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Al di là del bene e del cane. Preludio ad una filosofia della speranza
Mostra d’Estate fuori sede
Comunicato stampa
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Al di là del bene e del cane.
Preludio ad una filosofia della speranza
di Viviana Siviero
Ciò che vien fatto per amore, accade sempre al di là del bene e del male
Al di là de bene e del male vi è un pensiero giudicante che non è da considerare in relazione al vero o al falso assoluto, ma come acceleratore nella conservazione della vita; al di là del bene e del male vi è la giustizia, ma soprattutto l’ingiustizia ignorante, ove sempre abita la natura con i propri figli, prole a cui l’uomo sempre più spesso dimentica di appartenere. Al di là del bene e del male vi è l’erba popolata di creaturine microscopiche che l’uomo detesta (anche se regolano molti cicli vitali), vi sono i piccioni, con i loro escrementi inaspettati (comunque molto diversi dai rifiuti tossici dell’uomo), esiste una “natura artificiale” fatta di fili d’erba eretti che si chiede agli animali di “rispettare” impedendone il calpestio (che non sarà mai come una prepotente colata di cemento che uccide la terra, ma che è giustificata dalle necessità d’uso e di portafogli dell’uomo). Al di là del bene e del cane, ci sono molte “cose”: la gazzella, il leone, il gatto, il cane, che una selvaticità che l’uomo ha plasmato tanto da considerarla come un “oggetto” privo di volontà, che deve necessariamente rispondere a rigidissime caratteristiche anche quando l’impulso di partenza (che proviene dall’uomo) è totalmente inadeguato! Al di là del bene e del cane c’è l’animale che noi siamo stati e che abbiamo perduto in favore del progresso, non negativo in senso assoluto, ma per applicazione egoistica e cieca.
Al principio delle cose, quando tutto era feroce e pericoloso, quando il gioco si svolgeva con le sole armi messe a disposizione dalla natura, la convivenza era logica: carnivori/erbivori cioè predatori/prede: abili e forti i primi, veloci o astuti e comunque in sovrannumero i secondi. Anche la natura stessa era un’antagonista e per avere la meglio su di lei era necessario non solamente essere robusti o astuti, ma modificare, nel corso delle generazioni, la struttura fisica della propria razza, piano piano. Fra gli optional in dotazione all’uomo,era purtroppo prevista un’intelligenza che lo ha portato a sentirsi “al di sopra”, per viua di un letale narcisismo che lo ha scaraventato “al di là” dei confini del senso comune. Così, a volte, è necessario uno tsunami, un’eruzione vulcanica o un terremoto per ricordare all’uomo la posizione che gli spetta nel mondo,proprio a causa di quel talento evoluzionistico doppia-lama.
Prima di vedere l’attuazione di tali strumenti estremi e “cataclismatici”, vi è un metodo più semplice ed indolore, che si può attivare per mezzo dello stesso principio di intelligenza umana, veicolato in maniera differente rispetto alle logiche imperanti dell’economia: si tratta dell’educazione rispettosa, che prevede che la logica debordante dell’uomo si auto-circoscriva al “proprio” spazio, senza invadere l’altro da sé, rispettandone caratteristiche ed impulsi.
A tale scopo l’Arte, metodo espressivo privilegiato, può essere un primo strumento preventivo di salvaguardia globale, che si attiva in funzione di conoscenza e consapevolezza, grazie alle sue capacità di porre in evidenza il circostante, attraverso pratiche sferzanti come lame o delicate come il volo di una colomba. Ciò che è giusto, bello e sano, spesso, non produce ricchezza monetaria: allora a chi importa? Perché metterlo in atto? Chi si mette al timone di una simile imbarcazione è solo un romantico visionario, un idealista impenitente quindi inutile! Per giunta sciocco date che la sua logica non prevede assoggettamento ed arrichhimento…
Per questo possiamo ripartire dall’Arte, che da tempo, anche se non propriamente con regolarità, combatte in favore di questa guerra, spingendo il prossimo a riflettere sui grandi temi della vita, veicolando i pensieri ed in conseguenza i giudizi fino all’azione stessa, proprio a partire dalle sue intenzioni: un gruppo eterogeneo di artisti sono sbarcati così su quella terra polemica, che vive al di là del bene e del cane; senza scivolare in un discorso retorico si sono semplicemente messi a disposizione, infischiandosene del tema figurativo, ma raccogliendosi con le loro variegate diversità attorno ad una riflessione che ragiona più come atto che come ensemble iconografico.
Zelimir Baric, Giorgia Beltrami, Felipe Cardena, Massimo Corona, Gianni Cuomo, Leo Ferdinando Demetz, Jernej Forbici, Luca Gastaldo, Nicola Genovese, Daniele Giunta, Rivkha Hetherington, Mihailo Beli Karanovic, Kinki Texas, Paolo Lombardi, Jens Lorenzen, Mikos Meininger, Valentino Menghi, Mario Garcia Sasia, Francesco Orrù, Giacomo Sampieri; una rosa variegata di artisti che hanno “donato” la propria poetica in un atto organizzato, hanno prestato i loro lavori accostandosi non per tema, per sottolineare le conseguenze della convivenza di diversità. Un gruppo fra le “più integre delle bestie”, riunito per superare la banalità del contemporaneo asettico e regredire ad un primigenio capace di infliggere un cambio direzionale all’evoluzione, affinchè il mondo si preservi dai danni dell’intelligenza dell’uomo per ricominciare a cooperare con quelle difficoltà che ne costituiscono le fondamenta costitutive.
Il problema della convivenza e della preservazione della biodiversità, attuabile solo attraverso il rispetto dell’altro, anche il più repellente, è annoso e necessariamente da risolvere, per prevenire l’autodistruzione della specie umana, resa cieca dal credo in un super-io che in realtà non esiste avulso dal proprio reciproco. Dobbiamo continuare a cacciare, ma anche ad essere cacciati, dobbiamo continuare ad essere temuti, senza dimenticare che è giusto, ma soprattutto naturale, continuare a provare paura, ma bisogna soprattutto accettare di considerare l’individuo in relazione alla moltitudine a cui appartiene, alla sua specie, alle sue logiche comportamentali che è giusto conoscere ma ancor più rispettare. Proprio qui dovrebbe essere applicata l’intelligenza dell’uomo e così la sua preservazione sarebbe meno ignorante (e repressiva)!
Ciò da cui dobbiamo rifuggire è lo spettro delle comodità a tutti i costi, della logica dell’essere per forza asettici e della non sopportazione di una diversità accanto a noi, per raggiungere la consapevolezza che la peggior condizione possibile, per l’animale che siamo, è proprio la cattività, anche se essa è autoindotta o auto-inflitta da logiche correnti ed ipnotiche.
Nietzsche affermava che «ogni elevazione della tipologia umana è stata finora opera di una società aristocratica – e così sarà sempre: di una società, vale a dire, che crede in una lunga progressione scalare dell’ordine gerarchico e in una distinzione di valore fra uomo e uomo e cui in un certo senso è necessaria la schiavitù (…) Certo: quando si parla di una società aristocratica, se si vuole tracciare la storia delle sue origini, bisogna togliersi dalla testa ogni illusione umanitaria: la verità è dura. Diciamolo dunque senza infingimenti, come fino ad oggi è cominciata sulla terra ogni superiore cultura. Uomini con una natura ancora naturale, barbari in ogni senso terribile della parola, uomini da preda e razzia, ancora in possesso di un’intatta forza di volontà e smania di potere, si avventarono sulle razze più deboli, più civili, più pacifiche, forse razze di commercianti,o di pastori ,oppure su culture decrepite e disfatte, in cui l’estrema, propria, forza vitale baluginava in splendidi fuochi artificiali di spirito e di perversione: La casta aristocratica è sempre stata in principio la casta dei barbari: il suo predominio non stava soprattutto nella forza fisica, ma in quella spirituale – erano uomini tutti d’un pezzo, gli uomini più integri (il che significa, ad ogni grado, la stessa cosa che “le bestie più integre”)»
La condanna sottesa al pensiero filosofico - la cui falsariga è stata utilizzata per i doppi sensi nel titolo e nello svolgersi di questo testo - basata sulla mancanza del senso critico di pensatori e filosofi, può essere estesa anche alle categorie che ruotano attorno all’Arte (critici, scribacchini, artisti, collezionisti, galleristi, mercanti) che sembra desiderare oggi di una certa dose di rivoluzionismo. Sembra si sia fatta necessaria la necessità che le suddette categorie vengano “sporcate” di nuovi membri, scelti fra le bestie più integre, perché l’Arte, che è lo specchio visuale e visibile dei tempi, che è espressione dell’interiorità societaria che si fa carne e linea attraverso la pratica dei suoi messaggeri, si definisce sempre per volontà come strumento antiretorico ed anti-perbenista, che se ne infischia della maggioranza e gode nella dissidenza. Da sempre gli artisti, come viene ribadito dalle opere qui esposte, si rivolgono all’ordine naturale delle cose e non temono la sfida con la natura, la lotta svolta con rispetto per la conservazione e l’evoluzione rispettosa delle varie biodiversità, disposti ad accettare come esito estremo, anche un’eventuale estinzione se meritata. L’arte ha un potere immaginifico enorme ed è forse una delle poche reali arti magiche: la sua costituzione gli permette di essere concreta ma, allo stesso tempo, di disporre di possibilità sconfinate di rappresentazione e gli esempi che qui si possono ammirare ne sono prova, per la loro variegatezza di forma, materia, esito e principio, che si riannoda amorevolmente nel fine: l’apertura di uno squarcio su una realtà di convivenza tollerante che suggerisce all’uomo di prendere coraggio e rimboccarsi le maniche, cominciando veramente a considerare le diversità come una ricchezza da custodire e non da temere e condannare. a.d.2009
05
agosto 2009
Al di là del bene e del cane. Preludio ad una filosofia della speranza
Dal 05 al 29 agosto 2009
arte contemporanea
Location
GARIBALDI 7
Bedonia, Via Giuseppe Garibaldi, (Parma)
Bedonia, Via Giuseppe Garibaldi, (Parma)
Vernissage
5 Agosto 2009, ore 17.30
Sito web
www.galleriabiancamariarizzi.com
Autore
Curatore