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Alessandro Vicario – Screpolature…dal muro di Berlino
Alessandro Vicario si è mosso in questa direzione pur avendo di fronte al suo obiettivo un oggetto dotato di una doppia pesantezza, quella reale del cemento armato e quella simbolica che un muro come quello di Berlino porta ancora inevitabilmente con sé.
Comunicato stampa
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Ci sono persone, e i fotografi sono fra queste, che per professione, abitudine e propensione mentale non si accontentano di guardare la realtà ma riescono sempre ad osservarla. La distinzione, come si intuisce, è fondamentale non solo dal punto di vista soggettivo ma perfino da quello oggettivo: quanto viene percepito, individuato, ripreso e infine fotografato può essere incredibilmente diverso da quello che altri più distratti testimoni credono di aver visto. Succede così alla fotografia quanto è già successo all’arte astratta che, cioè, un particolare osservato da vicino o decontestualizzato rispetto all’ambito in cui è inserito perde ogni connotato realistico e diviene qualcosa d’altro con cui confrontarsi.
Alessandro Vicario – giovane e valente fotografo che nei suoi lavori professionali come nelle ricerche personali sottolinea con acume il rapporto con lo spazio – si è mosso in questa direzione pur avendo di fronte al suo obiettivo un oggetto dotato di una doppia pesantezza, quella reale del cemento armato e quella simbolica che un muro come quello di Berlino porta ancora inevitabilmente con sé. Il mostro ora è inoffensivo: giace frantumato come lo scheletro di un animale preistorico di cui rimangono solo alcune vertebre e costole capaci di farci intuire le dimensioni e il terrore che potevano suscitare. E’ proprio su quella parte del muro rimasta a monito, sfuggita alla giusta ira politica della demolizione come alla discutibile frammentazione per creare souvenir turistici, che Vicario ha iniziato un lavoro bello e minuzioso. Ha avvicinato il suo banco ottico, una macchina fotografica di grande formato molto poco maneggevole dato che abbisogna di un treppiede su cui poggiare, alla superficie del muro e ha cominciato a osservarne la superficie. Proprio la cura e la lentezza necessarie lo hanno guidato a “creare” con le sue immagini un mondo insolito che in questa mostra, pur nel numero limitato di fotografie rispetto all’ampio lavoro compiuto, viene ben rappresentato. La superficie del muro si fa viva e diventa una pelle che mostra screpolature, grinze, pieghe, ferite: qua e là si notano dipinti
realizzati da artisti che le intemperie hanno rovinato fino a renderli simili ad affreschi dimenticati che fanno emergere qualche macchia di colore, qualche forma umana, qualche espressione di visi dolenti e misteriosi. Più oltre, segni cromatici disposti regolarmente sembrano alludere a grattacieli stilizzati, frammenti di scritte paiono viadotti che si intrecciano in una ripresa aerea. Poi, improvvisamente, compare un gioco dell’oca a forma di chiocciola con animali stilizzati che si stagliano su un fondo bianco: sembra di essere di fronte a un antico mosaico, si tratta invece del contrasto fra la rappresentazione giocosa e il simbolo di una tragedia politica e umana non poi tanto lontano nel tempo. Alessandro Vicario va oltre, cerca ulteriormente oltre la superficie e finalmente arriva a cogliere l’anima stessa del muro in quelle barre metalliche che ora emergono come alberi scheletriti oppure si sofferma in una splendida immagine frontale: la ruggine cola dall’alto e segna metaforicamente la superficie del muro come il sangue rappreso di una misteriosa ferita.
Roberto Mutti
Alessandro Vicario – giovane e valente fotografo che nei suoi lavori professionali come nelle ricerche personali sottolinea con acume il rapporto con lo spazio – si è mosso in questa direzione pur avendo di fronte al suo obiettivo un oggetto dotato di una doppia pesantezza, quella reale del cemento armato e quella simbolica che un muro come quello di Berlino porta ancora inevitabilmente con sé. Il mostro ora è inoffensivo: giace frantumato come lo scheletro di un animale preistorico di cui rimangono solo alcune vertebre e costole capaci di farci intuire le dimensioni e il terrore che potevano suscitare. E’ proprio su quella parte del muro rimasta a monito, sfuggita alla giusta ira politica della demolizione come alla discutibile frammentazione per creare souvenir turistici, che Vicario ha iniziato un lavoro bello e minuzioso. Ha avvicinato il suo banco ottico, una macchina fotografica di grande formato molto poco maneggevole dato che abbisogna di un treppiede su cui poggiare, alla superficie del muro e ha cominciato a osservarne la superficie. Proprio la cura e la lentezza necessarie lo hanno guidato a “creare” con le sue immagini un mondo insolito che in questa mostra, pur nel numero limitato di fotografie rispetto all’ampio lavoro compiuto, viene ben rappresentato. La superficie del muro si fa viva e diventa una pelle che mostra screpolature, grinze, pieghe, ferite: qua e là si notano dipinti
realizzati da artisti che le intemperie hanno rovinato fino a renderli simili ad affreschi dimenticati che fanno emergere qualche macchia di colore, qualche forma umana, qualche espressione di visi dolenti e misteriosi. Più oltre, segni cromatici disposti regolarmente sembrano alludere a grattacieli stilizzati, frammenti di scritte paiono viadotti che si intrecciano in una ripresa aerea. Poi, improvvisamente, compare un gioco dell’oca a forma di chiocciola con animali stilizzati che si stagliano su un fondo bianco: sembra di essere di fronte a un antico mosaico, si tratta invece del contrasto fra la rappresentazione giocosa e il simbolo di una tragedia politica e umana non poi tanto lontano nel tempo. Alessandro Vicario va oltre, cerca ulteriormente oltre la superficie e finalmente arriva a cogliere l’anima stessa del muro in quelle barre metalliche che ora emergono come alberi scheletriti oppure si sofferma in una splendida immagine frontale: la ruggine cola dall’alto e segna metaforicamente la superficie del muro come il sangue rappreso di una misteriosa ferita.
Roberto Mutti
22
aprile 2004
Alessandro Vicario – Screpolature…dal muro di Berlino
Dal 22 al 28 aprile 2004
fotografia
Location
SPAZIO STUDIO
Milano, Via Paolo Lomazzo, 13, (Milano)
Milano, Via Paolo Lomazzo, 13, (Milano)
Orario di apertura
dalle 17 alle19 - domenica esclusa
per visita in altri orari telefonare 02 31 21 30
Vernissage
22 Aprile 2004, dalle ore 18.30
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