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Adriano Catalano Gonzaga – Luci ed ombre di un parco
La sua lingua è fatta di immagini: i rami intricati ci raccontano del nostro incedere difficoltoso per i sentieri dell’esistenza; la macchina sommersa dai rovi diventa metafora del nostro ingenuo tentativo di controllo; le radure rappresentano i momenti in cui la vita ci dona conforto e senso di pace; il sole, che delicato si adagia sopra al tronco caduto a terra, ci rivela la poesia che attornia questa avventura fatta di vita e di morte
Comunicato stampa
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Si può dipingere qualsiasi cosa: basta soltanto vederla
… non vi è nulla di più surreale, di più astratto del reale.
Giorgio Morandi
Adriano è un fotografo e da tanti anni racconta con le immagini il rapporto tra i turisti e l’immensità dei parchi nazionali americani, i giardini della città che ama visitare e gli angoli inconsueti delle strade trafficate.
Che cosa cerca in questi luoghi? Che cosa vuole che resti impresso sulla carta fotografica? Adriano ricerca con la pazienza di un pittore e la grazia di un poeta la pura e semplice bellezza. Quella che intende fissare nella fotografia è una bellezza priva di voce: non è quella strillata delle cartoline turistiche e neppure quella opulenta delle guide delle città. È un’idea di bello non consolatoria, che scaturisce dalle contraddizioni e dalla concretezza, pronta a trasformarsi, forse per un impercettibile gioco, in forma puramente onirica.
L’obiettivo di Adriano è puntato verso un oggetto che non si può cogliere con lo sguardo distratto della
quotidianità. Il lato puro delle cose è accessibile solo grazie alla pazienza e al silenzio di un occhio che si lascia penetrare dalla luce dei fenomeni.
Le tradizioni di tutto il mondo conoscono molto bene questo stato contemplativo: alcune lo ricercano con la
meditazione, altre con il silenzio, altre ancora con la solitudine.
Adriano ha scelto, come via di predisposizione alla bellezza, il lento passeggiare. Passo dopo passo, chilometro dopo chilometro, il respiro diventa regolare, il pensiero si trasforma e da nebuloso diventa fluido e limpido, il cuore abbandona la paura e si apre alle novità. Rendendosi permeabile, questo splendore si fa sentire e dalla sua voce baluginano significati non consolatori ma autentici. Talvolta il suo linguaggio è perentorio, altre volte estremamente diretto e spietato, ma sempre e comunque intriso di poesia.
Sotto il vento di questa voce il mondo perde la sua apparente banalità: la donna che guarda la natura imponente diventa metafora del nostro rapporto con il mondo; i rami intricati rimandano al nostro incedere dubbioso; i palazzi inconsueti e dalle forme bizzarre ci consegnano l’immagine delle nostra imprevedibile vita. Adriano ha scelto di catturare questa bellezza, di fermarla e di condividerla con gli altri attraverso la modalità espressiva della fotografia.
Dopo anni di paziente lavoro, di passione sempre rinnovata, di studio incessante, Adriano ha imparato a
padroneggiare il suo linguaggio con la maestria di un pittore e la grazie di un poeta.
Gianumberto Accinelli
Dal 1 aprile al 30 aprile 2016
Café de la Paix - via Collegio di Spagna 5/b - Bologna
Organizzazione a cura dell’associazione culturale Felsina Factory
L’interazione tra la moltitudine degli organismi viventi, che da tempo immemore vivono sul nostro pianeta, viaggia attraverso le voci che corrono sui prati, trapassano gli alberi e si fermano negli angoli in cui la natura fa la sua comparsa.
Cosa ci stanno dicendo queste voci? Qual è il linguaggio usato dalla natura? La scienza fornisce una
risposta perentoria: la natura ci parla di difficoltà, problemi e di possibili soluzioni.
Prendiamo per esempio il mondo vegetale e il suo intrinseco limite: quello di essere letteralmente piantato a terra. Tale condizione fa sorgere numerosi problemi tra cui quello di allontanare dalla pianta madre i suoi figli perché non entrino in competizione alimentare con lei.
Per risolvere questo dilemma, la natura sfodera la sua tavolozza ricca di colori e dipinge, su una lavagna
fatta di sogno, le sue soluzioni.
Quando all’interno di un frutto i semi sono ormai maturi e pronti a essere dispersi, la pianta madre convoglia all’interno della polpa una gran quantità di zuccheri e altre sostanze gradevoli al palato e, contestualmente, dipinge la buccia con i variopinti colori dei frutti maturi. Il rosso è quello più usato dai vegetali, e non a caso: la pianta si rivolge agli uccelli e ai mammiferi e, attraverso questo colore, racconta loro della polpa appetitosa del frutto.
Gli animali, che conoscono bene questo linguaggio, iniziano a cibarsi dei frutti zuccherini e depositeranno
lontano i semi, là dove troveranno grandi spazi per crescere. I frutti sanno anche tacere e lo fanno quando i semi non sono ancora pronti al loro lungo viaggio. In questo caso la buccia rimane verde, si confonde con le fronde e attende i giusti tempi.
Così come le lettere dell’alfabeto si possono combinare tra loro fino a formare tutte le lingue del mondo, allo stesso modo i colori vengono rimescolati tra le specie viventi ed assumono i significati più disparati. Non di soli colori parla la natura: le sue voci della natura attraverso le luci, si espandono con i profumi e si in molteplici forme.
Tra i mille sussurri della natura ne esiste uno, davvero particolare, che entra in risonanza con il nostro
mondo percettivo assumendo le molteplici tonalità dell’interiorità. Le emozioni evocate dal contatto con la natura rimbombano dentro di noi e si vestono con la delicata forma della malinconia oppure con i luminosi sentimenti della gioia, della meraviglia e della voglia di respirare aria fresca.
Sono voci sottili ma importanti che ci inducono al raccoglimento, al silenzio e ci chiedono di essere ascoltate. Se le lasciamo parlare non ci racconteranno di problemi e di soluzioni ma piuttosto ci rileveranno aspetti della nostra condizione esistenziale.
Al pari della natura, anche le voci della nostra interiorità sono selvagge e necessitano di una traduzione. In questo caso però la scienza non è efficacie e il linguaggio idoneo assomiglia di più a quello dell’arte.
È questo il motivo per cui Adriano si trasforma in cicerone e, cercando di non disturbare le voci della natura, ci accompagna in una passeggiata per il parco di Villa Ghigi traducendo per noi quei messaggi che la natura ci vuole comunicare.
La sua lingua è fatta di immagini: i rami intricati ci raccontano del nostro incedere difficoltoso per i sentieri dell’esistenza; la macchina sommersa dai rovi diventa metafora del nostro ingenuo tentativo di controllo; le radure rappresentano i momenti in cui la vita ci dona conforto e senso di pace; il sole, che delicato si adagia
sopra al tronco caduto a terra, ci rivela la poesia che attornia questa avventura fatta di vita e di morte.
La passeggiata per immagini si conclude sul crinale del parco, dove le chiome dei cipressi si spingono
inesauste verso il cielo, ricordandoci della costante spinta che abita dentro di noi e che si manifesta con la
voglia di cambiare, di migliorarci, di spezzare la catena che la spesso la vita ci impone.
I cipressi ci indicano inoltre, con il loro profilo melanconico, la direzione oltre la quale si trova la libertà del cuore e del pensiero.
Gianumberto Accinelli
… non vi è nulla di più surreale, di più astratto del reale.
Giorgio Morandi
Adriano è un fotografo e da tanti anni racconta con le immagini il rapporto tra i turisti e l’immensità dei parchi nazionali americani, i giardini della città che ama visitare e gli angoli inconsueti delle strade trafficate.
Che cosa cerca in questi luoghi? Che cosa vuole che resti impresso sulla carta fotografica? Adriano ricerca con la pazienza di un pittore e la grazia di un poeta la pura e semplice bellezza. Quella che intende fissare nella fotografia è una bellezza priva di voce: non è quella strillata delle cartoline turistiche e neppure quella opulenta delle guide delle città. È un’idea di bello non consolatoria, che scaturisce dalle contraddizioni e dalla concretezza, pronta a trasformarsi, forse per un impercettibile gioco, in forma puramente onirica.
L’obiettivo di Adriano è puntato verso un oggetto che non si può cogliere con lo sguardo distratto della
quotidianità. Il lato puro delle cose è accessibile solo grazie alla pazienza e al silenzio di un occhio che si lascia penetrare dalla luce dei fenomeni.
Le tradizioni di tutto il mondo conoscono molto bene questo stato contemplativo: alcune lo ricercano con la
meditazione, altre con il silenzio, altre ancora con la solitudine.
Adriano ha scelto, come via di predisposizione alla bellezza, il lento passeggiare. Passo dopo passo, chilometro dopo chilometro, il respiro diventa regolare, il pensiero si trasforma e da nebuloso diventa fluido e limpido, il cuore abbandona la paura e si apre alle novità. Rendendosi permeabile, questo splendore si fa sentire e dalla sua voce baluginano significati non consolatori ma autentici. Talvolta il suo linguaggio è perentorio, altre volte estremamente diretto e spietato, ma sempre e comunque intriso di poesia.
Sotto il vento di questa voce il mondo perde la sua apparente banalità: la donna che guarda la natura imponente diventa metafora del nostro rapporto con il mondo; i rami intricati rimandano al nostro incedere dubbioso; i palazzi inconsueti e dalle forme bizzarre ci consegnano l’immagine delle nostra imprevedibile vita. Adriano ha scelto di catturare questa bellezza, di fermarla e di condividerla con gli altri attraverso la modalità espressiva della fotografia.
Dopo anni di paziente lavoro, di passione sempre rinnovata, di studio incessante, Adriano ha imparato a
padroneggiare il suo linguaggio con la maestria di un pittore e la grazie di un poeta.
Gianumberto Accinelli
Dal 1 aprile al 30 aprile 2016
Café de la Paix - via Collegio di Spagna 5/b - Bologna
Organizzazione a cura dell’associazione culturale Felsina Factory
L’interazione tra la moltitudine degli organismi viventi, che da tempo immemore vivono sul nostro pianeta, viaggia attraverso le voci che corrono sui prati, trapassano gli alberi e si fermano negli angoli in cui la natura fa la sua comparsa.
Cosa ci stanno dicendo queste voci? Qual è il linguaggio usato dalla natura? La scienza fornisce una
risposta perentoria: la natura ci parla di difficoltà, problemi e di possibili soluzioni.
Prendiamo per esempio il mondo vegetale e il suo intrinseco limite: quello di essere letteralmente piantato a terra. Tale condizione fa sorgere numerosi problemi tra cui quello di allontanare dalla pianta madre i suoi figli perché non entrino in competizione alimentare con lei.
Per risolvere questo dilemma, la natura sfodera la sua tavolozza ricca di colori e dipinge, su una lavagna
fatta di sogno, le sue soluzioni.
Quando all’interno di un frutto i semi sono ormai maturi e pronti a essere dispersi, la pianta madre convoglia all’interno della polpa una gran quantità di zuccheri e altre sostanze gradevoli al palato e, contestualmente, dipinge la buccia con i variopinti colori dei frutti maturi. Il rosso è quello più usato dai vegetali, e non a caso: la pianta si rivolge agli uccelli e ai mammiferi e, attraverso questo colore, racconta loro della polpa appetitosa del frutto.
Gli animali, che conoscono bene questo linguaggio, iniziano a cibarsi dei frutti zuccherini e depositeranno
lontano i semi, là dove troveranno grandi spazi per crescere. I frutti sanno anche tacere e lo fanno quando i semi non sono ancora pronti al loro lungo viaggio. In questo caso la buccia rimane verde, si confonde con le fronde e attende i giusti tempi.
Così come le lettere dell’alfabeto si possono combinare tra loro fino a formare tutte le lingue del mondo, allo stesso modo i colori vengono rimescolati tra le specie viventi ed assumono i significati più disparati. Non di soli colori parla la natura: le sue voci della natura attraverso le luci, si espandono con i profumi e si in molteplici forme.
Tra i mille sussurri della natura ne esiste uno, davvero particolare, che entra in risonanza con il nostro
mondo percettivo assumendo le molteplici tonalità dell’interiorità. Le emozioni evocate dal contatto con la natura rimbombano dentro di noi e si vestono con la delicata forma della malinconia oppure con i luminosi sentimenti della gioia, della meraviglia e della voglia di respirare aria fresca.
Sono voci sottili ma importanti che ci inducono al raccoglimento, al silenzio e ci chiedono di essere ascoltate. Se le lasciamo parlare non ci racconteranno di problemi e di soluzioni ma piuttosto ci rileveranno aspetti della nostra condizione esistenziale.
Al pari della natura, anche le voci della nostra interiorità sono selvagge e necessitano di una traduzione. In questo caso però la scienza non è efficacie e il linguaggio idoneo assomiglia di più a quello dell’arte.
È questo il motivo per cui Adriano si trasforma in cicerone e, cercando di non disturbare le voci della natura, ci accompagna in una passeggiata per il parco di Villa Ghigi traducendo per noi quei messaggi che la natura ci vuole comunicare.
La sua lingua è fatta di immagini: i rami intricati ci raccontano del nostro incedere difficoltoso per i sentieri dell’esistenza; la macchina sommersa dai rovi diventa metafora del nostro ingenuo tentativo di controllo; le radure rappresentano i momenti in cui la vita ci dona conforto e senso di pace; il sole, che delicato si adagia
sopra al tronco caduto a terra, ci rivela la poesia che attornia questa avventura fatta di vita e di morte.
La passeggiata per immagini si conclude sul crinale del parco, dove le chiome dei cipressi si spingono
inesauste verso il cielo, ricordandoci della costante spinta che abita dentro di noi e che si manifesta con la
voglia di cambiare, di migliorarci, di spezzare la catena che la spesso la vita ci impone.
I cipressi ci indicano inoltre, con il loro profilo melanconico, la direzione oltre la quale si trova la libertà del cuore e del pensiero.
Gianumberto Accinelli
01
aprile 2016
Adriano Catalano Gonzaga – Luci ed ombre di un parco
Dal primo al 30 aprile 2016
fotografia
Location
CAFE’ DE LA PAIX
Bologna, Via Collegio Di Spagna, 5b, (Bologna)
Bologna, Via Collegio Di Spagna, 5b, (Bologna)
Vernissage
1 Aprile 2016, h 18.30
Autore
Curatore