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Alessandra Baldoni – AS BEFORE ASH
Le ragazze di Alessandra Baldoni sembrano fuoriuscire da un moto di forza pulsante, come belle addormentate che non accettano di essere svegliate da un Principe, né che ribaltano ironicamente la storia; semplicemente preferiscono tirarsi fuori dai guai da sole con fatica, passando attraverso giudizi e sofferenze per diventare padrone della loro vita ma soprattutto accelerare l’evoluzione, attraverso la creazione di un precedente che sia di ispirazione
Comunicato stampa
Segnala l'evento
AS BEFORE ASH- Alessandra Baldoni
a cura di Viviana Siviero
12/11/2011 - 10/12/2011
inaugurazione sabato 12 novembre 17.30
T.A.C Arte Contemporanea
Tre Archi, via Marconi 15, Perugia
tel 3478555092
tac.contemporanea@libero.it
(dal martedì al sabato 16-19,30, altri orari su appuntamento)
Occhi di oceano in tempesta
di Viviana Siviero
Catherine Earnshaw: «Vorrei tornare a essere una ragazza, quasi una selvaggia, e aspra e libera, che ride
delle offese e non ne impazzisce! Perché sono tanto mutata? perché il mio sangue si agita tumultuosamente
per poche parole?»
Emily Bronte, Cime Tempestose,
La voce si ricorda o si dimentica ancor più di un viso o di un connotato. La voce di un morto ad esempio,
evapora con il suo scadere alla vita, peggio di un ricordo ad esso collegato: ciò che resta delle melodie che
accompagnano i pensieri condivisi col mondo a voce alta è una sensazione, non la voce stessa che, come
la luce, è impossibile da fissare come oggetto fisico. Così, nel mondo dell’arte che tutto vede e tutto può,
nell’universo in cui i protagonisti hanno più potere che nei sogni, la voce perpetua, quella infinita che si lega
indissolubilmente ad una sensazione incancellabile è affidata ad oggetti iconici, che portano nel cuore tanta
forza quanta gliene ha assegnato la tradizione.
È la spada quindi ad accompagnare quell’elemento femminile che è da sempre il cuore pulsante della
poetica di Alessandra Baldoni; un’artista, una femmina che pratica da sempre l’arte della poesia
instancabile, fatta sia di parola, sia di attimi di luce che si imprimono sulla carta fotografica al ritmo di un
cuore gonfio di mondo, che viene liberato per divenire immagine ed essere così capace di sussurrare al
vento la storia di eroine che non hanno nome e allo stesso tempo ne hanno infiniti. Si tratta di donne i cui
occhi, fin dalla nascita, sembrano avere il colore dell’oceano in tempesta; coraggiose ed agguerrite che per
destino ma soprattutto volontà sono portatrici di storie intense di cui non si conosce né principio né
sviluppo, ma semplicemente la morale, che si palesa nell’affermazione del sé al di là di qualunque
convenzione stereotipata. Le ragazze di Alessandra Baldoni sembrano fuoriuscire da un moto di forza
pulsante, come belle addormentate che non accettano di essere svegliate da un Principe, né che ribaltano
ironicamente la storia; semplicemente preferiscono tirarsi fuori dai guai da sole con fatica, passando
attraverso giudizi e sofferenze per diventare padrone della loro vita ma soprattutto accelerare l’evoluzione,
attraverso la creazione di un precedente che sia di ispirazione. Catherine Earnshaw, Lady Chatterley, Emma
Bovary, Frida Kahlo, Hannah Arendt, Simone de Beauvoir, Louise Bourgeois, Gertrude Stein: eroine
letterarie alcune di natura reale, altre immaginarie, capaci comunque di trainare il cuore fin dove possa
vedere una via d’uscita per continuare a battere. Donne che sembra di sentire disquisire sulle nuove forme
di schiavitù psicologica dell’oggi, in cui le catene sono state sostituite dalle promesse di successo e che
credono di essere emancipate per l’uso disinibito che sembrano fare del proprio corpo. Le emozioni
innescate dagli scatti della Baldoni raggiungono queste rive: non si tratta di moralità ma di fatti; le donne
guerriere messe in scena dall’artista sfilano fra stonature di colore variegate ora accese e tirate, ora
modulate ed armoniche, fisse in posture fiere a ricordare che ciò che viene alla luce spesso non
rappresenta la totalità delle cose. Ognuno infatti è invitato a percorrere la propria strada. Le donne
guerriero di questa serie non sembrano intenzionate a redimere una categoria, ma piuttosto a salvare se
stesse e la propria dignità, ricordando a tutti che sono un esercito: la loro voce è indimenticabile perché ha
il suono della spada che fende l’aria e si scontra con altro metallo, che si conficca in una roccia, nella terra o
nella carne, se strettamente necessario. Senza offesa, ma per ricordare che la vita va difesa con coraggio e
forza, a suon di sacrifici.
Oltre a questo aspetto epidermico, le immagini di Alessandra Baldoni possiedono un giardino segreto,
collegato al senso stesso di crescita: le sue ragazze sembrano essere uscite da poco da un bosco di favola
nel quale si aggiravano con mantelli cremisi, in attesa che un destino si palesasse per loro e con esso si
costituisse una ragnatela di reazioni. Le loro mani sembravano non voler abbandonare quel filo rosso che
le legava a quell’uovo purissimo che si era schiuso partorendole; un filo che in realtà le collegava ad un
destino mitologico che gli occhi giovani ed inesperti non riuscivano a distinguere nel fitto del sottobosco.
Bambine che coprivano le punte delle loro dita con ditali rilucenti e solidi perché temevano di possedere
artigli che potessero ferire. Col tempo e le esperienze tutto questo si è trasformato in maturità e una
parte in più di quel filo mitico è stato percorso: basta con l’accettazione di una tradizione che le ghettizza
per un’origine inventata dall’uomo che le ufficializza come appendici, giustificando il fatto con una
storia maschilista che le vede nate da un umile frammento d’osso, che le costringe antropologicamente
all’adattamento. Quelle di Alessandra Baldoni hanno spazzato via la favola per recuperare un ruolo di
anime elette che camminano fiere al di fuori della consuetudine, forti di una scintilla primigenia che è nota
come anima selvaggia.
Qui vediamo prendere vita nuove favole che si sciolgono in biografie immaginarie non specificate, capaci
di nutrirsi della melodia poetica di chi le ha precedute coraggiosamente nel mondo reale o in quello della
parola inventata; attraverso la loro immagine epica esse mantengono viva quella voce a perpetua memoria,
schiacciando il maschile in una condizione perdente in maniera sottile e geniale, mostrandolo come la
cenere che sopravvive fino alla prima brezza, dopo una distruzione insensata. Al contrario il femminile
dà sfoggio di sé da una posizione temporale in cui è evidente una maturità acquisita sul campo: è solo
affrontando le cose che si fa la conoscenza di quella forza che altrimenti si ignorerebbe. «Vola solo chi osa
farlo» dicevano gli amici gatti di Sepulveda alla gabbianella Fortunata che non voleva lasciarli: le donne
guerriere della Baldoni hanno fatto la conoscenza della propria natura e sanno che un gabbiano non potrà
mai e poi mai sfracellarsi al suolo, così come un pesce non potrà mai e poi mai annegare. Esse dimostrano
piuttosto il coraggio che è insito in ogni essere sensibile che è nato per osare e vincere, per credere nel
proprio corpo magico che si merita rispetto perché di natura prometeica. Accostando uno sguardo attento
su ogni volto scopriremo voci cantilenanti e fiere, profumi di natura selvatica e primigenia, rituali dedicati
alla magia del grano e della luna; tutte cose che invitano a ripensare alla propria vita, al proprio corpo e
alla propria anima che sarà tanto migliore quanto avrà fatto tesoro di quelle qualità ragazzesche, selvagge,
aspre e libere che ridono delle offese e non se ne curano.
Alessandra Baldoni:
«L’arte deve essere accanto, addosso, prossima alle persone, deve restituire un desiderio, un bisogno, una speranza. Ho la sensazione che siamo un po’ tutti rotti ed aggiustati, rintanati per paura. Si deve cercare di
creare un mondo fatto di poesia, che dalla poesia nasce nutrendosi della parola come la pianta dell’acqua».
a cura di Viviana Siviero
12/11/2011 - 10/12/2011
inaugurazione sabato 12 novembre 17.30
T.A.C Arte Contemporanea
Tre Archi, via Marconi 15, Perugia
tel 3478555092
tac.contemporanea@libero.it
(dal martedì al sabato 16-19,30, altri orari su appuntamento)
Occhi di oceano in tempesta
di Viviana Siviero
Catherine Earnshaw: «Vorrei tornare a essere una ragazza, quasi una selvaggia, e aspra e libera, che ride
delle offese e non ne impazzisce! Perché sono tanto mutata? perché il mio sangue si agita tumultuosamente
per poche parole?»
Emily Bronte, Cime Tempestose,
La voce si ricorda o si dimentica ancor più di un viso o di un connotato. La voce di un morto ad esempio,
evapora con il suo scadere alla vita, peggio di un ricordo ad esso collegato: ciò che resta delle melodie che
accompagnano i pensieri condivisi col mondo a voce alta è una sensazione, non la voce stessa che, come
la luce, è impossibile da fissare come oggetto fisico. Così, nel mondo dell’arte che tutto vede e tutto può,
nell’universo in cui i protagonisti hanno più potere che nei sogni, la voce perpetua, quella infinita che si lega
indissolubilmente ad una sensazione incancellabile è affidata ad oggetti iconici, che portano nel cuore tanta
forza quanta gliene ha assegnato la tradizione.
È la spada quindi ad accompagnare quell’elemento femminile che è da sempre il cuore pulsante della
poetica di Alessandra Baldoni; un’artista, una femmina che pratica da sempre l’arte della poesia
instancabile, fatta sia di parola, sia di attimi di luce che si imprimono sulla carta fotografica al ritmo di un
cuore gonfio di mondo, che viene liberato per divenire immagine ed essere così capace di sussurrare al
vento la storia di eroine che non hanno nome e allo stesso tempo ne hanno infiniti. Si tratta di donne i cui
occhi, fin dalla nascita, sembrano avere il colore dell’oceano in tempesta; coraggiose ed agguerrite che per
destino ma soprattutto volontà sono portatrici di storie intense di cui non si conosce né principio né
sviluppo, ma semplicemente la morale, che si palesa nell’affermazione del sé al di là di qualunque
convenzione stereotipata. Le ragazze di Alessandra Baldoni sembrano fuoriuscire da un moto di forza
pulsante, come belle addormentate che non accettano di essere svegliate da un Principe, né che ribaltano
ironicamente la storia; semplicemente preferiscono tirarsi fuori dai guai da sole con fatica, passando
attraverso giudizi e sofferenze per diventare padrone della loro vita ma soprattutto accelerare l’evoluzione,
attraverso la creazione di un precedente che sia di ispirazione. Catherine Earnshaw, Lady Chatterley, Emma
Bovary, Frida Kahlo, Hannah Arendt, Simone de Beauvoir, Louise Bourgeois, Gertrude Stein: eroine
letterarie alcune di natura reale, altre immaginarie, capaci comunque di trainare il cuore fin dove possa
vedere una via d’uscita per continuare a battere. Donne che sembra di sentire disquisire sulle nuove forme
di schiavitù psicologica dell’oggi, in cui le catene sono state sostituite dalle promesse di successo e che
credono di essere emancipate per l’uso disinibito che sembrano fare del proprio corpo. Le emozioni
innescate dagli scatti della Baldoni raggiungono queste rive: non si tratta di moralità ma di fatti; le donne
guerriere messe in scena dall’artista sfilano fra stonature di colore variegate ora accese e tirate, ora
modulate ed armoniche, fisse in posture fiere a ricordare che ciò che viene alla luce spesso non
rappresenta la totalità delle cose. Ognuno infatti è invitato a percorrere la propria strada. Le donne
guerriero di questa serie non sembrano intenzionate a redimere una categoria, ma piuttosto a salvare se
stesse e la propria dignità, ricordando a tutti che sono un esercito: la loro voce è indimenticabile perché ha
il suono della spada che fende l’aria e si scontra con altro metallo, che si conficca in una roccia, nella terra o
nella carne, se strettamente necessario. Senza offesa, ma per ricordare che la vita va difesa con coraggio e
forza, a suon di sacrifici.
Oltre a questo aspetto epidermico, le immagini di Alessandra Baldoni possiedono un giardino segreto,
collegato al senso stesso di crescita: le sue ragazze sembrano essere uscite da poco da un bosco di favola
nel quale si aggiravano con mantelli cremisi, in attesa che un destino si palesasse per loro e con esso si
costituisse una ragnatela di reazioni. Le loro mani sembravano non voler abbandonare quel filo rosso che
le legava a quell’uovo purissimo che si era schiuso partorendole; un filo che in realtà le collegava ad un
destino mitologico che gli occhi giovani ed inesperti non riuscivano a distinguere nel fitto del sottobosco.
Bambine che coprivano le punte delle loro dita con ditali rilucenti e solidi perché temevano di possedere
artigli che potessero ferire. Col tempo e le esperienze tutto questo si è trasformato in maturità e una
parte in più di quel filo mitico è stato percorso: basta con l’accettazione di una tradizione che le ghettizza
per un’origine inventata dall’uomo che le ufficializza come appendici, giustificando il fatto con una
storia maschilista che le vede nate da un umile frammento d’osso, che le costringe antropologicamente
all’adattamento. Quelle di Alessandra Baldoni hanno spazzato via la favola per recuperare un ruolo di
anime elette che camminano fiere al di fuori della consuetudine, forti di una scintilla primigenia che è nota
come anima selvaggia.
Qui vediamo prendere vita nuove favole che si sciolgono in biografie immaginarie non specificate, capaci
di nutrirsi della melodia poetica di chi le ha precedute coraggiosamente nel mondo reale o in quello della
parola inventata; attraverso la loro immagine epica esse mantengono viva quella voce a perpetua memoria,
schiacciando il maschile in una condizione perdente in maniera sottile e geniale, mostrandolo come la
cenere che sopravvive fino alla prima brezza, dopo una distruzione insensata. Al contrario il femminile
dà sfoggio di sé da una posizione temporale in cui è evidente una maturità acquisita sul campo: è solo
affrontando le cose che si fa la conoscenza di quella forza che altrimenti si ignorerebbe. «Vola solo chi osa
farlo» dicevano gli amici gatti di Sepulveda alla gabbianella Fortunata che non voleva lasciarli: le donne
guerriere della Baldoni hanno fatto la conoscenza della propria natura e sanno che un gabbiano non potrà
mai e poi mai sfracellarsi al suolo, così come un pesce non potrà mai e poi mai annegare. Esse dimostrano
piuttosto il coraggio che è insito in ogni essere sensibile che è nato per osare e vincere, per credere nel
proprio corpo magico che si merita rispetto perché di natura prometeica. Accostando uno sguardo attento
su ogni volto scopriremo voci cantilenanti e fiere, profumi di natura selvatica e primigenia, rituali dedicati
alla magia del grano e della luna; tutte cose che invitano a ripensare alla propria vita, al proprio corpo e
alla propria anima che sarà tanto migliore quanto avrà fatto tesoro di quelle qualità ragazzesche, selvagge,
aspre e libere che ridono delle offese e non se ne curano.
Alessandra Baldoni:
«L’arte deve essere accanto, addosso, prossima alle persone, deve restituire un desiderio, un bisogno, una speranza. Ho la sensazione che siamo un po’ tutti rotti ed aggiustati, rintanati per paura. Si deve cercare di
creare un mondo fatto di poesia, che dalla poesia nasce nutrendosi della parola come la pianta dell’acqua».
12
novembre 2011
Alessandra Baldoni – AS BEFORE ASH
Dal 12 novembre al 10 dicembre 2011
fotografia
Location
T.A.C. ARTE COMTEMPORANEA
Perugia, Via Guglielmo Marconi, 15, (Perugia)
Perugia, Via Guglielmo Marconi, 15, (Perugia)
Orario di apertura
dal martedì al sabato 16-19,30, altri orari su appuntamento
Vernissage
12 Novembre 2011, ore 17.30
Autore
Curatore