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Alberto Giacometti
Il progetto espositivo, ampio e articolato, darà conto di Giacometti, assoluto protagonista della scultura contemporanea, ma anche straordinario pittore così come fine disegnatore e incisore di rara sensibilità.
Comunicato stampa
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Il Museo d’Arte della città di Ravenna organizza in collaborazione con la Fondation Maeght di Saint-Paul e la Fondazione Mazzotta di Milano una grande mostra dedicata ad Alberto Giacometti. Il progetto espositivo, ampio e articolato, darà conto di Giacometti, assoluto protagonista della scultura contemporanea, ma anche straordinario pittore così come fine disegnatore e incisore di rara sensibilità. Si tratta della più vasta mostra mai realizzata prima in Italia dedicata all’artista svizzero, grazie ai numerosi prestiti eccellenti, a partire dal nucleo centrale delle opere della Fondation Maeght, dalla Kunsthaus di Zurigo e a numerosi lavori provenienti da collezioni private. Le oltre cento opere scelte dai curatori permettono di ricostruire il percorso di Giacometti attraverso sculture, dipinti, disegni fornendo un completo quadro della complessa personalità espressiva di un artista che come pochi altri ha suscitato l’interesse di filosofi e scrittori quali Jean-Paul Sarte, Simone de Beavouir, Samuel Beckett.
La mostra si apre con un dipinto giovanile –- Portrait de jenune fille, 1921 - testimonianza di una fase di apprendistato nella quale si leggono fin da subito, i tratti geniali del suo lavoro. Gli studi all’accademia a Parigi e l’interesse per l’arte africana si leggono nella sua prima scultura monumentale, la Femme cuillère del 1926, ma la Parigi negli anni Venti lo mette in contatto con la cerchia di intellettuali della città che lo porta a conoscere il gruppo surrealista; inizia a lavorare a stretto contatto con André Breton e Salvador Dalì, partecipa alle riunioni e alle attività del gruppo. Opera fondamentale è L’Objet invisibile di questa fase del suo lavoro. La rottura con il movimento surrealista, avvenuta nel 1934, lo porta a ricominciare da zero, annullando ogni esperienza accademica di formazione, per intraprendere con determinazione una strada del tutto personale. Il ritratto è il campo sul quale si misura il conflitto creativo dell’artista, lo stesso che aveva determinato la rottura con il surrealismo. Una dialettica ossessiva tra realtà e rappresentazione che misura la distanza tra la sua interpretazione e quella degli artisti a lui contemporanei. Giacometti ha quella di avere dedicato ogni istante della propria vita alla ricerca: una ricerca che inizia con l’attenzione verso pietre, alberi, immagini di quando era bambino: gli alberi e le pietre vengono trasformati, attraverso la scultura, in uomini e cose, instaurando un legame con la natura che supera i limiti dello spazio e del tempo (La Forêt, 1950; Etudes de pommes, 1956), affidando proprio all’istinto primo del bambino, tipico, quello del creare attraverso un’azione che richiama incessantemente la distruzione, il motore di tutta la sua arte. In circa un decennio di isolamento artistico, che segue la morte del padre e la rottura con i Surrealisti, Giacometti realizza sculture concentrandosi su un’analisi introspettiva che lascia emergere profonde riflessioni sulla morte unita alla continuità della vita, creando figure che nel corso del lavoro si assottigliano fino quasi a scomparire, aiutato dal disegno che lo indirizza verso le esili forme allungate che si concretizzano nel lavoro del Groupe de trois hommes, 1943-49.
Negli olii, cosi come nei disegni, ai quali attribuisce un’importanza fondamentale, dedicandovisi a più riprese in questi anni, ritrae se stesso, il fratello, la moglie, alimentando un processo di costruzione e distruzione, perseguitato da un’ossessione di inadeguatezza continua nella rappresentazione del reale che lo porta a distruggere un numero impressionante di opere. Il ritratto, assillo di Giacometti, (Diego, 1949– Annette, 1956) si traduce in un groviglio di linee curve, cerchi, virgole in cui il contorno del corpo spesso si perde.
E’ negli anni dopo il 1950 che si realizza il periodo più fecondo, in cui le figure si alzano ergendosi filiformi e apparentemente immateriali come la serie delle Femme de Venise realizzata per la Biennale del 1956 o l’Homme qui marche I del 1960, dove trovano compimento le angosce ed i tormenti esistenziali così come la ricerca formale ed estetica.
Nella mostra saranno esposte inoltre le litografie del libro Paris sans fin, frutto della collaborazione tra l’artista e l’editore Tériade che, nel 1959, decidono di realizzare un libro su Parigi. Filo conduttore del libro è l’esistenza di Giacometti nella capitale francese; egli sceglie di descrivere i luoghi e le persone a lui più care, componendo una sorta di diario, che, con l’uso della litografia risponde all’esigenza di un “…mezzo per fare in fretta, impossibile tornare sul già fatto, lavorare di gomma, ricominciare tutto di nuovo”, un progetto che, procedendo a fasi alterne, sarà portato a termine solo nel 1969, dopo la sua morte.
Arricchiscono il percorso una cinquantina di suggestivi ritratti fotografici dell’artista scattati da Ernst Scheidegger nel corso della loro lunga amicizia e un’intervista realizzata per la televisione Svizzera nel 1963: Alberto Giacometti > “sono uno scultore mancato”.
La mostra sarà accompagnata da un catalogo delle Edizioni Mazzotta con ampia documentazione iconografica e i contributi critici di Fred Licht, Casimiro Di Crescenzo, Pietro Bellasi, Marco Vallora, Jean-Louis Prat e Claudio Spadoni.
In occasione della mostra, nel mese di dicembre 2004, sarà presentato, presso il Teatro Rasi di Ravenna lo spettacolo “Ritratto Frontale – Un dialogo tra Giacometti e James Lord” un progetto teatrale di Alessandro Fabrizi che prende spunto dal testo del critico d’arte e scrittore grande amico di Giacometti, James Lord, Un ritratto di Giacometti
La mostra si apre con un dipinto giovanile –- Portrait de jenune fille, 1921 - testimonianza di una fase di apprendistato nella quale si leggono fin da subito, i tratti geniali del suo lavoro. Gli studi all’accademia a Parigi e l’interesse per l’arte africana si leggono nella sua prima scultura monumentale, la Femme cuillère del 1926, ma la Parigi negli anni Venti lo mette in contatto con la cerchia di intellettuali della città che lo porta a conoscere il gruppo surrealista; inizia a lavorare a stretto contatto con André Breton e Salvador Dalì, partecipa alle riunioni e alle attività del gruppo. Opera fondamentale è L’Objet invisibile di questa fase del suo lavoro. La rottura con il movimento surrealista, avvenuta nel 1934, lo porta a ricominciare da zero, annullando ogni esperienza accademica di formazione, per intraprendere con determinazione una strada del tutto personale. Il ritratto è il campo sul quale si misura il conflitto creativo dell’artista, lo stesso che aveva determinato la rottura con il surrealismo. Una dialettica ossessiva tra realtà e rappresentazione che misura la distanza tra la sua interpretazione e quella degli artisti a lui contemporanei. Giacometti ha quella di avere dedicato ogni istante della propria vita alla ricerca: una ricerca che inizia con l’attenzione verso pietre, alberi, immagini di quando era bambino: gli alberi e le pietre vengono trasformati, attraverso la scultura, in uomini e cose, instaurando un legame con la natura che supera i limiti dello spazio e del tempo (La Forêt, 1950; Etudes de pommes, 1956), affidando proprio all’istinto primo del bambino, tipico, quello del creare attraverso un’azione che richiama incessantemente la distruzione, il motore di tutta la sua arte. In circa un decennio di isolamento artistico, che segue la morte del padre e la rottura con i Surrealisti, Giacometti realizza sculture concentrandosi su un’analisi introspettiva che lascia emergere profonde riflessioni sulla morte unita alla continuità della vita, creando figure che nel corso del lavoro si assottigliano fino quasi a scomparire, aiutato dal disegno che lo indirizza verso le esili forme allungate che si concretizzano nel lavoro del Groupe de trois hommes, 1943-49.
Negli olii, cosi come nei disegni, ai quali attribuisce un’importanza fondamentale, dedicandovisi a più riprese in questi anni, ritrae se stesso, il fratello, la moglie, alimentando un processo di costruzione e distruzione, perseguitato da un’ossessione di inadeguatezza continua nella rappresentazione del reale che lo porta a distruggere un numero impressionante di opere. Il ritratto, assillo di Giacometti, (Diego, 1949– Annette, 1956) si traduce in un groviglio di linee curve, cerchi, virgole in cui il contorno del corpo spesso si perde.
E’ negli anni dopo il 1950 che si realizza il periodo più fecondo, in cui le figure si alzano ergendosi filiformi e apparentemente immateriali come la serie delle Femme de Venise realizzata per la Biennale del 1956 o l’Homme qui marche I del 1960, dove trovano compimento le angosce ed i tormenti esistenziali così come la ricerca formale ed estetica.
Nella mostra saranno esposte inoltre le litografie del libro Paris sans fin, frutto della collaborazione tra l’artista e l’editore Tériade che, nel 1959, decidono di realizzare un libro su Parigi. Filo conduttore del libro è l’esistenza di Giacometti nella capitale francese; egli sceglie di descrivere i luoghi e le persone a lui più care, componendo una sorta di diario, che, con l’uso della litografia risponde all’esigenza di un “…mezzo per fare in fretta, impossibile tornare sul già fatto, lavorare di gomma, ricominciare tutto di nuovo”, un progetto che, procedendo a fasi alterne, sarà portato a termine solo nel 1969, dopo la sua morte.
Arricchiscono il percorso una cinquantina di suggestivi ritratti fotografici dell’artista scattati da Ernst Scheidegger nel corso della loro lunga amicizia e un’intervista realizzata per la televisione Svizzera nel 1963: Alberto Giacometti > “sono uno scultore mancato”.
La mostra sarà accompagnata da un catalogo delle Edizioni Mazzotta con ampia documentazione iconografica e i contributi critici di Fred Licht, Casimiro Di Crescenzo, Pietro Bellasi, Marco Vallora, Jean-Louis Prat e Claudio Spadoni.
In occasione della mostra, nel mese di dicembre 2004, sarà presentato, presso il Teatro Rasi di Ravenna lo spettacolo “Ritratto Frontale – Un dialogo tra Giacometti e James Lord” un progetto teatrale di Alessandro Fabrizi che prende spunto dal testo del critico d’arte e scrittore grande amico di Giacometti, James Lord, Un ritratto di Giacometti
09
ottobre 2004
Alberto Giacometti
Dal 09 ottobre 2004 al 20 febbraio 2005
arte contemporanea
Location
MAR – MUSEO D’ARTE DELLA CITTA’
Ravenna, Via Di Roma, 13, (Ravenna)
Ravenna, Via Di Roma, 13, (Ravenna)
Biglietti
intero Euro 8, ridotto Euro 6
Orario di apertura
martedì-mercoledì-giovedì 9-13, 14-18 venerdì 9-13, 14-20 (aperitivo 18,30-19,30); sabato e domenica 10-19; lunedì chiuso
Vernissage
9 Ottobre 2004, ore 18
Editore
MAZZOTTA
Autore
Curatore