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Alberto Marani – La pittura è più fragrante e leggera con olio di semi di lino
personale di pittura
Comunicato stampa
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Con il Patrocinio di Provincia e Comune di Genova, s’inaugura, nella sede dell’Associazione Culturale Satura (Piazza Stella 5/1), sabato 29 settembre 2007 alle ore 17:00, la mostra personale < La pittura è più fragrante e leggera con olio di semi di lino > di Alberto Marani. A cura di Mario Napoli.
In una società sommersa dalla comunicazione, nella quale il pensiero viene interpretato, elaborato, sintetizzato, insomma mediato, e solo raramente comunicato direttamente da chi lo formula, e le parole si trasmettono, in buona o cattiva fede, come nel gioco che si faceva da ragazzi: passare da orecchio a orecchio velocemente una parola che arrivava all’ultimo giocatore deformata, mi sembra opportuno raccontare personalmente perché dipingo e cosa. Opportuno anche perché le immagini si prestano, per loro natura, a diverse interpretazioni.
Quando penso che il mondo è pieno di quadri che si assomigliano e che per l’eccessivo numero si banalizzano e diventano inutili, che un pittore ha meno potere di un vigile urbano e soldi, in genere, di un impiegato, e che con il suo lavoro incide sull’anima e la mente della gente meno di un vicino di casa e ci si accorge di lui, molto spesso, solamente quando è morto, è naturale chiedersi: perché dipingere?
“Per vincere la propria solitudine e la solitudine degli altri” è la risposta che lo scrittore Edoardo Galeano dà a chi gli chiede perché scriva; “ Per cantare nelle mie catene come il mare” usando le parole del poeta Dylan Thomas; e, almeno per me, perché per dipingere non c’è bisogno di nessuno e per pigrizia perché lo so fare da sempre per dono naturale.
Poi dipingere è abilità manuale, è conoscenza tecnica, è ricercare la bellezza nella forma e nel colore e non trovarla poiché, come tutte le cose legate al nostro giudizio, non potrà mai essere un valore universale; è anche usare sequenze di segni, un linguaggio, quindi avere la possibilità di esprimere concetti, sensazioni, anche se spesso diventa semplice composizione di fonemi per suscitare l’illusione di celare, nell’ermetismo della lingua, il non conosciuto e l’inesprimibile; ma ciò che non conosciamo non ha nome e le parole di una lingua sconosciuta non fanno né male né bene.
Dipingo le contraddizioni in cui annaspiamo, il conflitto tra ragione e sentimento, tra realtà e illusione, le incongruenze delle strategie esistenziali, del filosofare chiedendosi il senso della vita vivendo e lottando per il superfluo: la macchina più potente, i ristoranti più cari, i villaggi vacanze più esclusivi, il massimo, insomma, che la nostra cultura capitalistica dell’andate e moltiplicatevi, sempre più scollata dal mondo con il quale non si è mai sentita in armonia, offra.
Dipingo il dubbio, la consapevolezza che ogni conoscenza si sporge sull’abisso dell’ignoto, che le uniche risposte serie alle nostre domande riguardano il funzionamento delle cose e non il perché esistono.
Dipingo come un viaggiatore non gravato da bagagli ingombranti, ovvero da risposte che spiegano tutto e inevitabilmente annegano nelle contraddizioni e nei dogmi, conscio che lasciare un luogo familiare è, a volte, più importante che arrivare in un luogo sconosciuto.
Poi la conoscenza dell’assoluta verità è la stazione finale di ogni viaggio, è la trappola senza uscita in cui in cui si spegne ogni speranza, è noia.
Per questo penso che nessun Dio se è giusto e buono, ammesso che esista, ci dirà mai la verità, se ci vuol bene.
E contro i dogmi ma anche contro lo scetticismo fine a sé stesso uso l’ironia che non significa prendere in giro, ridicolizzare, distruggere, ma interrogarsi, cercare e mostrare i diversi punti di vista, sorridendo.
Si ringrazia per la collaborazione Fondazione Carige, Fondazione Monte dei Paschi di Siena, Fondazione Conservatorio dei Fieschi, ISC Camogli , Sartorio & Facco Genova.
In una società sommersa dalla comunicazione, nella quale il pensiero viene interpretato, elaborato, sintetizzato, insomma mediato, e solo raramente comunicato direttamente da chi lo formula, e le parole si trasmettono, in buona o cattiva fede, come nel gioco che si faceva da ragazzi: passare da orecchio a orecchio velocemente una parola che arrivava all’ultimo giocatore deformata, mi sembra opportuno raccontare personalmente perché dipingo e cosa. Opportuno anche perché le immagini si prestano, per loro natura, a diverse interpretazioni.
Quando penso che il mondo è pieno di quadri che si assomigliano e che per l’eccessivo numero si banalizzano e diventano inutili, che un pittore ha meno potere di un vigile urbano e soldi, in genere, di un impiegato, e che con il suo lavoro incide sull’anima e la mente della gente meno di un vicino di casa e ci si accorge di lui, molto spesso, solamente quando è morto, è naturale chiedersi: perché dipingere?
“Per vincere la propria solitudine e la solitudine degli altri” è la risposta che lo scrittore Edoardo Galeano dà a chi gli chiede perché scriva; “ Per cantare nelle mie catene come il mare” usando le parole del poeta Dylan Thomas; e, almeno per me, perché per dipingere non c’è bisogno di nessuno e per pigrizia perché lo so fare da sempre per dono naturale.
Poi dipingere è abilità manuale, è conoscenza tecnica, è ricercare la bellezza nella forma e nel colore e non trovarla poiché, come tutte le cose legate al nostro giudizio, non potrà mai essere un valore universale; è anche usare sequenze di segni, un linguaggio, quindi avere la possibilità di esprimere concetti, sensazioni, anche se spesso diventa semplice composizione di fonemi per suscitare l’illusione di celare, nell’ermetismo della lingua, il non conosciuto e l’inesprimibile; ma ciò che non conosciamo non ha nome e le parole di una lingua sconosciuta non fanno né male né bene.
Dipingo le contraddizioni in cui annaspiamo, il conflitto tra ragione e sentimento, tra realtà e illusione, le incongruenze delle strategie esistenziali, del filosofare chiedendosi il senso della vita vivendo e lottando per il superfluo: la macchina più potente, i ristoranti più cari, i villaggi vacanze più esclusivi, il massimo, insomma, che la nostra cultura capitalistica dell’andate e moltiplicatevi, sempre più scollata dal mondo con il quale non si è mai sentita in armonia, offra.
Dipingo il dubbio, la consapevolezza che ogni conoscenza si sporge sull’abisso dell’ignoto, che le uniche risposte serie alle nostre domande riguardano il funzionamento delle cose e non il perché esistono.
Dipingo come un viaggiatore non gravato da bagagli ingombranti, ovvero da risposte che spiegano tutto e inevitabilmente annegano nelle contraddizioni e nei dogmi, conscio che lasciare un luogo familiare è, a volte, più importante che arrivare in un luogo sconosciuto.
Poi la conoscenza dell’assoluta verità è la stazione finale di ogni viaggio, è la trappola senza uscita in cui in cui si spegne ogni speranza, è noia.
Per questo penso che nessun Dio se è giusto e buono, ammesso che esista, ci dirà mai la verità, se ci vuol bene.
E contro i dogmi ma anche contro lo scetticismo fine a sé stesso uso l’ironia che non significa prendere in giro, ridicolizzare, distruggere, ma interrogarsi, cercare e mostrare i diversi punti di vista, sorridendo.
Si ringrazia per la collaborazione Fondazione Carige, Fondazione Monte dei Paschi di Siena, Fondazione Conservatorio dei Fieschi, ISC Camogli , Sartorio & Facco Genova.
29
settembre 2007
Alberto Marani – La pittura è più fragrante e leggera con olio di semi di lino
Dal 29 settembre al 17 ottobre 2007
arte contemporanea
Location
SATURA – PALAZZO STELLA
Genova, Piazza Stella, 5/1, (Genova)
Genova, Piazza Stella, 5/1, (Genova)
Orario di apertura
dal martedì al sabato ore 16:30 – 19:00
Vernissage
29 Settembre 2007, ore 17
Autore
Curatore