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Alchimia del pensiero
A Immagine colore Gabriele Casale, Ilenia Rosati, Maria Pia Sapenza, Roberto Scaramozzino, artisti provenienti da esperienze diverse ma uniti dalla forza di un gesto dietro il quale si affaccia un mondo di idee che trova espressione in una pluralità di accenti che senza dubbio incanterà i visitatori
Comunicato stampa
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L'attività che negli ultimi tempi la Galleria Immagine & Colore sta svolgendo con apprezzabile continuità si qualifica tanto sul versante culturale che affianca le iniziative artistiche quanto per le felici scelte degli autori chiamati ad esporre, tutti dotati di una forte personalità stilistica ed espressiva.
Nella fattispecie si tratta di quattro pittori, Gabriele Casale, Ilenia Rosati, Maria Pia Sapenza e Roberto Scaramozzino, provenienti da esperienze diverse ma uniti dalla forza di un gesto dietro il quale si affaccia un mondo di idee che trova espressione in una pluralità di accenti che senza dubbio incanterà i visitatori.
Il viaggio lungo le pareti della Galleria inizia idealmente con il più chiuso dei quattro, Gabriele Casale, nella cui opera raramente si affacciano elementi figurativi per privilegiare un lungo soliloquio fatto di geometrie e di un fitto rincorrersi di corrispondenze interne che trova espressione nella musicale tipologia della variazione su un tema. Così infatti sono organizzate le sue serie che alternano atteggiamenti di quiete e di moto come i tempi delle beethoveniane Trentatre variazioni su un valzer di Diabelli. La variazione di Casale è bitematica in quanto ricorre in eguale misura ad un vertiginoso geometrismo e ad un uso magistrale dei colori, talora capaci di meraviglie prismatiche che possono ricondurre ad una rivisitazione aggiornata di certe tematiche già introdotte da Vasarely.
L'itinerario prosegue con la traduzione in termini figurativi dei concetti espressi dal grande storico olandese Johan Huizinga nel suo Homo ludens, in cui esprimeva la teoria secondo la quale l'uomo, posto di fronte alle difficoltà dell'esistenza, si conforta in due modi, attingendo il sacro o stordendosi nel gioco, soprattutto un gioco esorcizzante nel quale i grandi terrori notturni vengono tradotti in immagini festose, in mostri dall'aspetto accattivante sino ad attingere il fiabesco. Il gioco condotto da Ilenia Rosati ha insieme tale caratteristica ludica ed una straordinaria fantasia creativa che si rifrange nei mille dettagli di una visione che trascina l'osservatore in mondi almeno temporaneamente rassicuranti nei quali il nemico non sembra in grado di incutere timore ma, anzi, si propone come un cordiale vicino di casa con il quale sono possibili tranquilli rapporti. Il vigore delle invenzioni della Rosati è tale da poter affrontare la grande scala, la dimensione dei murales nei quali trascrivere e comunicare un senso di serenità al pubblico che li frequenta.
Legata ad una dimensione inquietante della vita è al contrario l'esperienza che emerge dalla vasta produzione di Maria Pia Sapenza, le cui tele riportano ad un mondo di gesti misteriosi compiuti da personaggi che sfuggono ad una precisa identificazione per qualificarsi attraverso le azioni che compiono piuttosto che per le loro fisionomie. Cappotti scuri dai baveri rialzati, cappelli fortemente calcati, situazioni di segno indecifrabile collocano lo straordinario lavoro di un'artista ricca di forza espressiva su un doppio livello: da un lato le sue immagini paiono adatte alla copertina di un mistery degli Anni '30; dall'altro la pongono accanto ad illustri esponenti dell'espressionismo tedesco quali Kubin, il primo Jawlenskij, Pechstein e forse lo stesso Grosz, altrettanto drammatico ma di segno più lineare.
In una tavolozza essenziale, impostata sui colori scuri, uomini e situazioni si avvicendano con la drammaticità propria all'espressionismo ma spesso tradiscono una volontà simbolica che fa assurgere a situazioni puntuali un più universale valore di esempio della incomunicabilità, ovvero del concetto sartriano secondo il quale il vivere è per tutti gli uomini della terra una solitaria esperienza.
Una volontà di pace attraverso la consolazione della fede emerge dai lavori di Roberto Scaramozzino, un pittore che ha molto faticato in solitaria meditazione per giungere ai risultati oggi espressi in tele dalle quali emerge un senso di gravezza esistenziale ma al tempo stesso la possibilità di una consolazione già possibile nella dimensione terrena e certa nella sua proiezione escatologica. La vita, la valle di lacrime delle Scritture, è tanto difficile da darci la certezza di un premio per il solo fatto di aver portato a termine la nostra esistenza. Per Scaramozzino Giobbe non è un solitario personaggio biblico, ma tali siamo noi tutti esseri viventi sulla terra. Il suo argomentare ha trovato da qualche tempo, attraverso una lunga preparazione di bozze e di schemi figurativi, uno sfogo appropriato attraverso la riduzione dei colori impiegati in una tavolozza essenziale che consente di operare per masse anziché per dettagli, inutili in una pittura nella quale l'idea prevale sul segno. [Aldo Maria Pero]
Nella fattispecie si tratta di quattro pittori, Gabriele Casale, Ilenia Rosati, Maria Pia Sapenza e Roberto Scaramozzino, provenienti da esperienze diverse ma uniti dalla forza di un gesto dietro il quale si affaccia un mondo di idee che trova espressione in una pluralità di accenti che senza dubbio incanterà i visitatori.
Il viaggio lungo le pareti della Galleria inizia idealmente con il più chiuso dei quattro, Gabriele Casale, nella cui opera raramente si affacciano elementi figurativi per privilegiare un lungo soliloquio fatto di geometrie e di un fitto rincorrersi di corrispondenze interne che trova espressione nella musicale tipologia della variazione su un tema. Così infatti sono organizzate le sue serie che alternano atteggiamenti di quiete e di moto come i tempi delle beethoveniane Trentatre variazioni su un valzer di Diabelli. La variazione di Casale è bitematica in quanto ricorre in eguale misura ad un vertiginoso geometrismo e ad un uso magistrale dei colori, talora capaci di meraviglie prismatiche che possono ricondurre ad una rivisitazione aggiornata di certe tematiche già introdotte da Vasarely.
L'itinerario prosegue con la traduzione in termini figurativi dei concetti espressi dal grande storico olandese Johan Huizinga nel suo Homo ludens, in cui esprimeva la teoria secondo la quale l'uomo, posto di fronte alle difficoltà dell'esistenza, si conforta in due modi, attingendo il sacro o stordendosi nel gioco, soprattutto un gioco esorcizzante nel quale i grandi terrori notturni vengono tradotti in immagini festose, in mostri dall'aspetto accattivante sino ad attingere il fiabesco. Il gioco condotto da Ilenia Rosati ha insieme tale caratteristica ludica ed una straordinaria fantasia creativa che si rifrange nei mille dettagli di una visione che trascina l'osservatore in mondi almeno temporaneamente rassicuranti nei quali il nemico non sembra in grado di incutere timore ma, anzi, si propone come un cordiale vicino di casa con il quale sono possibili tranquilli rapporti. Il vigore delle invenzioni della Rosati è tale da poter affrontare la grande scala, la dimensione dei murales nei quali trascrivere e comunicare un senso di serenità al pubblico che li frequenta.
Legata ad una dimensione inquietante della vita è al contrario l'esperienza che emerge dalla vasta produzione di Maria Pia Sapenza, le cui tele riportano ad un mondo di gesti misteriosi compiuti da personaggi che sfuggono ad una precisa identificazione per qualificarsi attraverso le azioni che compiono piuttosto che per le loro fisionomie. Cappotti scuri dai baveri rialzati, cappelli fortemente calcati, situazioni di segno indecifrabile collocano lo straordinario lavoro di un'artista ricca di forza espressiva su un doppio livello: da un lato le sue immagini paiono adatte alla copertina di un mistery degli Anni '30; dall'altro la pongono accanto ad illustri esponenti dell'espressionismo tedesco quali Kubin, il primo Jawlenskij, Pechstein e forse lo stesso Grosz, altrettanto drammatico ma di segno più lineare.
In una tavolozza essenziale, impostata sui colori scuri, uomini e situazioni si avvicendano con la drammaticità propria all'espressionismo ma spesso tradiscono una volontà simbolica che fa assurgere a situazioni puntuali un più universale valore di esempio della incomunicabilità, ovvero del concetto sartriano secondo il quale il vivere è per tutti gli uomini della terra una solitaria esperienza.
Una volontà di pace attraverso la consolazione della fede emerge dai lavori di Roberto Scaramozzino, un pittore che ha molto faticato in solitaria meditazione per giungere ai risultati oggi espressi in tele dalle quali emerge un senso di gravezza esistenziale ma al tempo stesso la possibilità di una consolazione già possibile nella dimensione terrena e certa nella sua proiezione escatologica. La vita, la valle di lacrime delle Scritture, è tanto difficile da darci la certezza di un premio per il solo fatto di aver portato a termine la nostra esistenza. Per Scaramozzino Giobbe non è un solitario personaggio biblico, ma tali siamo noi tutti esseri viventi sulla terra. Il suo argomentare ha trovato da qualche tempo, attraverso una lunga preparazione di bozze e di schemi figurativi, uno sfogo appropriato attraverso la riduzione dei colori impiegati in una tavolozza essenziale che consente di operare per masse anziché per dettagli, inutili in una pittura nella quale l'idea prevale sul segno. [Aldo Maria Pero]
12
febbraio 2011
Alchimia del pensiero
Dal 12 al 28 febbraio 2011
arte contemporanea
Location
IMMAGINECOLORE.COM
Genova, Vico Del Fieno, 21r, (Genova)
Genova, Vico Del Fieno, 21r, (Genova)
Orario di apertura
tutti i pomeriggi dal martedì al sabato
Vernissage
12 Febbraio 2011, ore 18.00
Autore
Curatore