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Alessandra Bonelli / Mavi Ferrando
mostra doppia personale
Comunicato stampa
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“Fantamitosie” di Mavi Ferrando ovvero fantasie sul mito. Sono soprattutto delle messe in scena, fondali di rappresentazioni attuate con un linguaggio di tipo installativo. I mondi del mito sono evocati da lignee e ferree sculture, da umani animali semi-divini che si divertono e si distraggono in invisibili templi dalle colonne marmoree o in ampie radure incontaminate frequentate da eroi, strani dèi e muscolose guerriere. C’è una sorta di paradiso terrestre in cui l’energia vitale sembra slanciarsi nell’aria tra un ambiguo sacro fuoco giallo che forse tutto può e guizzanti foglie intrise di tutti i colori.
Mavi Ferrando, nella via sotterranea del Castello Sforzesco Visconteo, provoca, scorge, inchioda e schiude le porte inviolabilli dei mondi antichi. Convoca Sibille scultoree a forma di cavallo bianco e spinge Diana e le Baccanti a uno splendido isolamento formale, ad una fissità temporale e corporale, colorandole di nero, rosso e blu .
A queste forme baccanti, mobili e insieme immobili, manca l’apice estremo del corpo, i fluidi capelli, il viso angelico: esiste solo il vuoto, inferto da una decapitazione larga dieci centimetri. Eppure quasi non si percepisce, è come se ci fosse una sorta di continua identità visiva che travalica secoli e millenni, e noi fermi, ne vediamo comunque la multiforme molteplicità dei visi.
“Guidava Pentesilèa, lo stuolo delle Amàzoni dagli scudi lunati, infuriando entro la mischia innumere: guerriera che aveva succinto in alto, sotto il seno, un bel cingolo d’oro e che fanciulla osava misurarsi con gli eroi”. (Virgilio)
Mavi Ferrando ci sbalza in questi titanici mondi, fatti di tempeste, di turbinii, di troni antropomorfi, vegetali con il chiacchiericcio vitale delle foglie in fila indiana, dove Nettuno scaccia i venti nel loro antro e placa il mare.
E quelle strane divinità in legno sagomato, gambe umane ginocchia ben evidenti, coda all’insù, capelli ricci con corona aurea annegata nel legno, che giocano rincorrendosi a nascondino?
Che dire, geniale.
Donatella Airoldi
“I quattro elementi” di Alessandra Bonelli: mondi atavici fatti di carta e carta velina, riporti fotografici, pastellature e linee leggere tracciate con le matite.
L’artista, attraverso un assiduo lavoro di scomposizione e ricomposizione, ricostruisce i primitivi luoghi degli elementi dove l’acqua non era con la terra e la terra non era con l’acqua. E dove il fuoco passava generando rovine e ceneri e lave annerite e sacri templi tracollati. E dove il cielo dell’aria e delle stelle, casa del vento e di tanti dèi, era inviolato e comunque leggendario.
Le rovine sono indicate soprattutto come simboli di terra, nella loro ricomposizione ritrovano il proprio spessore, impossibili da cancellare, ma agenti probatori per ricostruire.
L’aria si riassume in cieli leggeri inseriti in triangoli di alluminio con tratteggi e campiture che restituiscono il movimento della brezza e del vento. L’acqua inserita nei quadrati o triangoli della vita prende massa e portata, a volte esile tratto, a volte elegante acquitrino dove il piccolo principe nasce come fossile vitale, o pietra della sapienza.
Il fuoco è imbrigliato in piccole teche-quadro, acutissimo inscatolamento del fuoco rigeneratore, carte, cartoni di diverse dimensioni, trielina cocente ubriaca di tinte rosso fuoco. Attenzione a rompere il vetro, potrebbe essere insaziabile.
L’intera storia della creazione del mondo scorre nel ritmo geometrico di queste opere dal contorno regolare, quasi formelle o icone di una storia figurata. Quadrati, triangoli, rettangoli diventano contenitori di una materia frastagliata e sofferente in via di autogenerazione, un sottile ermetismo si annida dentro le singole opere chiedendoci di scavare, analizzare, capire.
Il poi, la fusione di questi quattro elementi, non ci è dato di vederlo, l’origine è pura materia grezza.
Come la fine.
Donatella Airoldi
Mavi Ferrando, nella via sotterranea del Castello Sforzesco Visconteo, provoca, scorge, inchioda e schiude le porte inviolabilli dei mondi antichi. Convoca Sibille scultoree a forma di cavallo bianco e spinge Diana e le Baccanti a uno splendido isolamento formale, ad una fissità temporale e corporale, colorandole di nero, rosso e blu .
A queste forme baccanti, mobili e insieme immobili, manca l’apice estremo del corpo, i fluidi capelli, il viso angelico: esiste solo il vuoto, inferto da una decapitazione larga dieci centimetri. Eppure quasi non si percepisce, è come se ci fosse una sorta di continua identità visiva che travalica secoli e millenni, e noi fermi, ne vediamo comunque la multiforme molteplicità dei visi.
“Guidava Pentesilèa, lo stuolo delle Amàzoni dagli scudi lunati, infuriando entro la mischia innumere: guerriera che aveva succinto in alto, sotto il seno, un bel cingolo d’oro e che fanciulla osava misurarsi con gli eroi”. (Virgilio)
Mavi Ferrando ci sbalza in questi titanici mondi, fatti di tempeste, di turbinii, di troni antropomorfi, vegetali con il chiacchiericcio vitale delle foglie in fila indiana, dove Nettuno scaccia i venti nel loro antro e placa il mare.
E quelle strane divinità in legno sagomato, gambe umane ginocchia ben evidenti, coda all’insù, capelli ricci con corona aurea annegata nel legno, che giocano rincorrendosi a nascondino?
Che dire, geniale.
Donatella Airoldi
“I quattro elementi” di Alessandra Bonelli: mondi atavici fatti di carta e carta velina, riporti fotografici, pastellature e linee leggere tracciate con le matite.
L’artista, attraverso un assiduo lavoro di scomposizione e ricomposizione, ricostruisce i primitivi luoghi degli elementi dove l’acqua non era con la terra e la terra non era con l’acqua. E dove il fuoco passava generando rovine e ceneri e lave annerite e sacri templi tracollati. E dove il cielo dell’aria e delle stelle, casa del vento e di tanti dèi, era inviolato e comunque leggendario.
Le rovine sono indicate soprattutto come simboli di terra, nella loro ricomposizione ritrovano il proprio spessore, impossibili da cancellare, ma agenti probatori per ricostruire.
L’aria si riassume in cieli leggeri inseriti in triangoli di alluminio con tratteggi e campiture che restituiscono il movimento della brezza e del vento. L’acqua inserita nei quadrati o triangoli della vita prende massa e portata, a volte esile tratto, a volte elegante acquitrino dove il piccolo principe nasce come fossile vitale, o pietra della sapienza.
Il fuoco è imbrigliato in piccole teche-quadro, acutissimo inscatolamento del fuoco rigeneratore, carte, cartoni di diverse dimensioni, trielina cocente ubriaca di tinte rosso fuoco. Attenzione a rompere il vetro, potrebbe essere insaziabile.
L’intera storia della creazione del mondo scorre nel ritmo geometrico di queste opere dal contorno regolare, quasi formelle o icone di una storia figurata. Quadrati, triangoli, rettangoli diventano contenitori di una materia frastagliata e sofferente in via di autogenerazione, un sottile ermetismo si annida dentro le singole opere chiedendoci di scavare, analizzare, capire.
Il poi, la fusione di questi quattro elementi, non ci è dato di vederlo, l’origine è pura materia grezza.
Come la fine.
Donatella Airoldi
14
ottobre 2010
Alessandra Bonelli / Mavi Ferrando
Dal 14 al 24 ottobre 2010
arte contemporanea
Location
MUSEO INTERNAZIONALE DELLA CALZATURA
Vigevano, Piazza Ducale, (Pavia)
Vigevano, Piazza Ducale, (Pavia)
Orario di apertura
martedì-venerdì dalle 16,00 alle19,30 - sabato e domenica 10,00 -12,30 / 16,00 -19,30
Vernissage
14 Ottobre 2010, ore 18.30
Autore
Curatore