano chi li guarda. Dunque l’interrogativo di cui sopra espresso si ingigantisce, come gli alberi di inchiostro sospesi nella trasparenza di una lastra di plexiglas. Quale miglior gioco ironico potrebbe avere forma se non occhi immoti verso alberi sospesi, rigorosamente scheletriti per manifestarne la vera essenza e tassativamente plastica? È l’oggettività del simulacro, come uomo e albero che si pongono in dialogo, assenti di corpo umano, presenti di materia artefatta. Una filosofia realistica, quella di Adolfina de Stefani e Antonello Mantovani, entro cui la loro relazione e connessione si esprime attraverso le opere d’arte amorevolmente amalgamate da un legame personale, che ne contraddistingue le loro creazioni.
Di loro potremmo accertare il gioco della tentazione. Ove utopia e ironia si intrecciano, intersecano, misurano.
Tuttavia le morfologie delle opere non sono in contrapposizione e non vi è nemmeno una immedesimazione. Forse solo quel sapiente gioco in cui si fa girare la funicella per saltarvi sopra, senza l’inciampo, ma con un ritmo costante di passo. E proprio nelle opere che rappresentano dei contorni antropomorfi di profili d’amici, scopriamo ancora una volta la relazione, il tentativo di formare delle parole con gli sguardi rivolti verso un cielo di vocali e consonanti, che come stelle propiziatorie illuminano un blu matissiano.
E in questa filosofia realistica il colore è un elemento chiave con forza assoluta. Nel bianco la luce del sogno si specchia e confronta con il nero, quale realtà talvolta di assorbimento, attraverso il giuoco continuo del rosso, quale palpito vitale, come respiro di sofferenza.
Nelle opere di Adolfina de Stefani e Antonello Mantovani la dissimulazione ironica diviene il concetto primo della loro filosofia realistica. Provoco nello scrivere questa apparente dicotomia, perché quello che potrebbe sembrare un luogo che non esiste, specchia sé stesso nella realtà che ci circonda attraverso questo voluto rimando di provocazione che induce ad osservare attraverso l’opera, da loro creata, la realtà che sta di là delle trasparenze e delle convenzioni. A tal proposito non possiamo esimerci dal restare stupiti e rapiti al contempo da quei cappelli realizzati con chiodi o spilli, che con irrisione si titola “Un Diavolo per Cappello”.
Ecco che umoristi, santi, innocenti, e, aggiungo anche artisti, conoscono il gioco in cui tutto si integra nell’eterno ritorno.
Barbara Cappello
Games and dreams in realistic philosophy
- a look into Adolfina de Stefani and Antonello Mantovani’s works
“Everything integrates in the eternal return: humorists, saints and the innocent know this.” Pier Paolo Pasolini
One wonders how much the playful gesture interacts with Adolfina de Stefani and Antonello Mantovani’s works; it remains a question to be speculated and overturned. In their works, everything that is revealed becomes magnified, overturned, reduced, or disappears just like the upside-down world of Alice. The imagine of their works sometimes refers to imaginative, utopian, persuasive spaces, sometimes to actual, defined and material places.
In the places of the delightful thirteen white boxes like three-dimensional books by which things are the subject of imaginative narrative, which in the immediate meaning places the observer in front of a dreaming reality, in whose intimate place is manifested that realistic world at first glance emotionless; the doors of fantasy open wide within those frames, by the utopian and innocent profiles of the child inherent in everyone’s unconscious.
Raising our eyes, however, we recognize ourselves in the multiple gazes - sequenced with eyelids, eyelashes, pupils – that, apparently motionless, scrutinize whoever is looking at them. As a consequence, the abovementioned question gets bigger like ink trees in the transparent sheet of Plexiglas. Which ironic game is best displayed through motionless eyes turned into suspended trees, strictly skeletonized to express their true, absolutely plastic essence? It is the objectivity of the simulacrum - as man and tree that have a conversation in the absence of the human body, as though they were made of artificial substance. Adolfina de Stefani and Antonello Mantovani is therefore a realistic philosophy, with their relationship and connection displayed through artworks lovingly amalgamated through a personal relationship which marks their works.
The game of temptation - where utopia and irony intertwine, intersect, measure - is what we could ascertain from them.
However, the morphologies of the works are not in opposition and there is not even an identification. Perhaps only that skilful game in which the rope is spun to jump over it, without stumbling, but with a constant rhythm of steps. Once again, we discover the relationship, even in the works that represent anthropomorphic outlines of friends’profiles. The attempt to shape words with gazes turned towards a sky of vowels and consonants is represented, just like propitiatory stars that illuminate a Matisse-like blue. Color is a key element of this realistic philosophy, expressed with absolute strength. In the white, the light of dreams mirrors and confront itself with black, and sometimes absorbs itself through the continual game of red like a vital throb and breath of suffering.
The ironic dissimulation becomes the most important concept of Adolfina de Stefani and Antonello Mantovani’s realistic philosophy. This artificial duality is a provocation: what apparently is a place that doesn’t exist mirrors itself in the reality surrounding us. This provocation leads us to observe, through their artworks, the reality lying beyond transparencies and formalities. It’s impossible not to be amazed and enraptured at the same time by those hats made with nails or pins, which is ironically entitled “Un Diavolo per Cappello”.
Therefore, the game where everything is integrated in the eternal return is well known to these humorists, saints, innocents, and, let me add, artists too.
Barbara Cappello
05
agosto 2021
Adolfina de Stefani / Antonello Mantovani – Ironie ed Utopie
Dal 05 al 30 agosto 2021
arte contemporanea
Location
VISIONI ALTRE
Venezia, Campo del Ghetto Novo , 2918
Venezia, Campo del Ghetto Novo , 2918
Orario di apertura
da mercoledì a domenica ore 11:00-14:00 e 17:00-20:00
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