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Alessandro Docci – Alfabeti senza tempo
Nato a Desio, dove anche oggi vive e lavora, Alessandro Docci è un artista di vasta esperienza con alle spalle un ampio e articolato curriculum critico-espositivo.
Comunicato stampa
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Alla Galleria d'Arte Contemporanea STUDIO C di via G. Campesio 39 si inaugura oggi, alle ore 18, la mostra personale di Alessandro Docci dal titolo “Alfabeti senza tempo”.
Nato a Desio, dove anche oggi vive e lavora, Alessandro Docci è un artista di vasta esperienza con alle spalle un ampio e articolato curriculum critico-espositivo.
Dal 1994 frequenta a Milano l'Associazione Sassetti Cultura e dal 2000 al 2003 il Centro Culturale Puskin. Esordisce in mostra personale nel 1991 a Bagno di Romagna dando così inizio ad un costante percorso espositivo in sedi private e pubbliche Istituzioni. Numerose anche le sue apparizioni in ambito internazionale, prevalentemente in Germania. Dal 1977 partecipa su invito a significative manifestazioni nazionali e rassegne tematiche collettive in Italia e all'estero. Nel 2006 e nel 2007 collabora con la rete satellitare Euroitaly Channel Sky 893 nel format d'Arte e Cultura Atelier William Tode e dal 2009 fa parte degli artisti del Museo La Permanente di Milano. Sue opere fanno inoltre parte di numerosi e prestigiosi spazi internazionali, di Pinacoteche pubbliche e Musei.
E' partito dal “figurativo” Alessandro Docci, un figurativo evoluto e moderno, con qualche traccia di Cubismo e Post-cubismo, illuminato, però, da squarci improvvisi di luce che evidenziano i toni e la dinamicità dei soggetti rappresentati. Poi i primi cambiamenti: in questa fase della sua produzione artistica le figure e i personaggi diventano meno dettagliati, sembrano emergere da grumi di materia e ci appaiono come sfuocati, fluidi ed evanescenti. Anche l'impianto generale dei suoi dipinti subisce una graduale metamorfosi e sempre di più sembra allontanarsi dal figurativo per ammiccare all'astratto e rimandarci ad immagini lontane, catturate dal tempo, dalla memoria e dal ricordo. Ormai tutto è colore, solo colore e quelle sagome che affiorano dai fondi come fantasmi e apparizioni, a volte accompagnate da segni e scritture, se da una parte vogliono essere la cruda rappresentazione di emozioni e stati d'animo, ritratti interiori e tracce di vissuto, dall'altra stanno a rappresentare, anche e soprattutto, il conflitto interiore dell'artista combattuto tra l'uso della forma o della non forma, tra l'astratto e la realtà, tra l'iconico e l'aniconico. E così, dopo aver dipinto per tanti anni volti e figure, dopo aver analizzato per lungo tempo caratteri e personalità, l'attenzione di Alessandro Docci inizia ad aprirsi ad altri mondi più vasti e complessi, si sposta dalla persona alla società, dall'individuo alla pluralità. E anche il suo linguaggio pittorico inizia una progressiva mutazione fino a pervenire ad una personale e singolarissima espressione Informale fatta prevalentemente di segno, gesto e colore. Ed è proprio in questo periodo che Alessandro, con tenacia e costanza, inizia a lavorare ad un singolare quanto ambizioso progetto che ha quale obiettivo fondamentale quello di avvicinare continenti, Stati e metropoli rendendoli una sola ed unica cosa. L’arte cioè intesa come linguaggio universale capace di unire culture e tradizioni diverse, strumento di pace e libertà, veicolo di serena convivenza e di civile progresso. Da questo progetto, dunque, nasce e prende vita la serie dei dipinti ispirati e dedicati alle città, a quelle italiane prima di tutto e poi a quelle di tutto il mondo. Come dicevo prima, ora il suo linguaggio si è semplificato, è più libero e snello e queste città si presentano in chiave fortemente moderna e contemporanea: sono, in realtà, mappe, visioni prese dall'alto in versione “satellitare”, ma trasformate e modificate poi dall'intervento magico della pittura e da una sua felice intuizione: quella di inserire, all'interno di ogni dipinto, un vero e proprio alfabeto, un insieme di lettere, verosimili o immaginarie, che comunque attingono, nella loro conformazione grafica, alla cultura della città rappresentata. Queste lettere sono graffiti, segni, geroglifici, ideogrammi e invenzioni che non solo suggeriscono parole, storie, culture, fatti ed avvenimenti, ma che arricchiscono e rendono uniche la sue opere. Gli alfabeti del nostro artista ormai sono diventati qualcosa di peculiare, una ben chiara e definita caratteristica, un documento di personalità.
Espressione fortemente coinvolgente, quella di Alessandro Docci, viva e pulsante, moderna e attuale, soprattutto oggi che viviamo tempi di grandi trasmigrazioni, di esodi biblici, di nuovi e diversificati incontri. Allora le sue lettere si fanno messaggi di speranza, inno di libertà, alfabeti senza tempo, come recita il titolo della mostra.
La rassegna, che chiuderà il 16 novembre, sarà introdotta dal critico d'arte Luciano Carini.
Nato a Desio, dove anche oggi vive e lavora, Alessandro Docci è un artista di vasta esperienza con alle spalle un ampio e articolato curriculum critico-espositivo.
Dal 1994 frequenta a Milano l'Associazione Sassetti Cultura e dal 2000 al 2003 il Centro Culturale Puskin. Esordisce in mostra personale nel 1991 a Bagno di Romagna dando così inizio ad un costante percorso espositivo in sedi private e pubbliche Istituzioni. Numerose anche le sue apparizioni in ambito internazionale, prevalentemente in Germania. Dal 1977 partecipa su invito a significative manifestazioni nazionali e rassegne tematiche collettive in Italia e all'estero. Nel 2006 e nel 2007 collabora con la rete satellitare Euroitaly Channel Sky 893 nel format d'Arte e Cultura Atelier William Tode e dal 2009 fa parte degli artisti del Museo La Permanente di Milano. Sue opere fanno inoltre parte di numerosi e prestigiosi spazi internazionali, di Pinacoteche pubbliche e Musei.
E' partito dal “figurativo” Alessandro Docci, un figurativo evoluto e moderno, con qualche traccia di Cubismo e Post-cubismo, illuminato, però, da squarci improvvisi di luce che evidenziano i toni e la dinamicità dei soggetti rappresentati. Poi i primi cambiamenti: in questa fase della sua produzione artistica le figure e i personaggi diventano meno dettagliati, sembrano emergere da grumi di materia e ci appaiono come sfuocati, fluidi ed evanescenti. Anche l'impianto generale dei suoi dipinti subisce una graduale metamorfosi e sempre di più sembra allontanarsi dal figurativo per ammiccare all'astratto e rimandarci ad immagini lontane, catturate dal tempo, dalla memoria e dal ricordo. Ormai tutto è colore, solo colore e quelle sagome che affiorano dai fondi come fantasmi e apparizioni, a volte accompagnate da segni e scritture, se da una parte vogliono essere la cruda rappresentazione di emozioni e stati d'animo, ritratti interiori e tracce di vissuto, dall'altra stanno a rappresentare, anche e soprattutto, il conflitto interiore dell'artista combattuto tra l'uso della forma o della non forma, tra l'astratto e la realtà, tra l'iconico e l'aniconico. E così, dopo aver dipinto per tanti anni volti e figure, dopo aver analizzato per lungo tempo caratteri e personalità, l'attenzione di Alessandro Docci inizia ad aprirsi ad altri mondi più vasti e complessi, si sposta dalla persona alla società, dall'individuo alla pluralità. E anche il suo linguaggio pittorico inizia una progressiva mutazione fino a pervenire ad una personale e singolarissima espressione Informale fatta prevalentemente di segno, gesto e colore. Ed è proprio in questo periodo che Alessandro, con tenacia e costanza, inizia a lavorare ad un singolare quanto ambizioso progetto che ha quale obiettivo fondamentale quello di avvicinare continenti, Stati e metropoli rendendoli una sola ed unica cosa. L’arte cioè intesa come linguaggio universale capace di unire culture e tradizioni diverse, strumento di pace e libertà, veicolo di serena convivenza e di civile progresso. Da questo progetto, dunque, nasce e prende vita la serie dei dipinti ispirati e dedicati alle città, a quelle italiane prima di tutto e poi a quelle di tutto il mondo. Come dicevo prima, ora il suo linguaggio si è semplificato, è più libero e snello e queste città si presentano in chiave fortemente moderna e contemporanea: sono, in realtà, mappe, visioni prese dall'alto in versione “satellitare”, ma trasformate e modificate poi dall'intervento magico della pittura e da una sua felice intuizione: quella di inserire, all'interno di ogni dipinto, un vero e proprio alfabeto, un insieme di lettere, verosimili o immaginarie, che comunque attingono, nella loro conformazione grafica, alla cultura della città rappresentata. Queste lettere sono graffiti, segni, geroglifici, ideogrammi e invenzioni che non solo suggeriscono parole, storie, culture, fatti ed avvenimenti, ma che arricchiscono e rendono uniche la sue opere. Gli alfabeti del nostro artista ormai sono diventati qualcosa di peculiare, una ben chiara e definita caratteristica, un documento di personalità.
Espressione fortemente coinvolgente, quella di Alessandro Docci, viva e pulsante, moderna e attuale, soprattutto oggi che viviamo tempi di grandi trasmigrazioni, di esodi biblici, di nuovi e diversificati incontri. Allora le sue lettere si fanno messaggi di speranza, inno di libertà, alfabeti senza tempo, come recita il titolo della mostra.
La rassegna, che chiuderà il 16 novembre, sarà introdotta dal critico d'arte Luciano Carini.
04
novembre 2017
Alessandro Docci – Alfabeti senza tempo
Dal 04 al 16 novembre 2017
arte contemporanea
Location
GALLERIA STUDIO C
Piacenza, Via Giovanni Campesio, 39, (Piacenza)
Piacenza, Via Giovanni Campesio, 39, (Piacenza)
Orario di apertura
feriali e festivi dalle 16,30 alle 19,30. Lunedì chiuso.
Vernissage
4 Novembre 2017, ore 18.00
Autore
Curatore