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Alessandro Gabini – The Atrocity Exhibition
The Atrocity Exhibition ruota attorno a Fontana, scultura stilizzata e piuttosto robotica di un uomo, realizzato in cartone, che vomita acqua nera d’inchiostro, e a cinque disegni a china 50×70 cm affollati di personaggi, animali e oggetti aggrovigliati l’un l’altro a formare 5 spirali tematiche.
Comunicato stampa
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Giovedì 16 dicembre 2010 Warehouse Contemporary Art presenta, negli spazi della project room, The Atrocity Exhibition, una mostra personale di Alessandro Gabini (Pescara, 1976) a cura di Francesca Referza. Il progetto allestitivo pensato dall’artista e musicista pescarese per la project room della Warehouse ruota attorno a Fontana, scultura stilizzata e piuttosto robotica di un uomo, realizzato in cartone, che vomita acqua nera d’inchiostro, e a cinque disegni a china 70x100 cm affollati di personaggi, animali e oggetti aggrovigliati l’un l’altro a formare cinque grandi spirali tematiche: la storia, gli accoppiamenti, le religioni, la dialettica case/alberi e la catena alimentare. La scultura di Gabini, pur essendo precaria e fragile, perché interamente realizzata in cartone, apparentemente ha la consistenza solida di una scultura in marmo, per via del colore rosa dell’evidenziatore, con il quale l’artista ha pazientemente ricoperto tutta la superficie. Se la sagoma antropomorfa di Fontana ricorda da vicino le note sculture di Anthony Gormley o di Stephan Balkenhol, l’azione che compie la avvicina alle provocazioni di Martin Creed che nel suo Sick Film, documenta 19 persone che vomitano davanti alla telecamera.
The Atrocity Exhibition è un romanzo del 1970 di James Graham Ballard composto da 15 racconti in cui si mescolano diverse ossessioni del visionario scrittore inglese, come la guerra del Vietnam, la psicopatologia, la pornografia, il potere dei media, le vittime di incidenti stradali e le icone del sogno americano. Il libro di Ballard si apre così: Apocalisse. La mostra di quest’anno, alla quale i pazienti non erano stati invitati, aveva un segno inquietante: tutti i quadri insistevano sul tema della catastrofe planetaria, come se questi pazienti, così a lungo segregati, avessero avvertito nelle menti dei dottori e delle infermiere una specie di sconvolgimento sismico. Atrocity Exhibition è anche il titolo della prima traccia del secondo ed ultimo disco dei Joy Division, pubblicato nel 1980 dopo il suicidio del cantante Ian Curtis. La band inglese dagli umori post punk, dedica dunque al capolavoro di Ballard una traccia dalle sonorità dark che è la somma di batteria, chitarra e invadenti tracce di diversi tipi di rumore.
La critica, che in The Atrocity Exhibition Alessandro Gabini muove alla società dell’uomo, senza tuttavia far mai venir meno la sua ironia leggera, è quella di aver prodotto, nel tempo, una involuzione capace di produrre scenari grotteschi e patetici, degni della migliore scrittura di fantascienza. Come in una dantesca voragine infernale, ciascuna spirale conduce lo sguardo in un loop di segni che prospettano mondi onirico–surreali, tanto assurdi quanto possibili.
Dopo aver usato spesso l’immagine del cane, sorta di firma dell’eccentrico artista/musicista pescarese che ha intitolato Cane anche il suo primo album da solista con lo pseudonimo di GABEN, Alessandro Gabini per la mostra alla Warehouse per la prima volta passa all’uomo. Realizzato ancora in cartone, stavolta colorato di rosa, invece che di nero, Fontana ha un volume sfaccettato come il carattere del protagonista del romanzo ballardiano dai molti nomi, tutti accomuni nati dalla T (Travis, Talbot, Traven, Tallis, Talbert, Travers), ma ha anche la forza centripeta dell’Autoritratto in bronzo ideato da Alighiero Boetti nel 1993. Fontana è in effetti il perno concettuale e fisico attorno al quale si muove tutta la project room.
Per la mostra l’artista/musicista ha anche immaginato una performance sonora di Andrea Moscianese, prima chitarra e poi voce dei Giuliodorme di cui lo stesso Gabini ha fatto parte come bassista dal 1995 al 1997. La performance - ha dichiarato Alessandro Gabini - riprodurrà suoni di cibo masticato, del grugnito di maiali, del razzolare di galline e del muggire delle mucche da allevamento, suoni industriali e alimentari insieme. Io sarò affianco al performer e mangerò patatine. Il pavimento della project room, completamente coperto di varie granaglie, aggiungerà, sia a livello visivo che sonoro, attraverso il rumore causato dal calpestio del pubblico, l’effetto estraniante di trovarsi in una di gabbia per animali da cortile.
The Atrocity Exhibition è un romanzo del 1970 di James Graham Ballard composto da 15 racconti in cui si mescolano diverse ossessioni del visionario scrittore inglese, come la guerra del Vietnam, la psicopatologia, la pornografia, il potere dei media, le vittime di incidenti stradali e le icone del sogno americano. Il libro di Ballard si apre così: Apocalisse. La mostra di quest’anno, alla quale i pazienti non erano stati invitati, aveva un segno inquietante: tutti i quadri insistevano sul tema della catastrofe planetaria, come se questi pazienti, così a lungo segregati, avessero avvertito nelle menti dei dottori e delle infermiere una specie di sconvolgimento sismico. Atrocity Exhibition è anche il titolo della prima traccia del secondo ed ultimo disco dei Joy Division, pubblicato nel 1980 dopo il suicidio del cantante Ian Curtis. La band inglese dagli umori post punk, dedica dunque al capolavoro di Ballard una traccia dalle sonorità dark che è la somma di batteria, chitarra e invadenti tracce di diversi tipi di rumore.
La critica, che in The Atrocity Exhibition Alessandro Gabini muove alla società dell’uomo, senza tuttavia far mai venir meno la sua ironia leggera, è quella di aver prodotto, nel tempo, una involuzione capace di produrre scenari grotteschi e patetici, degni della migliore scrittura di fantascienza. Come in una dantesca voragine infernale, ciascuna spirale conduce lo sguardo in un loop di segni che prospettano mondi onirico–surreali, tanto assurdi quanto possibili.
Dopo aver usato spesso l’immagine del cane, sorta di firma dell’eccentrico artista/musicista pescarese che ha intitolato Cane anche il suo primo album da solista con lo pseudonimo di GABEN, Alessandro Gabini per la mostra alla Warehouse per la prima volta passa all’uomo. Realizzato ancora in cartone, stavolta colorato di rosa, invece che di nero, Fontana ha un volume sfaccettato come il carattere del protagonista del romanzo ballardiano dai molti nomi, tutti accomuni nati dalla T (Travis, Talbot, Traven, Tallis, Talbert, Travers), ma ha anche la forza centripeta dell’Autoritratto in bronzo ideato da Alighiero Boetti nel 1993. Fontana è in effetti il perno concettuale e fisico attorno al quale si muove tutta la project room.
Per la mostra l’artista/musicista ha anche immaginato una performance sonora di Andrea Moscianese, prima chitarra e poi voce dei Giuliodorme di cui lo stesso Gabini ha fatto parte come bassista dal 1995 al 1997. La performance - ha dichiarato Alessandro Gabini - riprodurrà suoni di cibo masticato, del grugnito di maiali, del razzolare di galline e del muggire delle mucche da allevamento, suoni industriali e alimentari insieme. Io sarò affianco al performer e mangerò patatine. Il pavimento della project room, completamente coperto di varie granaglie, aggiungerà, sia a livello visivo che sonoro, attraverso il rumore causato dal calpestio del pubblico, l’effetto estraniante di trovarsi in una di gabbia per animali da cortile.
16
dicembre 2010
Alessandro Gabini – The Atrocity Exhibition
Dal 16 dicembre 2010 al 29 gennaio 2011
arte contemporanea
performance - happening
performance - happening
Location
WAREHOUSE CONTEMPORARY ART
Teramo, Via Giulio C. Canzanese, 51, (Teramo)
Teramo, Via Giulio C. Canzanese, 51, (Teramo)
Orario di apertura
martedì e mercoledì ore 15.30-19.30
giovedì, venerdì e sabato ore 10.30-13.30 e 15.30-19.30
Vernissage
16 Dicembre 2010, ore 19.00
Autore
Curatore