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Affinità Elettive. La distanza è pari a zero e ad infinto
Giocando con l’omonimo titolo del romanzo di Goethe, Affinità Elettive vuole essere un’occasione di esplorare le possibili relazioni tra opere che si richiamano vicendevolmente su un piano estetico, visivo e concettuale, avvicinando artisti che utilizzano linguaggi e medium estremamente diversi.
Comunicato stampa
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Giocando con l’omonimo titolo del romanzo di Goethe, il progetto curatoriale, le Affinità Elettive vuole essere un’occasione di esplorare le possibili relazioni tra opere che si richiamano vicendevolmente su un piano estetico, visivo e concettuale, avvicinando, spesso per la prima volta, artisti che utilizzano linguaggi e medium estremamente diversi.
Per il primo capitolo di questo progetto La distanza è pari a zero e ad infinto, sviluppato in occasione di Open House Roma 2014, abbiamo ricreato uno spazio domestico, inteso come microcosmo possibile, e accostato cinque opere conservate in collezioni private a quelle di cinque artisti invitati: David Casini / Naoya Takahara, Stefano Canto / Shilpa Gupta, Federica Luzzi / Paolo Canevari, Luca Coclite / Robyn Penn, Delphine Valli / Joe Webb.
La mostra vuole essere un breve percorso ispirato alla visione panteistica di Goethe, per cui l’Universo era un unicum vivente nella cui profondità infinita convivevano, interconnettendosi, le molteplici forme (Gestalt).
Si parte da uno dei più piccoli punti dell’universo, il seme di frutta, che nel lavoro di David Casini (Montevarchi, Arezzo, 1973), sembra assurgere allo status di reperto archeologico, esibito in una teca, impreziosito da basi marmoree e abbellito da colori acrilici che ne accentuano il carattere esotico. All’opera di Casini, fa da contrappunto la delicata scultura di Naoya Takahara (Ehime, Giappone,1954), un piccolo globo di carta, realizzato da un meticoloso sovrapponimento di pagine di libri fino a creare una struttura simile a un frutto della conoscenza, in cui minuscoli animali lasciano la loro traccia.
Intorno a questi micro-mondi si dispiegano opere che affrontano in chiave contemporanea temi cari al pensiero romantico. Da una parte, la coppia Stefano Canto (Roma, 1972) e Shilpa Gupta (Bombay, 1976) gioca sul senso di minaccia e paura nel futuro. In “Plastico” Canto recupera una vecchia cartolina che rappresenta il modellino architettonico delle Twin Towers e ne produce una gigantografia, che si fa effige del fallimento di un’utopia architettonica e monumento all’imprevedibilità degli eventi. Mentre le quattro saponette di Gupta, che erano parte dell’installazione presentata nella Galleria Yvon Lambert di Parigi nel 2009, rimandano all’inconsistenza del sentimento della minaccia (THREAT) che paralizza l’individuo pur essendo basata sul nulla e pronta a sciogliersi come sapone.
Il fascino per l’oscurità e la bellezza avvolta dal velo della notte, topos della letteratura romantica, si ritrova in “Black Shell”, scultura di lino intrecciato in tecnica macramé di Federica Luzzi (Roma, 1970) che tesse leggere strutture a conchiglia partendo da un punto di vuoto definito nello spazio; cosi come nella rosa che Paolo Canevari (Roma, 1963) realizza con un materiale spiazzante come la gomma nera dei pneumatici.
Dall’altra parte, troviamo invece lavori che rivisitano l’idea di contemplazione della natura e di anelito all’infinito. L’olio su tela di Robyn Penn (Pretoria, 1973) “Pause. (Homage to Friedrich)” è un lavoro che interroga la nozione di autenticità dell’opera, attraverso il recupero di forme e immagini antiche ormai appartenenti all’immaginario collettivo. La Penn si appropria, con il desiderio di rendergli omaggio, di una delle icone dell’estetica romantica spingendo a riflettere su una ri-attualizzazione di quel senso del sublime misto a dubbio che stringe l’uomo di fronte alla potenza della natura. Luca Coclite (Cagliano del Capo, Lecce, 1981) invece, attraverso la sua video-animazione, "Final Tourist Info for Provisional Mountais", accompagna l’osservatore in un viaggio aereo su nature utopiche ricostruite in base ad immagini recuperate da un vecchio almanacco geografico dell'ex Jugoslavia e trattate con filtri che ne estrapolano delle sequenze per sovrapporle ad altre porzioni di panorama fino ad arrivare a una completa destrutturazione del paesaggio.
Il percorso si chiude con l’installazione di oli su carta di Delphine Valli (Champigny-sur-Marne, Francia, 1972), un tentativo di circoscrivere il cielo sopra di noi tracciando ipotetici perimetri finiti per uno spazio infinito e un collage di Joe Webb (Londra, 1976), che ironizzando sul crollo delle grandi utopie del secolo scorso, attraverso la parodia dei linguaggi della pop art, riporta la nobile tensione all’infinito tipica dell’ideale romantico al piano triviale dell’estetica Hollywoodiana degli anni ‘50.
L’inaugurazione della mostra coincide con l’evento “PORTUENSE201 Open Studios” organizzato da Label201 in occasione di Open House Roma, durante il quale gli studi di Portuense201 aprono le loro porte al pubblico con una serie di eventi e installazioni che coinvolgono video, arte e architettura.
Per il primo capitolo di questo progetto La distanza è pari a zero e ad infinto, sviluppato in occasione di Open House Roma 2014, abbiamo ricreato uno spazio domestico, inteso come microcosmo possibile, e accostato cinque opere conservate in collezioni private a quelle di cinque artisti invitati: David Casini / Naoya Takahara, Stefano Canto / Shilpa Gupta, Federica Luzzi / Paolo Canevari, Luca Coclite / Robyn Penn, Delphine Valli / Joe Webb.
La mostra vuole essere un breve percorso ispirato alla visione panteistica di Goethe, per cui l’Universo era un unicum vivente nella cui profondità infinita convivevano, interconnettendosi, le molteplici forme (Gestalt).
Si parte da uno dei più piccoli punti dell’universo, il seme di frutta, che nel lavoro di David Casini (Montevarchi, Arezzo, 1973), sembra assurgere allo status di reperto archeologico, esibito in una teca, impreziosito da basi marmoree e abbellito da colori acrilici che ne accentuano il carattere esotico. All’opera di Casini, fa da contrappunto la delicata scultura di Naoya Takahara (Ehime, Giappone,1954), un piccolo globo di carta, realizzato da un meticoloso sovrapponimento di pagine di libri fino a creare una struttura simile a un frutto della conoscenza, in cui minuscoli animali lasciano la loro traccia.
Intorno a questi micro-mondi si dispiegano opere che affrontano in chiave contemporanea temi cari al pensiero romantico. Da una parte, la coppia Stefano Canto (Roma, 1972) e Shilpa Gupta (Bombay, 1976) gioca sul senso di minaccia e paura nel futuro. In “Plastico” Canto recupera una vecchia cartolina che rappresenta il modellino architettonico delle Twin Towers e ne produce una gigantografia, che si fa effige del fallimento di un’utopia architettonica e monumento all’imprevedibilità degli eventi. Mentre le quattro saponette di Gupta, che erano parte dell’installazione presentata nella Galleria Yvon Lambert di Parigi nel 2009, rimandano all’inconsistenza del sentimento della minaccia (THREAT) che paralizza l’individuo pur essendo basata sul nulla e pronta a sciogliersi come sapone.
Il fascino per l’oscurità e la bellezza avvolta dal velo della notte, topos della letteratura romantica, si ritrova in “Black Shell”, scultura di lino intrecciato in tecnica macramé di Federica Luzzi (Roma, 1970) che tesse leggere strutture a conchiglia partendo da un punto di vuoto definito nello spazio; cosi come nella rosa che Paolo Canevari (Roma, 1963) realizza con un materiale spiazzante come la gomma nera dei pneumatici.
Dall’altra parte, troviamo invece lavori che rivisitano l’idea di contemplazione della natura e di anelito all’infinito. L’olio su tela di Robyn Penn (Pretoria, 1973) “Pause. (Homage to Friedrich)” è un lavoro che interroga la nozione di autenticità dell’opera, attraverso il recupero di forme e immagini antiche ormai appartenenti all’immaginario collettivo. La Penn si appropria, con il desiderio di rendergli omaggio, di una delle icone dell’estetica romantica spingendo a riflettere su una ri-attualizzazione di quel senso del sublime misto a dubbio che stringe l’uomo di fronte alla potenza della natura. Luca Coclite (Cagliano del Capo, Lecce, 1981) invece, attraverso la sua video-animazione, "Final Tourist Info for Provisional Mountais", accompagna l’osservatore in un viaggio aereo su nature utopiche ricostruite in base ad immagini recuperate da un vecchio almanacco geografico dell'ex Jugoslavia e trattate con filtri che ne estrapolano delle sequenze per sovrapporle ad altre porzioni di panorama fino ad arrivare a una completa destrutturazione del paesaggio.
Il percorso si chiude con l’installazione di oli su carta di Delphine Valli (Champigny-sur-Marne, Francia, 1972), un tentativo di circoscrivere il cielo sopra di noi tracciando ipotetici perimetri finiti per uno spazio infinito e un collage di Joe Webb (Londra, 1976), che ironizzando sul crollo delle grandi utopie del secolo scorso, attraverso la parodia dei linguaggi della pop art, riporta la nobile tensione all’infinito tipica dell’ideale romantico al piano triviale dell’estetica Hollywoodiana degli anni ‘50.
L’inaugurazione della mostra coincide con l’evento “PORTUENSE201 Open Studios” organizzato da Label201 in occasione di Open House Roma, durante il quale gli studi di Portuense201 aprono le loro porte al pubblico con una serie di eventi e installazioni che coinvolgono video, arte e architettura.
10
maggio 2014
Affinità Elettive. La distanza è pari a zero e ad infinto
Dal 10 al 16 maggio 2014
arte contemporanea
Location
LABEL201
Roma, Via Portuense, 201, (Roma)
Roma, Via Portuense, 201, (Roma)
Orario di apertura
16,30 - 19,30 o su appuntamento
Vernissage
10 Maggio 2014, ore 19
Autore
Curatore