Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Aldamaria Gnaccarini – Perdere o ritrovare il filo? Zen pontino
Continua il progetto MAD@ManzùLab, frutto della collaborazione tra il Museo d’Arte Diffusa di Fabio D’Achille e la Raccolta Manzù/GNAM diretta dalla Dott.ssa Marcella Cossu.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Continua il progetto MAD@ManzùLab, frutto della collaborazione tra il Museo d’Arte Diffusa di Fabio D’Achille e la Raccolta Manzù/GNAM diretta dalla Dott.ssa Marcella Cossu.
Da domani 31 gennaio alle 16,30, infatti, l’esiguo spazio attiguo al Museo ardeatino, ospiterà la mostra dell’artista Aldamaria Gnaccarini, a cura di Fabio D’Achille.
“Il “filo”, retta sottile reiterata in serie parallele come la teoria delle Vergini Sagge dei mosaici bizantini di Sant’Apollinare in Classe, o viceversa linea curva che si dipana da composizioni astratte a gomitolo, costituisce il motivo trainante di questo MadLab@Manzù dedicato a Aldamaria Gnaccarini. Sorprendentemente univoca e coerente corre, nemmeno a dirlo, “sul filo”, la tematica svolta dall’artista nella serie delle opere pittoriche all’interno dell’esiguo spazio espositivo così come nell’installazione sul muro esterno, intitolata Zen.
Memore di un’infarinatura di esperienze d’arte del giardino giapponese, mi interrogo sul rapporto che possa effettivamente sussistere fra la fragile teoria dei lunghi rami – sette - pendenti, paralleli l’un l’altro, dal muro esterno del “Lab”, singolarmente bicolore: bianco d’intonaco grezzo al disopra, verde, di muschi e humus boschivo, al disotto. Sette rami scuri: come i bracci del candelabro ebraico, come i giorni della settimana, come i sette nani; simili tutti, in lunghezza e spessore, eppure diversi, ognuno con le proprie nodosità di ramo reciso, di elemento mutuato dalla natura perché la stessa si trasformi in arte. Scabra, essenziale, ascetica composizione, in cui l’impiego dell’elemento vegetale, non perseguendo un manifesto intento estetico, si fa - per sette volte, o settanta volte sette - tramite alla meditazione di chi, dal difuori, lo osservi.
L’osservazione, poi, per recare frutto, dev’essere lunga, reiterata, solitaria, in modo da favorire la concentrazione e trasformarsi in meditazione. Si potrebbe suggerire di sedersi lì sotto, per guardare con calma quel muro estraniandosi da tutto il resto. Sotto tale aspetto, quindi, per questa inattesa installazione di zen si può parlare; uno zen, magari, reinterpretato e alleggerito dalla luce del sole pontino. Una sola volta, nel passato recente della raccolta Manzù, mi sono trovata al cospetto di una “scultura arborea”, nel 2012, con un elegiaco “gazebo” di rami innalzato all’interno del parco da Nazzareno Flenghi in collaborazione con gli allievi del liceo artistico Capogrossi di Pomezia. Nulla di più distante, per contenuti ed intenti, da questa installazione, concettuale alla ennesima potenza, di Aldamaria Gnaccarini, ma analoga suggestione emotiva nel trovarsi al cospetto di opere accomunate da quel plusvalore costituito dall’elemento naturalistico, vitale e transeunte come noi che guardiamo.
I gomitoli rossi, neri grigi, dalle tonalità più o meno vivide, campeggianti e galleggianti su sfondi di averno d’argento, in contesti indefiniti e nebbiosi, seguono anch’essi il filo di pensieri non sempre diretti, comunque conclusi, in una rarefazione costante e distribuita che ancora introduce una suggestione di zen dal fuori al dentro; i “fili” poi, anche quando dritti come spade, riprendendo la poetica lenta ed incerta dei sette rami paralleli, tremano, s’inceppano nel segno che “sbava” luci ed effetti d’acquerello infantile.
Così, forse, potremmo immaginare i luoghi classici del perdersi alla vita, tra le brume di Stige o Acheronte, se non fosse per quella sottile ma insopprimibile linea di colore, retta o gomitolo, che l’artista enuclea a indicare il cammino”.
(Marcella Cossu)
Da domani 31 gennaio alle 16,30, infatti, l’esiguo spazio attiguo al Museo ardeatino, ospiterà la mostra dell’artista Aldamaria Gnaccarini, a cura di Fabio D’Achille.
“Il “filo”, retta sottile reiterata in serie parallele come la teoria delle Vergini Sagge dei mosaici bizantini di Sant’Apollinare in Classe, o viceversa linea curva che si dipana da composizioni astratte a gomitolo, costituisce il motivo trainante di questo MadLab@Manzù dedicato a Aldamaria Gnaccarini. Sorprendentemente univoca e coerente corre, nemmeno a dirlo, “sul filo”, la tematica svolta dall’artista nella serie delle opere pittoriche all’interno dell’esiguo spazio espositivo così come nell’installazione sul muro esterno, intitolata Zen.
Memore di un’infarinatura di esperienze d’arte del giardino giapponese, mi interrogo sul rapporto che possa effettivamente sussistere fra la fragile teoria dei lunghi rami – sette - pendenti, paralleli l’un l’altro, dal muro esterno del “Lab”, singolarmente bicolore: bianco d’intonaco grezzo al disopra, verde, di muschi e humus boschivo, al disotto. Sette rami scuri: come i bracci del candelabro ebraico, come i giorni della settimana, come i sette nani; simili tutti, in lunghezza e spessore, eppure diversi, ognuno con le proprie nodosità di ramo reciso, di elemento mutuato dalla natura perché la stessa si trasformi in arte. Scabra, essenziale, ascetica composizione, in cui l’impiego dell’elemento vegetale, non perseguendo un manifesto intento estetico, si fa - per sette volte, o settanta volte sette - tramite alla meditazione di chi, dal difuori, lo osservi.
L’osservazione, poi, per recare frutto, dev’essere lunga, reiterata, solitaria, in modo da favorire la concentrazione e trasformarsi in meditazione. Si potrebbe suggerire di sedersi lì sotto, per guardare con calma quel muro estraniandosi da tutto il resto. Sotto tale aspetto, quindi, per questa inattesa installazione di zen si può parlare; uno zen, magari, reinterpretato e alleggerito dalla luce del sole pontino. Una sola volta, nel passato recente della raccolta Manzù, mi sono trovata al cospetto di una “scultura arborea”, nel 2012, con un elegiaco “gazebo” di rami innalzato all’interno del parco da Nazzareno Flenghi in collaborazione con gli allievi del liceo artistico Capogrossi di Pomezia. Nulla di più distante, per contenuti ed intenti, da questa installazione, concettuale alla ennesima potenza, di Aldamaria Gnaccarini, ma analoga suggestione emotiva nel trovarsi al cospetto di opere accomunate da quel plusvalore costituito dall’elemento naturalistico, vitale e transeunte come noi che guardiamo.
I gomitoli rossi, neri grigi, dalle tonalità più o meno vivide, campeggianti e galleggianti su sfondi di averno d’argento, in contesti indefiniti e nebbiosi, seguono anch’essi il filo di pensieri non sempre diretti, comunque conclusi, in una rarefazione costante e distribuita che ancora introduce una suggestione di zen dal fuori al dentro; i “fili” poi, anche quando dritti come spade, riprendendo la poetica lenta ed incerta dei sette rami paralleli, tremano, s’inceppano nel segno che “sbava” luci ed effetti d’acquerello infantile.
Così, forse, potremmo immaginare i luoghi classici del perdersi alla vita, tra le brume di Stige o Acheronte, se non fosse per quella sottile ma insopprimibile linea di colore, retta o gomitolo, che l’artista enuclea a indicare il cammino”.
(Marcella Cossu)
31
gennaio 2015
Aldamaria Gnaccarini – Perdere o ritrovare il filo? Zen pontino
Dal 31 gennaio al 07 febbraio 2015
arte contemporanea
Location
RACCOLTA MANZU’
Ardea, Via Laurentina, 72, (Roma)
Ardea, Via Laurentina, 72, (Roma)
Orario di apertura
dal martedì al sabato e prima domenica del mese 10,30 – 18,30.
Vernissage
31 Gennaio 2015, ore 16,30
Autore
Curatore