Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Aldo Runfola
Anche nel mondo trasversale dell’arte a volte occorre misurarsi non solo con la realtà psicologica o sentimentale delle cose ma con la loro presenza tangibile e intelligente.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Nel lavoro di Aldo Runfola questa presenza è la conferma che la
distanza esistente tra gli uomini e le cose può essere colmata.
Nell’installazione proposta alla Galleria Michela Rizzo, Runfola
intraprende una perlustrazione che è metodo d’indagine del fare
arte. La galleria è il teatro in cui si svolge l’evento
artistico, qui prende corpo un’azione che è asserzione positiva
tangibile reale in virtù di un racconto che si snoda anche
attraverso l’interazione con lo spettatore. Nessuna dittatura
del pubblico, né la sua morte, ma libero e consapevole dialogo
tra l’artista e l’osservatore.
Le pareti sono tappezzate con carta da parati a linee verticali
in cui compaiono simmetrici degli ovali contenenti il profilo
di un uomo. Sulla porta della galleria due neon fluorescenti
sono il benvenuto e il commiato per chi entra e chi esce.
“E’ sufficiente entrare o uscire dal teatro che è la galleria per
essere automaticamente soggetto e oggetto della rappresentazione,
agente e agito, interprete e comparsa. Welcome e Gooddby dicono
proprio questo”.(A.R.).
Gli oggetti non sillabano alcun metalinguaggio, sono pura
diffusione senza alterazione. Carta da parati e scritte si
riconoscono per ciò che sono annullando ogni irriducibile
allontanamento e scarto concettuale. In questo punto sta
la differenza cardinale. Nessuna annessione alla realtà esterna
del pensiero.
tra realtà e rappresentazione. Il reale è (la) rappresentazione,
la rappresentazione è (il) reale.> (Aldo Runfola).
Sulla carta da parati lo spettatore può, se vuole, applicare un
post-it con i suoi dati anagrafici. Ci troviamo di fronte a una
doppia assenza o a una doppia presenza, in ogni caso un incontro
o dialogo che ora potrebbe iniziare.
Il lavoro di Runfola si avvale anche di felici coincidenze:
l’immagine sulla carta da parati è quella di un albanese,
la galleria si trova in Calle degli Albanesi. Una coincidenza,
ma anche un lapsus, come se l’opera si caricasse di significati
non premeditati, oltre quelli suggeriti. Se è albanese l’uomo
ritratto dall’artista nel corso di un viaggio in nave, in uno.
spazio e un tempo dilatabili a piacere, non sono forse gli
spettatori, l’artista stesso, anche un po’ degli “albanesi”?
Le opere, questa è l’impressione, si presentano con il carattere
dell’immediatezza, una nudità talmente semplice ed essenziale
da farle sembrare “vere”.
Distanza e aspirazione all’unità sono pure i temi della
proiezione che si tiene nello spazio adiacente la galleria.
Adagetto 2004, secondo di una serie di tre film, ha per oggetto
la musica - gli altri due riguarderanno uno la letteratura,
l’altro la filosofia. La cultura classica tradizionale, in questo
caso la musica sinfonica, si fonde con qualcosa di lontano
e diverso, in parte estraneo.
Un uomo, un russo dalle origini vagamente asiatiche, vestito
in abiti da cerimonia o da Blues Brothers, sale un sentiero
nel bosco sulle note dell’Adagetto della Quinta sinfonia
di Mahler, colonna sonora di “Morte a Venezia”, film di Luchino
Visconti.
Qui la coincidenza è nel carattere cerimoniale della salita - c’è
qualcosa di liturgico nel percorrere il sentiero nel bosco - che
viene inconsapevolmente presagito da Vladimir attraverso
la scelta dell’abito.
Con la prima “soggettiva” la musica orchestrale subisce
una metamorfosi. Dal bosco si passa ad un interno.
Inquadrato di spalle, il volto riflesso in uno specchio, l’uomo
porta a compimento l’esecuzione del brano. Pochi minuti di grande
tensione fisica e mentale in cui, adattando uno strumento
inadeguato, la fisarmonica, alla complicata partitura di Mahler,
il musicista raggiunge una forma di simbiosi, il territorio
neutrale di una possibile convivenza.
Questa è la dialettica, il lato problematico mai irrisolto,
sempre consapevole, che è nel lavoro di Aldo Runfola.
Creare uno spazio di riflessione e di incontro è l’operazione
sovrana, estremizzare i termini del confronto fino al punto
in cui l’esperienza, giunta al limite, anziché condurre alla
perdita di sé e della propria identità, sovverte il sistema
di regole e instaura un ordine alternativo.
Martina Cavallarin
distanza esistente tra gli uomini e le cose può essere colmata.
Nell’installazione proposta alla Galleria Michela Rizzo, Runfola
intraprende una perlustrazione che è metodo d’indagine del fare
arte. La galleria è il teatro in cui si svolge l’evento
artistico, qui prende corpo un’azione che è asserzione positiva
tangibile reale in virtù di un racconto che si snoda anche
attraverso l’interazione con lo spettatore. Nessuna dittatura
del pubblico, né la sua morte, ma libero e consapevole dialogo
tra l’artista e l’osservatore.
Le pareti sono tappezzate con carta da parati a linee verticali
in cui compaiono simmetrici degli ovali contenenti il profilo
di un uomo. Sulla porta della galleria due neon fluorescenti
sono il benvenuto e il commiato per chi entra e chi esce.
“E’ sufficiente entrare o uscire dal teatro che è la galleria per
essere automaticamente soggetto e oggetto della rappresentazione,
agente e agito, interprete e comparsa. Welcome e Gooddby dicono
proprio questo”.(A.R.).
Gli oggetti non sillabano alcun metalinguaggio, sono pura
diffusione senza alterazione. Carta da parati e scritte si
riconoscono per ciò che sono annullando ogni irriducibile
allontanamento e scarto concettuale. In questo punto sta
la differenza cardinale. Nessuna annessione alla realtà esterna
del pensiero.
la rappresentazione è (il) reale.> (Aldo Runfola).
Sulla carta da parati lo spettatore può, se vuole, applicare un
post-it con i suoi dati anagrafici. Ci troviamo di fronte a una
doppia assenza o a una doppia presenza, in ogni caso un incontro
o dialogo che ora potrebbe iniziare.
Il lavoro di Runfola si avvale anche di felici coincidenze:
l’immagine sulla carta da parati è quella di un albanese,
la galleria si trova in Calle degli Albanesi. Una coincidenza,
ma anche un lapsus, come se l’opera si caricasse di significati
non premeditati, oltre quelli suggeriti. Se è albanese l’uomo
ritratto dall’artista nel corso di un viaggio in nave, in uno.
spazio e un tempo dilatabili a piacere, non sono forse gli
spettatori, l’artista stesso, anche un po’ degli “albanesi”?
Le opere, questa è l’impressione, si presentano con il carattere
dell’immediatezza, una nudità talmente semplice ed essenziale
da farle sembrare “vere”.
Distanza e aspirazione all’unità sono pure i temi della
proiezione che si tiene nello spazio adiacente la galleria.
Adagetto 2004, secondo di una serie di tre film, ha per oggetto
la musica - gli altri due riguarderanno uno la letteratura,
l’altro la filosofia. La cultura classica tradizionale, in questo
caso la musica sinfonica, si fonde con qualcosa di lontano
e diverso, in parte estraneo.
Un uomo, un russo dalle origini vagamente asiatiche, vestito
in abiti da cerimonia o da Blues Brothers, sale un sentiero
nel bosco sulle note dell’Adagetto della Quinta sinfonia
di Mahler, colonna sonora di “Morte a Venezia”, film di Luchino
Visconti.
Qui la coincidenza è nel carattere cerimoniale della salita - c’è
qualcosa di liturgico nel percorrere il sentiero nel bosco - che
viene inconsapevolmente presagito da Vladimir attraverso
la scelta dell’abito.
Con la prima “soggettiva” la musica orchestrale subisce
una metamorfosi. Dal bosco si passa ad un interno.
Inquadrato di spalle, il volto riflesso in uno specchio, l’uomo
porta a compimento l’esecuzione del brano. Pochi minuti di grande
tensione fisica e mentale in cui, adattando uno strumento
inadeguato, la fisarmonica, alla complicata partitura di Mahler,
il musicista raggiunge una forma di simbiosi, il territorio
neutrale di una possibile convivenza.
Questa è la dialettica, il lato problematico mai irrisolto,
sempre consapevole, che è nel lavoro di Aldo Runfola.
Creare uno spazio di riflessione e di incontro è l’operazione
sovrana, estremizzare i termini del confronto fino al punto
in cui l’esperienza, giunta al limite, anziché condurre alla
perdita di sé e della propria identità, sovverte il sistema
di regole e instaura un ordine alternativo.
Martina Cavallarin
12
novembre 2004
Aldo Runfola
Dal 12 novembre al 09 dicembre 2004
arte contemporanea
Location
GALLERIA MICHELA RIZZO PROJECT ROOM
Venezia, Calle Degli Albanesi, 4254, (Venezia)
Venezia, Calle Degli Albanesi, 4254, (Venezia)
Orario di apertura
martedì 10.00 – 12.30, da martedì a sabato 16.30 – 19.30, e su appuntamento
Vernissage
12 Novembre 2004, ore 18.30