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Alejandro Echeverria – Suturas de una ciudad
Verrà inaugurata giovedì 12 giugno alle ore 19 alla Lux Art Gallery di Trieste la
mostra Suturas de una ciudad di Alejandro Echeverría, nuova tappa
dell’articolatissimo progetto MEX PRO che settimana dopo settimana non smette di offrire nuovi appuntamenti per raccontare il mondo dell’arte messicana
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Le fotografie di Alejandro Echeverría sono come “suture di una città” - da cui il titolo della
mostra - sono frammenti di altri muri visti da vicino, piatti e di fronte.
In assenza di elementi riconoscibili - solo alcune immagini rivelano sottili dettagli architettonici come una maniglia, un contatore della luce o il numero civico di una casa -
vediamo emergere le più disparate forme colorate: chiaro-scuri, sottili variazioni di toni, scontri brillanti di colori, monocromie color pastello, forme astratte e segni riconoscibili.
Le immagini vengono definite dalle tracce umane che fungono da indicatori primari delle
dimensioni: pennellate, gocce di colore, tag fatti a bomboletta, messaggi graffiati.
Il muro intonso, così come la tela bianca, interessa poco a Echeverría. Sono le suture,
quel particolare momento tra il ripristino di un muro e la cicatrice successiva ad attirare la
sua attenzione. Che si cerchi di mascherare una frase, un tag, un disegno, le forme di
intervento sono sempre diverse e generano sempre una forma nuova per far ritornare il
muro al suo anonimato.
E’ questo particolare momento che Echevarría cattura, mentre l'altalena di ripristini e
cicatrici continua anche molto dopo lo scatto.
Nel suo film L'arte subconscia di rimozione dei graffiti (2001) Matt McCormick
descrive con ironia le composizioni spesso belle e persino artistiche che vengono create
quando si coprono di pittura i graffiti.
La narratrice Miranda July descrive questo processo come “un intrigante movimento
artistico” in sé, ed evidenzia tre forme stilistiche: lo stile simmetrico, nel quale è possibile
identificare un ordine geometrico di quadrati e rettangoli a strati; lo stile fantasma, nel
quale chi rimuove i graffiti ne segue le linee sottolineandone forma e tag originali; lo stile
radicale, nel quale chi sovrascrive non riprende né la geometria né il tag originale come
base per dipingere.
Tutti questi stili appaiono nelle fotografie di Echeverría, ed è particolarmente calzante in
tale contesto la descrizione fatta nel film del passaggio da un segno intenzionale
specifico del tagger ad una forma non intenzionale ma ugualmente specifica
dell'anonimo artista. A differenza della tesi di McCormick, che celebra l'arte inconscia di
rimozione dei graffiti, Echeverría non ha un eroe protagonista. Qui il gesto anonimo non è
pertinente di per sé e nemmeno nella sua interezza, è bensì la materia prima che l'autore
usa per comporre la sua opera.
!
Echeverría non documenta i segni sui muri in modo sistematico o con l'intenzione di
registrare l'opera urbana di altri. Eliminando deliberatamente l'informazione superflua,
Echeverría usa la trama e i colori che trova tra i segni della città e crea una composizione
astratta che parte da un dipinto ready-made. In tal senso il procedimento ricorda Gerhard
Richter, con le sue fotografie di primi piani dei suoi dipinti astratti: laddove Richter coi
suoi dettagli tratta di pittura senza rivelare il dipinto originale, Echeverría usa i muri della
città senza citare un luogo specifico.
!
La maggior parte delle opere esposte in questa mostra sono state scattate di recente a
Oaxaca, città di Echeverría, ed altre a Città del Messico. Eppure tutte vivono
indipendentemente dal luogo, dal tempo e dall'anonimo collaboratore. Questa ambiguità
di luogo attribuisce all'opera una certa familiarità. Quando ci sembra di riconoscere uno
slogan politico cancellato o un segno con colori stratificati, le fotografie catturano un aspetto intrinseco della nostra esperienza urbana condivisa.
Parte del comunicato è stato tratto dal testo critico di Steffen Böddeker (Oaxaca, Mexico,- giugno 2014).
mostra - sono frammenti di altri muri visti da vicino, piatti e di fronte.
In assenza di elementi riconoscibili - solo alcune immagini rivelano sottili dettagli architettonici come una maniglia, un contatore della luce o il numero civico di una casa -
vediamo emergere le più disparate forme colorate: chiaro-scuri, sottili variazioni di toni, scontri brillanti di colori, monocromie color pastello, forme astratte e segni riconoscibili.
Le immagini vengono definite dalle tracce umane che fungono da indicatori primari delle
dimensioni: pennellate, gocce di colore, tag fatti a bomboletta, messaggi graffiati.
Il muro intonso, così come la tela bianca, interessa poco a Echeverría. Sono le suture,
quel particolare momento tra il ripristino di un muro e la cicatrice successiva ad attirare la
sua attenzione. Che si cerchi di mascherare una frase, un tag, un disegno, le forme di
intervento sono sempre diverse e generano sempre una forma nuova per far ritornare il
muro al suo anonimato.
E’ questo particolare momento che Echevarría cattura, mentre l'altalena di ripristini e
cicatrici continua anche molto dopo lo scatto.
Nel suo film L'arte subconscia di rimozione dei graffiti (2001) Matt McCormick
descrive con ironia le composizioni spesso belle e persino artistiche che vengono create
quando si coprono di pittura i graffiti.
La narratrice Miranda July descrive questo processo come “un intrigante movimento
artistico” in sé, ed evidenzia tre forme stilistiche: lo stile simmetrico, nel quale è possibile
identificare un ordine geometrico di quadrati e rettangoli a strati; lo stile fantasma, nel
quale chi rimuove i graffiti ne segue le linee sottolineandone forma e tag originali; lo stile
radicale, nel quale chi sovrascrive non riprende né la geometria né il tag originale come
base per dipingere.
Tutti questi stili appaiono nelle fotografie di Echeverría, ed è particolarmente calzante in
tale contesto la descrizione fatta nel film del passaggio da un segno intenzionale
specifico del tagger ad una forma non intenzionale ma ugualmente specifica
dell'anonimo artista. A differenza della tesi di McCormick, che celebra l'arte inconscia di
rimozione dei graffiti, Echeverría non ha un eroe protagonista. Qui il gesto anonimo non è
pertinente di per sé e nemmeno nella sua interezza, è bensì la materia prima che l'autore
usa per comporre la sua opera.
!
Echeverría non documenta i segni sui muri in modo sistematico o con l'intenzione di
registrare l'opera urbana di altri. Eliminando deliberatamente l'informazione superflua,
Echeverría usa la trama e i colori che trova tra i segni della città e crea una composizione
astratta che parte da un dipinto ready-made. In tal senso il procedimento ricorda Gerhard
Richter, con le sue fotografie di primi piani dei suoi dipinti astratti: laddove Richter coi
suoi dettagli tratta di pittura senza rivelare il dipinto originale, Echeverría usa i muri della
città senza citare un luogo specifico.
!
La maggior parte delle opere esposte in questa mostra sono state scattate di recente a
Oaxaca, città di Echeverría, ed altre a Città del Messico. Eppure tutte vivono
indipendentemente dal luogo, dal tempo e dall'anonimo collaboratore. Questa ambiguità
di luogo attribuisce all'opera una certa familiarità. Quando ci sembra di riconoscere uno
slogan politico cancellato o un segno con colori stratificati, le fotografie catturano un aspetto intrinseco della nostra esperienza urbana condivisa.
Parte del comunicato è stato tratto dal testo critico di Steffen Böddeker (Oaxaca, Mexico,- giugno 2014).
12
giugno 2014
Alejandro Echeverria – Suturas de una ciudad
Dal 12 giugno al 04 luglio 2014
fotografia
Location
LUX ART GALLERY
Trieste, Via Cecilia De Rittmeyer, 7/d, (Trieste)
Trieste, Via Cecilia De Rittmeyer, 7/d, (Trieste)
Orario di apertura
Contattare la galleria
Vernissage
12 Giugno 2014, ore 19
Autore