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Agostino Bonalumi / Sidival Fila – Dittico sull’orlo dell’infinito
La mostra è dedicata all’accostamento tra l’opera di Agostino Bonalumi (Vimercate, Milano, 1935) , uno dei maggiori artisti italiani viventi, e quella di Sidival Fila
Comunicato stampa
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“Io buco, passa l'infinito di lì, passa la luce…”, scriveva Lucio Fontana all’inizio degli anni ’50. Infatti Fontana ha mutato il nostro rapporto con lo spazio. Ha “sfondato” il muro dell'arte, creando, coi suoi “tagli” e i suoi “buchi” un varco reale nella materia, e dilatandolo fino ad arrivare allo spazio-ambiente, in cui lo spettatore entra fisicamente. I mezzi espressivi - fra i quali è da includere dunque anche lo spazio stesso - non servono più a produrre l'opera, ma sono l'opera. Le conseguenze di questo modello concettuale-operativo sono enormi: non solo esso permette di superare la barriera naturalistico-rappresentativa dell'arte, ma anche quella emotivo-esistenziale, particolarmente cara agli Informali. Sia nel lavoro di un maestro storico qual è ormai Agostino Bonalumi, sia in quello del più giovane Sidival Fila troviamo sviluppi affascinanti – nelle loro affinità e nelle loro differenze - di questa nuova dimensione dell’arte.
Bonalumi ha saputo sviluppare con straordinaria originalità - già tra la fine degli anni ’50 e l’inizio degli anni ’60 - una ricerca spaziale che parte dalle premesse fontaniane. Ma per Bonalumi non si tratta tanto di uno spazio da raggiungere al di là della tela, quanto di uno spazio in movimento verso l'osservatore, uno spazio inarcato e teso, concreta forma organica o geometrica.
Personalità d'artista complessa e completa, Bonalumi è sempre stato legato a una concezione forte dell’arte, come esperienza insieme concettuale, visiva e tattile, che si colloca fra pittura e scultura, ma sfugge a entrambe. Dagli esordi, nella seconda metà degli anni ’50, alla sala personale alla Biennale di Venezia del 1970, al Premio del Presidente della Repubblica Italiana nel 2001, alla personale presso la Fondazione Guggenheim di Venezia nel 2002, e sino ad oggi, Bonalumi ha coltivato un’originale sintesi fra rigore razionale e immaginazione. La sua esperienza è ascrivibile a quella della cosiddetta “Pittura Oggettuale” (definizione coniata da Gillo Dorfles) nata nei primissimi anni ’60 e rappresentata, oltre che da Bonalumi, soprattutto da Enrico Castellani e da Paolo Scheggi, oltre che da certa produzione di Piero Manzoni e dello stesso Lucio Fontana. Bonalumi sperimenta sin dal ’59-’60 l’uso delle estroflessioni: rigonfiamenti e avvallamenti della tela ottenuti grazie a particolari strutture retrostanti. Una dilatazione-contrazione dello spazio che ci ricorda quella dello spazio barocco di Borromini. Anche in Bonalumi è presente un forte rigore compositivo, ma sempre unito alla presenza di una corporeità di tipo “organico”, che gioca anche su altre componenti essenziali: l’imprevedibilità e l’ambiguità. Tutto ciò persiste anche quando alla predominanza della linea curva si sostituisce, negli anni ’70, quella della linea retta. A partire dagli anni ‘80 si delinea una nuova complementarità di linea curva e linea retta, di estroflessione e pittura, attraverso il continuo passaggio dallo spazio tridimensionale a quello illusorio del dipingere: l'artista viene riaffermando la molteplicità dei piani, sempre più evidente nelle opere recenti. Nella fase iniziata dopo il 2000 - che questa mostra soprattutto analizza - assistiamo a un nuovo ritorno della linea retta a un ruolo principe, ma secondo una configurazione inedita, che si manifesta all’interno di una sempre maggiore organizzazione geometrica nella concezione strutturale dello spazio.
Quella di Bonalumi è un'arte che, pur nel suo rigore, non rassicura affatto, proprio per la sua ricerca quasi ossessiva intorno alla natura dello spazio, che inquieta e induce a percepire la tensione di un’emotività trattenuta ed ermetica, ma di cui si avverte la presenza intensa e costante. Lo spazio “corporeo”, la luce, la splendente monocromia (in bianco, in nero, in blu, in rosso…) di cui si nutre quest’arte, legittimano un procedimento che si estende in un tempo infinito, con infinite scelte di modulazioni.
Con la corporeità dello spazio e con la sua tensione verso l’infinito si confronta continuamente anche l’arte di Sidival Fila, che si autodefinisce “pittore informale”, e dell’arte informale conserva in effetti un amore profondo per l’intensità fisica della materia, al quale però unisce un’altrettanto profonda essenza strutturale, concettuale e spirituale . “Nessun taglio, stile Fontana – afferma l’artista – anche se lui è stato tra i miei ispiratori, con Burri e Manzoni. Le mie sono piuttosto introflessioni”. Infatti le pieghe sulle tele antiche e a grossa trama che Fra Sidival usa per realizzare le sue opere sono tra i suoi strumenti espressivi privilegiati. Gilles Deleuze, rileggendo Leibniz in un suo bellissimo libro (La piega. Leibniz e il barocco, tr.it. Einaudi, Torino 1990), ripercorre la sua “teoria del continuo”: ciò che non si frammenta in parti, ma si avvolge in un’infinità di pieghe. Questa materia-piega, che si curva infinitamente, e che ritroviamo nel lavoro di Sidival Fila, è la materia-tempo, ed è la materia-vita, per la sua struttura organica, quasi “muscolare”. Anche se si tratta di arte “astratta”, e le figure sono assenti, si è accompagnati dalla sensazione di una corporeità traslata: non visibile in figura, ma sensibile nel tattilismo, nella serpeggiante tensione tra sostanza materica e struttura volumetrica. E’ identità materia-percezione-pensiero, in una perenne circolazione di energia che lo sviluppo spaziale del colore, nelle sue infinite variazioni, rappresenta. L’intensità metamorfica del colore è rafforzata da fitte trame di fili che vanno a “ricucire” le pieghe, come se si trattasse di ferite originarie da sanare. Ferite, però, sottratte ad ogni lacerazione “espressionistica”, ed elevate a un’inattaccabile dimensione simbolica, anche grazie a una totalizzante esperienza spirituale e religiosa. Un dimensione in cui la concezione della materia come corpo e come carne non può prescindere dall’Incarnazione di Cristo come fondamento di tutta la storia dell’arte occidentale.
Intenso ed enigmatico, il lavoro di Fra Sidival sul rapporto corpo-materia-colore-spazio ci avvolge nel fascino della sua ambiguità tra pittura e scultura, tra superfici pittoriche che si moltiplicano e si dilatano all'infinito. L'artista ci invita a partecipare a un gioco ai confini tra il visibile e l'invisibile, l'evidenza e il segreto, trovando saldo fondamento in uno spazio "assoluto", archetipico, ma contemporaneamente organico, legato alla terra e alle radici che in essa proliferano. Sensibile e malleabile, la tela è corpo vivo e vibrante, aperto alla realtà esistenziale e quotidiana, in cui si raccolgono e si confrontano le più delicate o violente sensazioni di luce-colore: la tela dà letteralmente “corpo” al colore, un corpo che si dilata e si contrae, a seconda del rarefarsi o del concentrarsi del colore stesso.
Sia in Bonalumi che in Fila, quindi, sia pure in tonalità differenti, ci parla uno spazio che proprio attraverso i suoi limiti fisici e corporei si confronta continuamente con l’infinito. A questo proposito, può riaffacciarsi alla memoria una pagina di Kierkegaard sul Don Giovanni di Mozart ( a cui si ispira il titolo di questa mostra): quella musica - scriveva Kierkegaard - ci invita a inseguire l’infinito, ci porta sull’“orlo dell’infinito”, quasi a toccarlo; ma proprio quando siamo sul punto di afferrarlo, ce lo sottrae inesorabilmente. In qualche modo, l’opera di Sidival Fila, come quella di Agostino Bonalumi, è una metafora dell’attrazione irresistibile, della tensione assoluta verso quell’assoluto che infinitamente si sottrae....
NOTE BIOGRAFICHE
Agostino Bonalumi (Vimercate, Milano, 1935)
Agostino Bonalumi nasce a Vimercate (Milano) nel 1935. Talento precocissimo, nel 1948 partecipa fuori concorso con una sala personale al Premio Nazionale Città di Vimercate. Già nel ’51 partecipa a una mostra di portata nazionale : quella legata al Premio Magno a Brescia, mentre nel ’56 ha luogo la sua prima mostra personale, presso la Galleria Totti di Milano, in cui espone alcuni disegni a tema paesaggistico. Tra il ’57 e il ’58 frequenta lo studio di Enrico Baj a Milano, dove conosce Piero Manzoni ed Enrico Castellani, con i quali espone nel 1958 in una collettiva a Milano presso la galleria Pater. L’anno successivo, in occasione di una mostra a Roma, presso la Galleria Appia Antica, Bonalumi e Manzoni sono sollecitati da Emilio Villa a collaborare fattivamente alla redazione di "Appia", una rivista orientata verso le nuove ricerche. A questo invito non verrà dato seguito, ma materiali raccolti e idee verranno utilizzati per fondare insieme a Castellani la rivista "Pragma" che solo in seguito sarà chiamata "Azimuth". Insieme a Castellani e Manzoni, e con il sostegno di personaggi come Lucio Fontana e Gillo Dorfles, Bonalumi diventa animatore della scena culturale e artistica milanese. Al 1959-60 risalgono le prime “estroflessioni”, che segnano l’inizio della maturità dell’artista. Negli anni ’60 e ‘70, Bonalumi è fra i principali esponenti di una concezione “forte” dell’arte, come esperienza tattile fra pittura e scultura - dialogante con contemporanee esperienze americane : le shaped canvas - in cui la superficie della tela viene modellata grazie a un gioco di supporti lignei. I rilievi che si producono su campi monocromatici (bianco, blu, rosso, nero, grigio) determinano strutture percettive di segno astratto. A questa sintesi fra rigore razionale e potente impatto sensoriale, Bonalumi è rimasto sempre fedele Nel 2001 gli è stato conferito il Premio Presidente della Repubblica, e in quest’occasione l’Accademia Nazionale di S. Luca gli ha dedicato una mostra retrospettiva nella sede di Palazzo Carpegna a Roma. E’stato invitato speciale alla mostra “Temi e Variazioni” alla Fondazione Peggy Guggenheim di Venezia, dove ha realizzato “Opera Ambiente - Spazio trattenuto Spazio invaso” (luglio 2002) . Tra il 2003 e il 2004 l’Institut Matildenhöhe di Darmstadt gli ha dedicato una grande antologica.
Attualmente vive e lavora a Desio (Milano).
Sidival Fila (Stato di Paranà, Brasile, 1962)
Già da adolescente manifesta il suo interesse per le arti plastiche, soprattutto per la pittura. Nonostante ami la tradizione medievale trecentesca, rinascimentale, barocca, si sente personalmente attratto verso i moderni: dall’impressionismo al cubismo. Questa fase dura molti anni e vede la produzione di diverse opere influenzate da questi stili.
Sidival si trasferisce in Italia nel 1985, per approfondire lo studio della pittura e della scultura. Dopo circa cinque anni dal suo arrivo, sente la vocazione alla vita religiosa lascia tutti i suoi progetti personali, entrando a far parte dell’Ordine dei Frati Minori di San Francesco d’Assisi. Per quasi diciotto anni non si dedicherà più all’arte.
Nel 1999 è ordinato sacerdote a Roma, dove esercita il suo ministero al Policlinico Agostino Gemelli, al carcere di Rebibbia come volontario, in seguito nel convento di Vitorchiano e in quello di Frascati.
Gradualmente, attraverso piccoli lavori di restauro, si riavvicina al mondo dell’arte. Nel 2006 ricomincia a dipingere, maturando un proprio stile personale sotto l’influsso dell’“Action Painting”, dell’arte Informale europea e dello Spazialismo. Sempre nel 2006 realizza una prima mostra personale nel convento di S. Bonaventura di Frascati.
Nel 2010 partecipa alla mostra Trasparenze: l'Arte per le Energie Rinnovabili, presso il Macro Testaccio di Roma ( in seguito approdata a Napoli presso il Madre, Museo d’Arte Donna Regina), dedicata allo sviluppo sostenibile e all'impegno per riscattare il pianeta dal degrado ambientale. La rassegna ha visto esposte opere di circa 40 protagonisti della scena contemporanea come Robert Rauschenberg, Yoko Ono, Tony Cragg, Mario Ceroli, Michelangelo Pistoletto, Luigi Ontani, Olafur Eliasson, Mimmo Paladino, Sandro Chia.
Le opere si Sidival Fila fanno parte di importanti collezioni private in Francia, nel Principato di Monaco, in Svizzera e in Brasile. Di recente ha esposto alla Galerie Helene Pastor al Centre Gildo pastor, Montecarlo , e una sua opera fa parte della Fondazione Puglisi Cosentino di Catania, mentre un'altra è entrata a far parte della Collezione di Arte Contemporane dei Musei Vaticani.
Fra Sidival continua la sua produzione in vista delle prossime mostre. La sua galleria di riferimento è la Ulisse Gallery di Roma.
Attualmente vive e lavora a Roma, presso il concento di Via San Bonaventura, al Palatino.
Bonalumi ha saputo sviluppare con straordinaria originalità - già tra la fine degli anni ’50 e l’inizio degli anni ’60 - una ricerca spaziale che parte dalle premesse fontaniane. Ma per Bonalumi non si tratta tanto di uno spazio da raggiungere al di là della tela, quanto di uno spazio in movimento verso l'osservatore, uno spazio inarcato e teso, concreta forma organica o geometrica.
Personalità d'artista complessa e completa, Bonalumi è sempre stato legato a una concezione forte dell’arte, come esperienza insieme concettuale, visiva e tattile, che si colloca fra pittura e scultura, ma sfugge a entrambe. Dagli esordi, nella seconda metà degli anni ’50, alla sala personale alla Biennale di Venezia del 1970, al Premio del Presidente della Repubblica Italiana nel 2001, alla personale presso la Fondazione Guggenheim di Venezia nel 2002, e sino ad oggi, Bonalumi ha coltivato un’originale sintesi fra rigore razionale e immaginazione. La sua esperienza è ascrivibile a quella della cosiddetta “Pittura Oggettuale” (definizione coniata da Gillo Dorfles) nata nei primissimi anni ’60 e rappresentata, oltre che da Bonalumi, soprattutto da Enrico Castellani e da Paolo Scheggi, oltre che da certa produzione di Piero Manzoni e dello stesso Lucio Fontana. Bonalumi sperimenta sin dal ’59-’60 l’uso delle estroflessioni: rigonfiamenti e avvallamenti della tela ottenuti grazie a particolari strutture retrostanti. Una dilatazione-contrazione dello spazio che ci ricorda quella dello spazio barocco di Borromini. Anche in Bonalumi è presente un forte rigore compositivo, ma sempre unito alla presenza di una corporeità di tipo “organico”, che gioca anche su altre componenti essenziali: l’imprevedibilità e l’ambiguità. Tutto ciò persiste anche quando alla predominanza della linea curva si sostituisce, negli anni ’70, quella della linea retta. A partire dagli anni ‘80 si delinea una nuova complementarità di linea curva e linea retta, di estroflessione e pittura, attraverso il continuo passaggio dallo spazio tridimensionale a quello illusorio del dipingere: l'artista viene riaffermando la molteplicità dei piani, sempre più evidente nelle opere recenti. Nella fase iniziata dopo il 2000 - che questa mostra soprattutto analizza - assistiamo a un nuovo ritorno della linea retta a un ruolo principe, ma secondo una configurazione inedita, che si manifesta all’interno di una sempre maggiore organizzazione geometrica nella concezione strutturale dello spazio.
Quella di Bonalumi è un'arte che, pur nel suo rigore, non rassicura affatto, proprio per la sua ricerca quasi ossessiva intorno alla natura dello spazio, che inquieta e induce a percepire la tensione di un’emotività trattenuta ed ermetica, ma di cui si avverte la presenza intensa e costante. Lo spazio “corporeo”, la luce, la splendente monocromia (in bianco, in nero, in blu, in rosso…) di cui si nutre quest’arte, legittimano un procedimento che si estende in un tempo infinito, con infinite scelte di modulazioni.
Con la corporeità dello spazio e con la sua tensione verso l’infinito si confronta continuamente anche l’arte di Sidival Fila, che si autodefinisce “pittore informale”, e dell’arte informale conserva in effetti un amore profondo per l’intensità fisica della materia, al quale però unisce un’altrettanto profonda essenza strutturale, concettuale e spirituale . “Nessun taglio, stile Fontana – afferma l’artista – anche se lui è stato tra i miei ispiratori, con Burri e Manzoni. Le mie sono piuttosto introflessioni”. Infatti le pieghe sulle tele antiche e a grossa trama che Fra Sidival usa per realizzare le sue opere sono tra i suoi strumenti espressivi privilegiati. Gilles Deleuze, rileggendo Leibniz in un suo bellissimo libro (La piega. Leibniz e il barocco, tr.it. Einaudi, Torino 1990), ripercorre la sua “teoria del continuo”: ciò che non si frammenta in parti, ma si avvolge in un’infinità di pieghe. Questa materia-piega, che si curva infinitamente, e che ritroviamo nel lavoro di Sidival Fila, è la materia-tempo, ed è la materia-vita, per la sua struttura organica, quasi “muscolare”. Anche se si tratta di arte “astratta”, e le figure sono assenti, si è accompagnati dalla sensazione di una corporeità traslata: non visibile in figura, ma sensibile nel tattilismo, nella serpeggiante tensione tra sostanza materica e struttura volumetrica. E’ identità materia-percezione-pensiero, in una perenne circolazione di energia che lo sviluppo spaziale del colore, nelle sue infinite variazioni, rappresenta. L’intensità metamorfica del colore è rafforzata da fitte trame di fili che vanno a “ricucire” le pieghe, come se si trattasse di ferite originarie da sanare. Ferite, però, sottratte ad ogni lacerazione “espressionistica”, ed elevate a un’inattaccabile dimensione simbolica, anche grazie a una totalizzante esperienza spirituale e religiosa. Un dimensione in cui la concezione della materia come corpo e come carne non può prescindere dall’Incarnazione di Cristo come fondamento di tutta la storia dell’arte occidentale.
Intenso ed enigmatico, il lavoro di Fra Sidival sul rapporto corpo-materia-colore-spazio ci avvolge nel fascino della sua ambiguità tra pittura e scultura, tra superfici pittoriche che si moltiplicano e si dilatano all'infinito. L'artista ci invita a partecipare a un gioco ai confini tra il visibile e l'invisibile, l'evidenza e il segreto, trovando saldo fondamento in uno spazio "assoluto", archetipico, ma contemporaneamente organico, legato alla terra e alle radici che in essa proliferano. Sensibile e malleabile, la tela è corpo vivo e vibrante, aperto alla realtà esistenziale e quotidiana, in cui si raccolgono e si confrontano le più delicate o violente sensazioni di luce-colore: la tela dà letteralmente “corpo” al colore, un corpo che si dilata e si contrae, a seconda del rarefarsi o del concentrarsi del colore stesso.
Sia in Bonalumi che in Fila, quindi, sia pure in tonalità differenti, ci parla uno spazio che proprio attraverso i suoi limiti fisici e corporei si confronta continuamente con l’infinito. A questo proposito, può riaffacciarsi alla memoria una pagina di Kierkegaard sul Don Giovanni di Mozart ( a cui si ispira il titolo di questa mostra): quella musica - scriveva Kierkegaard - ci invita a inseguire l’infinito, ci porta sull’“orlo dell’infinito”, quasi a toccarlo; ma proprio quando siamo sul punto di afferrarlo, ce lo sottrae inesorabilmente. In qualche modo, l’opera di Sidival Fila, come quella di Agostino Bonalumi, è una metafora dell’attrazione irresistibile, della tensione assoluta verso quell’assoluto che infinitamente si sottrae....
NOTE BIOGRAFICHE
Agostino Bonalumi (Vimercate, Milano, 1935)
Agostino Bonalumi nasce a Vimercate (Milano) nel 1935. Talento precocissimo, nel 1948 partecipa fuori concorso con una sala personale al Premio Nazionale Città di Vimercate. Già nel ’51 partecipa a una mostra di portata nazionale : quella legata al Premio Magno a Brescia, mentre nel ’56 ha luogo la sua prima mostra personale, presso la Galleria Totti di Milano, in cui espone alcuni disegni a tema paesaggistico. Tra il ’57 e il ’58 frequenta lo studio di Enrico Baj a Milano, dove conosce Piero Manzoni ed Enrico Castellani, con i quali espone nel 1958 in una collettiva a Milano presso la galleria Pater. L’anno successivo, in occasione di una mostra a Roma, presso la Galleria Appia Antica, Bonalumi e Manzoni sono sollecitati da Emilio Villa a collaborare fattivamente alla redazione di "Appia", una rivista orientata verso le nuove ricerche. A questo invito non verrà dato seguito, ma materiali raccolti e idee verranno utilizzati per fondare insieme a Castellani la rivista "Pragma" che solo in seguito sarà chiamata "Azimuth". Insieme a Castellani e Manzoni, e con il sostegno di personaggi come Lucio Fontana e Gillo Dorfles, Bonalumi diventa animatore della scena culturale e artistica milanese. Al 1959-60 risalgono le prime “estroflessioni”, che segnano l’inizio della maturità dell’artista. Negli anni ’60 e ‘70, Bonalumi è fra i principali esponenti di una concezione “forte” dell’arte, come esperienza tattile fra pittura e scultura - dialogante con contemporanee esperienze americane : le shaped canvas - in cui la superficie della tela viene modellata grazie a un gioco di supporti lignei. I rilievi che si producono su campi monocromatici (bianco, blu, rosso, nero, grigio) determinano strutture percettive di segno astratto. A questa sintesi fra rigore razionale e potente impatto sensoriale, Bonalumi è rimasto sempre fedele Nel 2001 gli è stato conferito il Premio Presidente della Repubblica, e in quest’occasione l’Accademia Nazionale di S. Luca gli ha dedicato una mostra retrospettiva nella sede di Palazzo Carpegna a Roma. E’stato invitato speciale alla mostra “Temi e Variazioni” alla Fondazione Peggy Guggenheim di Venezia, dove ha realizzato “Opera Ambiente - Spazio trattenuto Spazio invaso” (luglio 2002) . Tra il 2003 e il 2004 l’Institut Matildenhöhe di Darmstadt gli ha dedicato una grande antologica.
Attualmente vive e lavora a Desio (Milano).
Sidival Fila (Stato di Paranà, Brasile, 1962)
Già da adolescente manifesta il suo interesse per le arti plastiche, soprattutto per la pittura. Nonostante ami la tradizione medievale trecentesca, rinascimentale, barocca, si sente personalmente attratto verso i moderni: dall’impressionismo al cubismo. Questa fase dura molti anni e vede la produzione di diverse opere influenzate da questi stili.
Sidival si trasferisce in Italia nel 1985, per approfondire lo studio della pittura e della scultura. Dopo circa cinque anni dal suo arrivo, sente la vocazione alla vita religiosa lascia tutti i suoi progetti personali, entrando a far parte dell’Ordine dei Frati Minori di San Francesco d’Assisi. Per quasi diciotto anni non si dedicherà più all’arte.
Nel 1999 è ordinato sacerdote a Roma, dove esercita il suo ministero al Policlinico Agostino Gemelli, al carcere di Rebibbia come volontario, in seguito nel convento di Vitorchiano e in quello di Frascati.
Gradualmente, attraverso piccoli lavori di restauro, si riavvicina al mondo dell’arte. Nel 2006 ricomincia a dipingere, maturando un proprio stile personale sotto l’influsso dell’“Action Painting”, dell’arte Informale europea e dello Spazialismo. Sempre nel 2006 realizza una prima mostra personale nel convento di S. Bonaventura di Frascati.
Nel 2010 partecipa alla mostra Trasparenze: l'Arte per le Energie Rinnovabili, presso il Macro Testaccio di Roma ( in seguito approdata a Napoli presso il Madre, Museo d’Arte Donna Regina), dedicata allo sviluppo sostenibile e all'impegno per riscattare il pianeta dal degrado ambientale. La rassegna ha visto esposte opere di circa 40 protagonisti della scena contemporanea come Robert Rauschenberg, Yoko Ono, Tony Cragg, Mario Ceroli, Michelangelo Pistoletto, Luigi Ontani, Olafur Eliasson, Mimmo Paladino, Sandro Chia.
Le opere si Sidival Fila fanno parte di importanti collezioni private in Francia, nel Principato di Monaco, in Svizzera e in Brasile. Di recente ha esposto alla Galerie Helene Pastor al Centre Gildo pastor, Montecarlo , e una sua opera fa parte della Fondazione Puglisi Cosentino di Catania, mentre un'altra è entrata a far parte della Collezione di Arte Contemporane dei Musei Vaticani.
Fra Sidival continua la sua produzione in vista delle prossime mostre. La sua galleria di riferimento è la Ulisse Gallery di Roma.
Attualmente vive e lavora a Roma, presso il concento di Via San Bonaventura, al Palatino.
27
ottobre 2011
Agostino Bonalumi / Sidival Fila – Dittico sull’orlo dell’infinito
Dal 27 ottobre 2011 all'otto gennaio 2012
arte contemporanea
Location
ULISSE GALLERY
Roma, Via Dei Due Macelli, 82, (Roma)
Roma, Via Dei Due Macelli, 82, (Roma)
Orario di apertura
LUN-VEN 10.00-13.30 e 15.30-20.00; SAB 15.30-19.30
Vernissage
27 Ottobre 2011, ore 18.00
Autore
Curatore