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Alberto Magnani – Nuova Collezione
I capi d’abbigliamento, sottoposti all’analisi attenta dell’occhio e della pittura dell’artista, sembrano disabitati da ogni presenza umana, svuotati d’ogni traccia dell’individuo che li ha appena dismessi. Appaiono così, nella loro piena visibilità, come membrane lisce, plastiche, siderali
Comunicato stampa
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Macro camicie, macro cravatte, macro giacche, macro impermeabili.
Vestiario maschile sotto il focus di una pittura, appunto, “impermeabile”.
Impermeabile allo sguardo, che scivola di continuo sulle seducenti superfici di colore e luce.
Impermeabile al pensiero, che non riesce ad addentrarle e continua a tornare su se stesso.
Magnani sposta di continuo e abilmente lo sguardo sull’involucro più esterno dell’uomo.
I capi d’abbigliamento, sottoposti all’analisi attenta dell’occhio e della pittura dell’artista, sembrano disabitati da ogni presenza umana, svuotati d’ogni traccia dell’individuo che li ha appena dismessi. Appaiono così, nella loro piena visibilità, come membrane lisce, plastiche, siderali.
Sebbene di stoffe e tessuti si tratti, di quel vestiario che è la nostra stessa seconda pelle, Magnani non costruisce storie, né nel raccordo dei tessuti, nei quali non è visibile il fitto intrecciarsi di trama e ordito, né nel racconto soggettivo dell’individuo che un istante prima indossava, riponeva e abbandonava quegli oggetti stessi.
L’evidente oggettività/oggettualità dell’azione pittorica di Magnani sembra quindi attraversare il ready made (l’oggetto trovato e riproposto come tale), la pittura metafisica (l’oggetto come simbolo ermetico di contenuti che oltrepassano la storia), e la Pop Art (l’oggetto come espressione dell’accattivante potere del colore).
Molto si è detto, è vero, sulla qualità iperrealistica dell’opera di Magnani, sulla sua abilità tecnica di muovere luce e colore, sull’evidente “assenza” dell’uomo nelle sue opere. Ma è anche opportuno sottolineare come Magnani - nel porre elegantemente, e cioè senza arroganza (come è sempre nel suo stile di uomo e di artista), la questione di come si manifesta l’identità - nel contempo sollevi il problema dell’autonomia ontologica sia dell’oggetto sia dell’arte come oggetto. Magnani propone insomma una del tutto personale sintesi di linguaggio e di stile il cui contenuto si rintraccia sì nell’esterno, negli oggetti stessi della nostra più sconfinante esteriorità; ma quelle “cose”, proprio in quanto tali, compongono e fanno emergere in modo potente e diretto l’alfabeto delle nostre relazioni, il nostro modo di metterci in rapporto con gli altri.
L’artista, in questo modo, offre un suo pensiero visivo in risposta al dibattito sull’arte e sui suoi contenuti. Egli pone lo spettatore davanti a delle opere in cui la pura visibilità, la piacevole soddisfazione del vedere, non è mai esaurita e fine a se stessa, ma compie un vero e proprio “circolo ermeneutico” fra l’oggetto e noi.
Ed è in questa continua circolarità che si avvolgono e si sciolgono infinite possibilità di comprensione, e ritorna ad ogni giro l’interrogativo davanti al quale l’artista pone se stesso e i suoi spettatori: che cosa sono l’arte e le sue funzioni?
Attraverso questo interrogativo continuo Magnani colloca l’arte in una personale e condivisibile dimensione di senso, sottolineando come essa sia uno dei luoghi - e forse il luogo - della relazione.
Vittoria Broggini
Alberto Magnani
Nasce ad Arborea (Cagliari) nel 1945, vive e lavora a Varese.
Larga parte del suo lavoro e della sua formazione si sono svolti negli Stati Uniti.
Dal 1980 il suo lavoro è rappresentato da Medici-Berenson Gallery e da Jaffe-Baker Gallery in Florida, da Robert Kidd Gallery in Michigan. Sue opere fanno parte di collezioni private e pubbliche in Italia e negli Stati Uniti.
Vestiario maschile sotto il focus di una pittura, appunto, “impermeabile”.
Impermeabile allo sguardo, che scivola di continuo sulle seducenti superfici di colore e luce.
Impermeabile al pensiero, che non riesce ad addentrarle e continua a tornare su se stesso.
Magnani sposta di continuo e abilmente lo sguardo sull’involucro più esterno dell’uomo.
I capi d’abbigliamento, sottoposti all’analisi attenta dell’occhio e della pittura dell’artista, sembrano disabitati da ogni presenza umana, svuotati d’ogni traccia dell’individuo che li ha appena dismessi. Appaiono così, nella loro piena visibilità, come membrane lisce, plastiche, siderali.
Sebbene di stoffe e tessuti si tratti, di quel vestiario che è la nostra stessa seconda pelle, Magnani non costruisce storie, né nel raccordo dei tessuti, nei quali non è visibile il fitto intrecciarsi di trama e ordito, né nel racconto soggettivo dell’individuo che un istante prima indossava, riponeva e abbandonava quegli oggetti stessi.
L’evidente oggettività/oggettualità dell’azione pittorica di Magnani sembra quindi attraversare il ready made (l’oggetto trovato e riproposto come tale), la pittura metafisica (l’oggetto come simbolo ermetico di contenuti che oltrepassano la storia), e la Pop Art (l’oggetto come espressione dell’accattivante potere del colore).
Molto si è detto, è vero, sulla qualità iperrealistica dell’opera di Magnani, sulla sua abilità tecnica di muovere luce e colore, sull’evidente “assenza” dell’uomo nelle sue opere. Ma è anche opportuno sottolineare come Magnani - nel porre elegantemente, e cioè senza arroganza (come è sempre nel suo stile di uomo e di artista), la questione di come si manifesta l’identità - nel contempo sollevi il problema dell’autonomia ontologica sia dell’oggetto sia dell’arte come oggetto. Magnani propone insomma una del tutto personale sintesi di linguaggio e di stile il cui contenuto si rintraccia sì nell’esterno, negli oggetti stessi della nostra più sconfinante esteriorità; ma quelle “cose”, proprio in quanto tali, compongono e fanno emergere in modo potente e diretto l’alfabeto delle nostre relazioni, il nostro modo di metterci in rapporto con gli altri.
L’artista, in questo modo, offre un suo pensiero visivo in risposta al dibattito sull’arte e sui suoi contenuti. Egli pone lo spettatore davanti a delle opere in cui la pura visibilità, la piacevole soddisfazione del vedere, non è mai esaurita e fine a se stessa, ma compie un vero e proprio “circolo ermeneutico” fra l’oggetto e noi.
Ed è in questa continua circolarità che si avvolgono e si sciolgono infinite possibilità di comprensione, e ritorna ad ogni giro l’interrogativo davanti al quale l’artista pone se stesso e i suoi spettatori: che cosa sono l’arte e le sue funzioni?
Attraverso questo interrogativo continuo Magnani colloca l’arte in una personale e condivisibile dimensione di senso, sottolineando come essa sia uno dei luoghi - e forse il luogo - della relazione.
Vittoria Broggini
Alberto Magnani
Nasce ad Arborea (Cagliari) nel 1945, vive e lavora a Varese.
Larga parte del suo lavoro e della sua formazione si sono svolti negli Stati Uniti.
Dal 1980 il suo lavoro è rappresentato da Medici-Berenson Gallery e da Jaffe-Baker Gallery in Florida, da Robert Kidd Gallery in Michigan. Sue opere fanno parte di collezioni private e pubbliche in Italia e negli Stati Uniti.
16
maggio 2009
Alberto Magnani – Nuova Collezione
Dal 16 maggio al 14 giugno 2009
arte contemporanea
Location
MOROTTI ARTE CONTEMPORANEA
Daverio, Piazza Monte Grappa, 9, (Varese)
Daverio, Piazza Monte Grappa, 9, (Varese)
Orario di apertura
dal martedì al sabato 10-12.30 e 15-19, domenica 15-19
Vernissage
16 Maggio 2009, ore 17
Autore
Curatore